Una bandiera per le sardine

Non è dato sapere se la comunicazione interna al movimento include anche l’invio di ‘ordini di servizio’, strumento burocratico tipico del politichese, lingua che non risulta sia gradita alle sardine, anche se per esigenze di ‘uno per tutti, tutti per uno’ saranno dotate di una strategia di contatto delle componenti regionali. Certamente si parlano sui social ed eccezionalmente con il più incisivo strumento di amplificazione, la Tv, con delega pressoché esclusiva di Mattia Sartori, che dimostra vero talento di affabulatore, intelligenza politica e credibilità. Fabio Fazio ne ha consapevolezza, da scaltro ed  esperto gestore di particolari spazi dell’informazione qua è e non a caso ha invitato nel suo rogramma, per la seconda volta in due mesi, il leader emiliano delle sardine, anche per soddisfare la domanda di chiarimento sulla contestata fotografia con Benetton e Toscani, che ha scatenato i detrattori di destra del movimento, atterriti dall’influenza anti leghista che esercita sull’elettorato. Nei giorni scorsi l’autocritica per l’ingenua superficialità di quello scatto, da Fazio: “C’è chi ha approfittato di quella foto per fare finta di spaccare il movimento, ma c’è una dimensione molto più politica… Abbiamo imparato che prima di fare una foto bisogna pensarci molto. Ora ci serve una bandiera. A partire dalle parole, abbiamo trovato molto interlocutori. È  stato un bene per i social l’invasione di parole non di odio, ma di rispetto. Una lezione di stile alla politica.  Ora c’è bisogno di essere rappresentati in tutta l’area dell’elettorato. Le sardine né di destra, né di sinistra?  Credo sia evidente che sono molto più vicine a un’area progressista, di sinistra. Comunque, non importa sapere se un sindacato che difende i lavoratori è di destra o di sinistra. L’importante è che li difende. Inseguiamo da giorni Conte. Finora risposte ufficiose. Aspettiamo un invito diretto e ufficiale”.
Ora basta. Non sono state rispettate le ripetute promesse dell’Italia di esercitare con la necessaria determinazione l’omertà del governo egiziano nei confronti di chi ha torturato e assassinato Regeni. La tolleranza  nasconde quasi certamente il timore di invalidare i reciproci interessi per l’ingente mole di import-export dei due Paesi e dà luogo al nuovo dramma di Patrick George Zaky, studente dell’università di Bologna arrestato in Egitto, nel suo Paese, con l’accusa di istigazione alle proteste e diffusione di notizie false. Amnesty International rivela che Zaky è stato sottoposto a tortura, barbarie che replicherebbe quanto ha subìto Giulio Regeni: “Pieno di segni delle botte ricevute”, denuncia l’avvocato Wael Ghally che difende lo studente egiziano “Sono stati attenti. Hanno usato cavi elettrici ‘volanti’, nessuno strumento che lasciasse intravvedere l’utilizzo dell’elettrochoc. Si tratta di vere torture. Cose che in Egitto sono diventate normali, se uno si occupa di diritti e libertà”.
L’Italia, ha chiesto l’inserimento del caso all’interno del meccanismo di ‘monitoraggio processuale’ coordinato dalla delegazione Ue in Egitto,  che consente ai funzionari delle ambasciate europee di monitorare l’evoluzione del processo e di essere presenti alle udienze. Sono mobilitati il mondo dell’Università italiana e Bologna. Zaky è iscritto al master dell’ateneo bolognese, progetto internazionale, unico del suo tipo in Europa, dedicato agli studi di genere.  È  un percorso formativo che il giovane egiziano ha intrapreso, nello scorso settembre, con grande entusiasmo, come testimoniano docenti e compagni di corso, anche perché molto affine al suo attivismo per i diritti umani. ‘Libertà per Patrick’ è l’appello-richiesta  di un flash mob in piazza Maggiore, a Bologna. Chiede alle autorità egiziane trasparenza nella gestione del caso. L’Università di Bologna ha costituito un gruppo di crisi per seguire da vicino l’evolversi della situazione. L’ateneo, ricorda il rettorato, ha nei diritti umani un  pilastro fondamentale e non ha intenzione di lasciare da solo il suo studente.

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