YARA GAMBIRASIO / QUEL DNA DEI MISTERI

Cominciano ad affiorare pesanti dubbi sulla sentenza definitiva a carico di Massimo Bossetti per l’omicidio di Yara Gambirasio.

Dalla lettura dei verbali di interrogatorio relativi al primo grado di giudizio – lettura possibile solo ora che sono stati depositati i motivi della sentenza della Cassazione, perché prima quei verbali erano secretati – sorgono non pochi interrogativi.

Interrogativi soprattutto su quel maledetto DNA, con un test poco attendibile nonostante la montagna di soldi spesi per controllare mezza Lombardia.

Esaminati i reperti da poco resi disponibili dalla corte d’assise di Bergamo, i legali di Bossetti cominciano a valutare l’ipotesi che si sia verificato un clamoroso errore nell’attribuire al loro assistito il Dna di Ignoto 1.

Hanno provato un forte stupore, i legali, nel vedere la traccia di Dna evidenziata dai Ris dei Carabinieri di così buona qualità, al contrario di quelle trovate nei dintorni e sul corpo della stessa Yara. “La qualità è così elevata – fanno notare alcuni esperti –

da farlo sembrare un tampone salivare. Tutto ciò nonostante le tante gelate e disgelate che ci sono state nei tre mesi in cui il corpo della ragazza era rimasto nel campo di Chignolo d’isola”.

Sorge spontaneo un interrogativo. Se quel Dna era di qualità così elevata, come mai non è stata consentita subito una controperizia da parte dei difensori? E come mai quel reperto di Dna era in perfetto stato mentre gli altri 100 e passa non lo erano?

Viene ancora rilevato: “Quel Dna di Ignoto 1 non risulta essere completo perchè contiene solo una parte, quella nucleare e non quella mitocondriale. E’ possibile che l’identificazione di una persona possa avvenire attraverso il Dna nucleare pur in presenza di una ingiustificata assenza del corrispondente mitocondriale?”.

Notano oggi alcuni siti: “Anche Roberto Saviano pochi mesi fa ha dichiarato: ‘Il padre di Yara ha lavorato per la Lopav, un’azienda di proprietà dei figli di Pasquale Locatelli, super boss del narcotraffico che aveva un appalto nel cantiere di Mapello. Inoltre alla festa della Lopav parteciparono tre magistrati della Procura di Bergamo. Mi sembra inquietante che non si sia indagato in quella direzione”.

In realtà Saviano espresse forti dubbi sull’inchiesta e parlò della pista Lopav-Locatelli mesi dopo la tragedia del 26 novembre 2010 nel campo di Chignolo.

A denunciare i fatti, con una dettagliata inchiesta, per prima fu la Voce: una pista che portava ai cantieri sui quali stendeva il suo controllo la camorra da anni trapiantata al nord, in particolare in Lombardia.

Di quella pista per prima a parlarcene, poche settimane dopo, fu Rosanna Sapori, la giornalista d’inchiesta bergamasca per anni attiva a Padova.

Il suo corpo è stato ritrovato senza vita tre mesi fa in un laghetto.

 

LEGGI LE INCHIESTE DELLA VOCE DEL 2011 E 2012

I LOCATELLI E LA COSTA DEL SOL

inchiesta 2010 yara

GLI IMPUNITI

art Melania e le altre

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