Il 2020 rivisitato da un grande del teatro

Scarpetta, fertile autore di opere teatrali monumentali (Miseria e nobiltà, Natale in casa Cupiello) e di copiose varianti impregnate di vis comico-satirica,  ingaggiato dai media dell’epoca, avrebbe risposto all’invito con la fatica di un corsivo al giorno, come precursore delle graffianti firme del parigino Charlie Hebdo e della coinvolgente prosa di Fortebraccio, fustigatore di costumi per il quotidiano l’Unità degli anni ’70. Nel 2020, che opprime il Pianeta con veleni e varie nefandezze, un rinato Scarpetta rinuncerebbe convinto al sarcasmo, perché inadeguato protagonista della tragico-commedia che in questi giorni ha sfiorato la catastrofe  di una guerra senza trincee e baionette innestate, assalti corpo a corpo,  da combattere ad arsenali nucleari aperti, droni bombardieri telecomandati e nessuno scrupolo per vittime di civili innocenti.
Personaggi  e  interpreti della creatività scarpettiana: “Pel di carota” Trump e il nuclearista presidente iraniano Hassan Rouhani, vedovo di  Soleimani, mitico capo del suo esercito. Comprimari Putin, Erdogan, comparse Conte, Macron e colleghi di mezza Europa. La scena madre, a sipario tirato su, racconta la ‘prodezza’ del number one statunitense. Immerso negli agi di una sua tenuta vacanziera e sconnesso dal Congresso, Trump, con un “okey” di getto e un “go” perentorio, è stato il mandante dell’omicidio di Soleimani e di una decina di militari della scorta. In replica allo sconcerto del mondo, dell’Onu, degli alleati colti di sorpresa, il tycoon ha poi inventato l’alibi di un imminente, gravissimo attentato del generale ai soldati americani di stanza nel vicino Iraq.
Milioni di iraniani hanno pianto la morte del loro idolo. Per un assurdo paradosso sono a loro volta responsabili di cinquanta e più vittime, di uomini  e donne  travolti dal fiume in piena di iraniani durante i funerali.  Monta la rabbia dell’Iran, si infittiscono le minacce di ritorsione:  “Pagherete per anni” mette paura al mondo. Una pioggia di missili a corta gittata, lo dichiarano gli iraniani, colpisce le postazioni militari americane in Iraq: “80 i morti, duecento i feriti”.  Smentisce Trump: “So far, so good!” (tutto bene), “nessun militare americano colpito”.  Chi mente? Probabilmente Rouhani. La notizia delle notizie è che l’Iran, un’ora prima di far partire i  missili, ha avvertito tutti del lancio e tutti, italiani, americani e militari di altri contingenti si sono rifugiati in bunker a prova di razzi.
Scarpetta troverebbe il modo di spiegare che i vertici iraniani hanno mentito sull’esito dell’operazione missili per far sbollire l’ira di popolo e che Trump, tronfio per essere uscito indenne dall’imputazione di omicidio proposta da più parti, all’indomani ha intonato interessati canti di pacificazione, per cacciare lo spettro di un nuovo Vietnam.
Ora sono ‘cavoli’ dell’Ajatollah: dovrà rabbonire i sudditi raggirati e chiedere altri sacrifici, per affrontare le nuove minacce trumpiane di embargo.
Scarpetta a questo punto darebbe voce al coro che fa da sfondo al copione dal titolo “Mondo balordo”, alla rabbia degli americani democratici  per il vantaggio accumulato dal presidente al gong di fine round nella sfida surreale all’Iran.
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In appendice, sempre Scarpetta, si occuperebbe anche di navi salva vita bloccate per settimane con a bordo migranti sfiniti, spesso malati, donne incinte, bambini anche di pochi mesi, esuli  torturati nei lager libici. Il Parlamento deve rispondere alla giustizia che chiede il via per processare Salvini con l’imputazione di sequestro di persona, aggravato da abuso dei poteri di ministro dell’Interno. Gasparri, presidente  della Commissione, bissa la richiesta di non procedere già approvata in un caso precedente con i voti decisivi dei 5Stelle, allora alleati della Lega nel governo gialloverde. La nuova votazione è stata calendarizzata per il 20 di Gennaio, ma Pd e 5Stelle, ora alleati nel governo demostellato, hanno chiesto di posticiparla  al dopo voto in Emilia-Romagna e Calabria. Il paradosso: anziché rinviare finalmente a giudizio il “nemico” numero uno,  i giallorossi  chiedono per il momento di soprassedere, nel timore che possa utilizzare l’autorizzazione a procedere per dichiararsi vittima di un complotto che  lo faccia fuori dalla politica. Paradosso: il capo del Carroccio e tutti i suoi sudditi chiedono che la data del 20 sia rispettata e per invocare preventivamente l’assoluzione mettono sotto accusa Conte e l’intero governo gialloverde, perché informato del divieto di sbarco. Il paradosso: il coinvolgimento non assolverebbe comunque Salvini, perché lui, in quanto ministro dell’Interno, ha deciso la chiusura dei porti italiani. Di qui la richiesta di processarlo. Fosse dimostrato che tutto il governo ne era informato, tutto il governo dovrebbe risponderne alla magistratura e al tribunale dei ministri, ovviamente non escluso Salvini. Non è comunque così, è la replica dei 5Stelle, che temono un brutto tiro del dissidente Giarrusso, uno dei grillini che non ha versato parte delle prebende come da statuto: “La responsabilità fu solo dell’allora ministro dell’Interno. Si trattò di un’attività isolata, di un abuso della potestà amministrativa perché l’indicazione di un porto sicuro competeva esclusivamente al Viminale. Non c’era alcun dialogo con gli altri ministeri. La difesa di Salvini appare molto debole, non ci sono assolutamente le prove di un’azione governativa con un preminente interesse pubblico” .
Un secondo no, oltre a quello temuto di Giarrusso, replicherebbe il parere contrario espresso a suo tempo e Salvini eviterebbe di essere processato per la seconda volta. Anche da questo impiccio deve guardarsi il vacillante movimento pentastellato.

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