Fine dell’incubo. Polonia 0, Italia 1

Come per i romanzi e i film thriller, una partita di calcio non si dovrebbe mai raccontare dalla fine, ma l’esito di Polonia-Italia meria la trasgressione. A un niente dal minuto novantatré, ovvero in fine dell’over time, la cronaca di Polonia-Italia sembrava destinata a rinviare la permanenza nella seria A della Uefa Nations League all’ultimo incontro con il Portogallo programmato per Milano in Novembre, il giorno 17, numero che fausto non è. In zona Cesarini, dal piede magico di Insigne parte un pallone insidiosissimo che si fa strada tra una selva e finirebbe a fondo campo se non si proiettasse sul palo alla sinistra di Szczesny un falco predatore. In spettacolare scivolata Biraghi regala all’Italia la meritatissima vittoria in extremis e tappa la bocca alla riflessione sulla scarsa fertilità degli azzurri, che Mancini sembra aver avviato su percorsi pari alle aspettative.

Un dubbio resta: in campo internazionale è legittimo rinunciare a un centravanti di ruolo? Questa Italia, che alla fine ha ragione di una Polonia francamente modesta, sembra avviata a emulare il calcio di Guardiola e Sarri. Difesa alta, tessitura di una rete fitta di passaggi indisturbati e scambiati a occhi chiusi, in attesa di trovare varchi nel sistema difensivo avversario: per novanta minuti è solo Italia, almeno sette le occasioni da gol (due traverse colpite da Jorginho e Insigne), gran possesso palla (67 Italia, 33 Polonia) due o tre occasioni da gol finite alte in cielo e nemmeno un gol, a conferma della sterilità che dura fa troppo tempo. Contribuisce al lamento per la sterilità dell’Italia la leggerezza dei tre attaccanti, nessuno dei quali, per ragioni di statura fisica è un punto di riferimento alla Nordhal. Ci va bene lo stesso perché di lassù qualcuno pensa che il calcio dovrebbe adottare la vittoria ai punti come nel pugilato e, se così non è, ci mette lo zampino com’è accaduto nello Slaski Stadion con il gol di Biraghi, uno che non segna mai.

Si comincia a vedere la mano di Mancini?. Il sodalizio Verratti-Jorginho funziona già a meraviglia, come se avesse alle spalle anni di esperienza comune. Sui “nuovi” Biraghi e Barella, si può contare per il futuro, i golden boys Chiesa, Insigne, Lorenzi, Bernardeschi (ma quest’ultimo non da centravanti) garantiscono estro e talento. Forse è il caso di trovare un’alternativa alla coppia di difensori centrali e Donnarumma non si tocca. Alla Polonia, per quello che ha fatto vedere con l’Italia, farebbe certamente bene il declassamento nella serie B. Rinunciataria, dimessa anche nei suoi uomini chiave come Lewandowski, senza idee, modesta in alcuni suoi elementi, ha fatto poco o niente per legittimare l’ambizione a sconfiggere l’Italia.

L’unico demerito di un’Italia parzialmente rigenerata da Mancini è la difficoltà di concretizzare la superiorità netta, che non è sfociata in gol per novanta minuti (almeno sette palle gol sciupate).

Mancini è il commissario tecnico dell’Italia ed è giusto lasciarlo lavorare in pace, ma non sarà infastidito da una modesta riflessione. Perché non puntare, almeno per la seconda metà del match, su un centravanti a trazione anteriore qual è Immobile? In ogni caso, la cura Mancini (per esempio la grinta ritrovata, la “cattiveria” che pretende da chi rappresenta in campo l’Italia) sembra dare i suoi frutti. Certo su lunga distanza,


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