Vuoi stare in salute? Fai lavorare il cervello!

Quarant’anni fa, vicino a Wuxi, Cina, seduto su una panchina dalla quale si poteva ammirare lo splendido lago e un’assurda piscina con falso colonnato greco, costruita da un inglese con grave turbe psichiche, ascoltavo un amico neurologo, che mi raccontava la storia di un suo strano paziente.

Quest’uomo soffriva di una grave malattia degenerativa della muscolatura. Ma aveva stupito i medici perché, nonostante il malanno, continuava a camminare e a muoversi, vent’anni dopo la manifestazione iniziale del male. Quel che affascinava il medico era che quest’uomo era riuscito a contrastare la malattia allenando muscoli “secondari” in modo da mantenere la mobilità. Camminava in modo un po’ inconsueto, ma camminava.

Quel discorso non si svolgeva per caso a Wuxi, entrambi eravamo incuriositi dal gran numero di anziani che all’alba se ne stavano immobili, in posizioni strane, nelle piazze e nei parchi, a volte in gruppi molto numerosi. Se restavi a osservarli ti rendevi conto che non erano del tutto immobili. Si muovevano ma molto, molto lentamente. Solo tempo dopo scoprii che stavano eseguendo i movimenti del Tai Ci, una specie di yoga cinese là praticato spesso in modo diverso da quel che poi vidi fare in Italia. La differenza sta proprio nell’estrema lentezza che sfiora l’immobilità. Il sospetto del neurologo era che esistesse un nesso tra quel che il suo paziente faceva per contrastare la degenerazione muscolare e queste tecniche di movimento praticate con grande soddisfazione in Cina soprattutto dagli anziani per mantenere il corpo elastico e lenire problemi di artrite, cattiva circolazione, pressione alta. Una tecnica antichissima inizialmente adottata dai guerrieri per velocizzare la guarigione di ferite e contusioni attivando il potere rigenerativo dell’ascolto e dell’aumento del nutrimentoportato dal sangue alle cellule attraverso il miglioramento della circolazione sanguigna capillare (e forse anche grazie ad altri meccanismi dei quali parleremo in seguito).

Mi appassionai a questa disciplina e iniziai a praticarla da autodidatta scoprendo che il movimento rallentato determina una serie di reazioni nel corpo molto interessanti. Muovendo una parte del corpo al rallentatore si ottiene entro un minuto o poco più una sensazione di caldo, o di aumento di peso o di formicolìo. Queste sensazioni dipendono dal fatto che il movimento rallentato provoca la tonificazione muscolare, le contratture si sciolgono e quindi il sangue scorre meglio nei capillari, dando la sensazione di caldo… Tempo dopo seguii un corso di Ci Cung (una specie di Tai Ci) con un maestro cinese che insisteva su un punto: perché il movimento sia efficace, mentre lo fai devi ascoltare la sensazione che ti procura e visualizzare i movimenti mentre li esegui.

L’approccio al benessere proposto dal Tai Ci è molto originale

Potremmo definirlo un sistema “mentale” ma esso non assomiglia a quel che comunemente definiamo “l’aspetto mentale di una malattia”. Non è incentrato sui meccanismi psicologici o psicanalitici, non tira in ballo il complesso di Edipo e la depressione… Ma non è neppure un sistema che si occupa del corpo e dei muscoli attraverso il semplice allenamento.

L’ambito di azione riguarda il modo in cui la mente interagisce con il movimento. Il movimento rallentato è efficace perché per ottenerlo DEVI entrare in uno stato di ascolto del tuo corpo molto particolare. In questo stato di coscienza induci non solo la tonificazione della muscolatura irrazionale (altrimenti detta profonda oppure emotiva), cambi anche il modo in cui la mente ascolta le sensazioni. Questo cambiamento aumenta notevolmente la tua capacità di ascolto: è come se tu alzassi il volume delle sensazioni che il tuo corpo vive. L’ascolto delle sensazioni nella nostra cultura non è considerato essenziale per il benessere.

Si tratta di uno strumento di autocura potente.

 

 

Ascoltare in modo rilassato le sensazioni dentro di te dà beneficio innanzi tutto perché, come ormai molte scuole di pensiero propongono, se la mente ascolta il corpo si facilita la capacità del corpo di autocurarsi. L’ascolto aiuta il nostro incredibile sistema di autoregolazione fisiologica a “individuare” squilibri e disfunzioni e quindi correggerle. L’idea è che le sensazioni interne permettano ai diversi “dipartimenti” del nostro organismo di segnalare al “sistema di controllo centrale” che cosa non va; se una persona non ascolta le sensazioni non permette che i messaggi che esse contengono raggiungano la mente e che la mente possa decodificarli, effettuare una diagnosi del problema e quindi attivare una risposta adeguata (ad esempio secernendo ormoni utili all’uopo).

Questo discorso per molti occidentali è privo di sostanza e sono rari i medici che contemplano questo approccio con gli assistiti, siano essi terapeuti regolari o alternativi.

In questi 40 anni mi sono dedicato a esplorare questo territorio e ho scoperto parecchie cose interessanti.

Ad esempio, un’antica tecnica che si basa sul pensare un movimento, visualizzarlo, senza compierlo realmente. Se mi fa male il gomito non è il caso di muoverlo né velocemente né lentamente. Ma posso ottenere gli stessi effetti che mi procura il movimento rallentato anche soltanto pensando di muoverlo: sento che il mio gomito si scalda! (E quindi ho migliorato la circolazione).

Si tratta di un meccanismo curioso che ha forse a che fare con i neuroni specchio. Quando guardo una persona compiere un’azione (sorridere, correre ecc) si attivano nella mia mente le stesse zone che si attiverebbero se fossi io a compiere quell’azione. E questo vale sia a livello muscolare che emotivo: le persone che sono tranquille e soddisfatte “trasmettono” un senso di tranquillità e soddisfazione.

Questo è lo sconfinato terreno delle emozioni e dell’empatia che solo recentemente la scienza ha iniziato a esplorare (ricordo il poderoso lavoro svolto fin dagli anni ’80 dal dottor Ruggeri e dalla dottoressa Fabrizio docenti all’Università La Sapienza di Roma).

Non ho elementi scientifici per dire quanto ascoltare le sensazioni e visualizzare i movimenti sia efficace dal punto di vista clinico. Sicuramente si tratta di un’esplorazione del SÉ che mi ha arricchito e che mi ha dato benefici dal punto di vista fisico. Ben mi guardo qui da proporre queste esplorazione come un medicamento miracoloso, credo piuttosto che si tratti di una interessante pratica che può essere di supporto e completamento per terapie specifiche. Ma i confini dell’efficacia della pratica dell’autoascolto e della visualizzazione non sono ancora stati segnati…

N.B.: Propriocezione è la parola tecnica che indica l’ascolto di sé, l’hanno inventata perché nella nostra lingua non vi è una parola che indica l’ascolto del proprio corpo e questo la dice lunga sulla censura che la nostra cultura pratica sulle percezioni e quindi sull’ascolto delle sensazioni emotive… A scuola ci hanno insegnato che i sensi sono 5, ma a medicina insegnano che sono 6…

 

Testo originale in  People for Planet

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