POVERO DI PIETRO / IN LOMBARDIA GLI NEGANO IL TERZO STIPENDIO D’ORO

Antonio Di Pietro novello San Francesco. Lavora “a gratis” per la collettività, “giorno e notte” senza beccare un euro, solo per amore dei cittadini lombardi e delle bretelle autostradali, sbocciato fin da quando era ministro delle Infrastrutture nel governo Prodi.

Fresco Salvo D’Acquisto, Tonino cuor di leone si è fatto in quattro, anche in otto per dare in questi mesi il suo contributo di eccelsa competenza, perizia & professionalità alla Pedemontana Lombarda, uno dei carrozzoni pubblici più sgangherati e mangiasoldi, tanto che il governatore leghista Roberto Maroni ha subito pensato a lui per farla risorgere dal baratro, quel Tonino che l’aveva vista nascere proprio dieci anni fa.

Ma ora, appena cominciato, quel sogno sta per finire. Spezzato dalla solita, cieca burocrazia, da quello Stato cafone e da qualche rompicoglioni di turno.

L’ottimo Maroni, infatti, ha pensato che il fresco amico Tonino, ovviamente, andava ricompensato per il suo prezioso, imperdibile lavoro. Quindi ecco un provvedimento ad personam, come nei più perfetti manuali berlusconiani, l’emendamento numero 3 alla legge di bilancio della Regione Lombardia, per bypassare lacci & laccioli delle perfide normative e assegnare al Salvatore un equo compenso, “fino a 240 mila euro”, ossia il top di quanto previsto per gli incarichi pubblici. E chissenefrega se ‘O ministro (ex) delle Infrastrutture già becca la pensione di magistrato e il vitalizio di parlamentare. Bazzecole. Per questo – ecco il mumble mumble del cogitabondo Maroni – occorre prevedere una apposita “deroga alle regole sulle indennità”.

Antonio Di Pietro e Roberto Maroni

Antonio Di Pietro e Roberto Maroni

Qualcuno, però, in Consiglio regionale strabuzza gli occhi. Protesta il 5 Stelle Buffardi: “non ci sono euro per le imprese, lo sviluppo, la scuola, il lavoro e le famiglie in enorme difficoltà, però la Lombardia di Maroni i soldi per alzare lo stipendio a Di Pietro li trova alla velocità della luce. E’ una vergogna”. E aggiunge: “Stiamo parlando di Pedemontana, un’autostrada inutile e che non doveva costare un euro ai cittadini. Sono altre le priorità dei lombardi. Questo aumento è indegno nel merito e anche nel metodo, perchè hanno perfino sbagliato a scrivere l’emendamento”. Forse per la fretta, perchè il Natale incalzava e per fare un regalo occorreva infiocchettare il pacco per bene. Sbotta il forzista Maullu: “Ma dov’è finito il fustigatore, il novello Torquemada da Montenero di Bisaccia innalzato a eroe di Mani pulite? Vuole violare la legge in maniera così sfacciata e palese? Una dinamica – incalza – già vista con un altro pensionato di lusso, Massimo Sarmi, arrivato alla guida di Serravalle e beneficiario di un grosso emolumento in spregio a quanto consentito dalla legge, oltre ad una serie di benefit”.

In tempo reale arrivano i pompieri: “sino ad oggi e fin dalla data della nomina, il Presidente Di Pietro non ha percepito alcun tipo di remunerazione, nemmeno quanto inizialmente pattuito in 60 mila euro annui”.

Commenta San Francesco da Montenero: “ho lavorato sei mesi senza percepire un euro. Ho fatto, diciamo, il servizio civile”. Dismessa la tonaca, l’ex toga del pool nota con un groppo in gola: “L’opera comunque va terminata, guai a lasciarla a metà, per le casse pubbliche sarebbe un salasso anche peggiore”. E poi – pensoso sui destini del nostro Stato – aggiunge: “è una legge sbagliata che va modificata profondamente, perchè penalizza le professionalità ed è controproducente per le stesse istituzioni, che con questa normativa sono costrette a rinunciare a fior di professionisti”.

Proprio come Lui. Che da ministro delle Infrastrutture, esattamente dieci anni fa, avviò quell’arbitrato che oggi rischia di assestare il colpo definitivo alle comatose casse del nostro erario: il “lodo Longarini”, da lui voluto per dirimere la ultradecennale querelle con il mattonaro marchigiano, nonostante il parere diametralmente opposto dell’Avvocatura della Stato e quanto sempre sostenuto dallo stesso Di Pietro prima e dopo (“arbitrati per la pubblica amministrazione? Mai. Sempre far ricorso ai tribunali ordinari”).

E perchè mai, nel 2007, il super esperto di tutti gli appalti e il gran cacciatore di mazzettari fece un clamoroso autogol? Per le casse dello Stato, naturalmente, condannate al pagamento pro Longarini di una cifra record, 1 miliardo 300 mila euro (che può lievitare fino a 1 miliardo e 900 mila), cifra che rischia di mandare in crac le casse di quel ministero da lui con tanta cura diretto, le Infrastrutture, con la chiusura dei cantieri in mezza Italia e un vaffa a migliaia di lavoratori.

Ma chissenefrega. E stappa lo champagne – oltre a Longarini – anche uno dei tre arbitri di quella contesa, Ignazio Messina. Che ha fatto incredibilmente perdere lo Stato, ma ha incassato ugualmente una parcella milionaria. Poi festeggiata con la nomina – voluta dal suo capo, Di Pietro – a segretario di Italia dei Valori

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