‘Je m’en fous’, cioè ‘Me ne frego’

Il ‘me ne frego’ dei camerati indotti da Mussolini a calpestare il rispetto per le regole della democrazia ha contagiato i sudditi della Padania indottrinati da Salvini, che di regole democratiche ha fatto carta straccia, a braccetto con le sacche fuori legge del nazifascismo tollerato colpevolmente dalla magistratura e sottovalutato dalla sinistra. Il curriculum dell’ex ministro dell’Interno è costellato di ‘me ne frego’ e figuriamoci se alla vigilia del voto in Emilia-Romagna non avrebbe rinnovato il disprezzo per le norme che vietano ai partiti di fare propaganda elettorale, anche sui canali social. Con pazienza  e tempo sacrificato a cose migliori, ieri, a tarda sera, ho cliccato sul tasto degli ottocento canali televisivi che affollano l’etere e ho scoperto che solo in a quell’ora cinque emittenti locali hanno ignorato il divieto della legge elettorale con spot pubblicitari per la Lega, in forma di  servizi e interviste. Oggi, Matteo Salvini ha esternato su Twitter, alle 9  del mattino, il suo “grazie” agli emiliani e ai romagnoli, con espressione soddisfatta, sullo sfondo del perimetro geografico della regione chiamata a scegliere il governatore. Il ‘me ne frego’ del divieto è proseguito con la pubblicazione di video registrati durante i comizi e messaggi. Il Pd: “Salvini, in difficoltà per paura di perdere le elezioni, sta facendo ininterrottamente campagna elettorale sui profili social in violazione delle regole. Un film già visto”. La Lega ha accusato Bonaccini di non avere “disattivato le inserzioni a pagamento dalla mezzanotte di ieri”, buon pretesto per legittimare i suoi ‘me ne frego’. Andrea Rossi, coordinatore del Comitato per Bonaccini Presidente: “Sconcerta la segnalazione della Lega di presunte violazioni del silenzio elettorale da parte altrui. La cosiddetta ‘bestia’ non ha mai spento i motori e ha proseguito a diffondere falsità e fango”. Francamente: le schermaglie tra contendenti che fanno notizia, nascondono il vero problema di come impedire che si ripeta ad ogni tornata elettorale la violazione della legge che regola la propaganda dei partiti, di chi l’infrange impunemente. Insomma, come mettere il bavaglio ai menefreghisti?
L’impertinente, caustico, antifascista, Vauro, autore di mitiche vignette, non poteva ignorare il caso di tracotanza irrispettosa che ha immortalato Salvini mentre al citofono accusa una famiglia tunisina di gestire il traffico di droga nel quartiere bolognese del Pilastro. Il disegno di Vauro: un tizio, a Mondovì, se sta con una bomboletta spray in mano, davanti ala porta d’ingresso dell’abitazione del figlio di Lidia Rolfi, la staffetta partigiana deportata nel 1944 nel campo di concentramento tedesco di Ravensbrück, testimone degli orrori dell’olocausto. Sulla porta hanno scritto in tedesco ‘juden hier’ (qui ebrei). Come tornare al  tragico tempo dell’olocausto. Il tizio (riferimento al Salvini del quartiere Pilastro?) con espressione delusa dice: “ Qui non c’è il citofono”.
Emilia-Romagna locomotiva economica del Paese. Merito degli imprenditori o del governo della regione? Franco Mosconi, docente di economia e politica industriale dell’Università di Parma, autore della ricerca ‘la metamorfosi del modello emiliano’: “Di tutti e due, tenuto conto dei diversi spazi di manovra. Le imprese sono immerse nel mare aperto della concorrenza internazionale (e sanno nuotare molto, ma molto bene). La regione ha istituito gli ITS (Istituti Tecnici Superiori), che per giudizio condiviso rappresentano una delle migliori esperienze italiane di formazione post-diploma parallela all’università, plasmata proprio sul modello delle Fachschule tedesche (“Special training school”). Ha istituito la rete dei Tecnopoli. La nuova frontiera è ora quella della “Data Valley” imperniata su Bologna. Ha altresì approvato una legge sull’attrazione di investimenti. E si è fatta promotrice del “Patto per il lavoro” firmato nel 2015 con tutti gli attori della vita economica e sociale. Dopo il grande crac, la disoccupazione salì al 9-10%, oggi è al 5,2%.

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