Casa mia, casa mia…

C’è scandalo e scandalo, l’uno più indecente dell’altro: la maglia nera della speciale classifica se la contendono le tangentopoli uno, due, tre e il dramma delle speculazioni sulla pelle dei senza casa. L’Italia della ricostruzione post bellica ha operato per lo più con la spinta decisiva dei palazzinari, che cavalcando l’emergenza hanno cementificato senza qualità le periferie marginali delle città, e coperto indiscriminatamente le aree libere con quartieri ghetto, dove è finita la popolazione povera, tagliata fuori dal circuito sociale che comprende occasioni di lavoro, istruzione, cultura, utile promiscuità con categorie di livello superiore. Conclusa la fase affaristica dell’edilizia cosiddetta popolare, il problema dei senza tetto è stato accantonato e ha dato origine a sacche di disagio, a occupazioni abusive, a ingiustizie nell’assegnazione dei pochi alloggi disponibili. Ma il bubbone da espiantare è la gestione ai limiti oltre del lecito di patrimoni immobiliari pubblici. In particolare quelle dei diciottomila alloggi di cui è proprietario il Ministero della Difesa e la marea di case di alcuni grandi Comuni. Quello di Roma merita un corposo capitolo dell’inchiesta su proprietà e costi d’affitto.

Sono cinquemila le abitazioni dei militari occupate abusivamente. La condizione per il possesso illegale ha radici nella società malata, nelle sacche di povertà che non possono consentirsi di corrispondere un canone di affitto e tanto meno di acquistare casa. Le eccezioni non mancano e sono da imputare alla tracotanza della malavita, che s’impadronisce con la violenza di locali non abitati e resiste ai tentativi di sgombero. Nel caso delle abitazioni della Difesa, migliaia sono occupate senza averne diritto da militari non più in servizio o per scadenza delle concessioni ma il fenomeno conosce punte estreme negli episodi di porte sfondate da famiglie di soldati alla disperazione. Il paradosso è che il patrimonio del Ministero comprende anche quattromila alloggi vuoti. Un’indagine recente stima in cinquantunomila le abitazioni per coprire la domanda, sedicimila solo nel Lazio, per un costo di circa sei miliardi di euro. La dura realtà parla di settecento case costruite in dieci anni.

L’altro corno del problema chiama in causa il Comune di Roma e l’inverosimile buco nero nelle sue finanze, provocato da imperizia o malafede. Case in aree centrali, ambite soprattutto da famiglie ricche, fittate per pochi euro. Il patrimonio immobiliare del Campidoglio è di molte migliaia di alloggi e non sono rari canoni mensili al disotto di dieci euro o di cinquanta, se in vista del Colosseo. Coinvolti nello scandalo di prezzi stracciati ci sono anche partiti, enti religiosi, perfino l’ambasciata d’Egitto (in questi giorni sotto tiro per l’ignobile mistificazione sui responsabili della morte di Regeni), che paga poco più di quattro euro per un ufficio di rappresentanza in una strada elegante. L’assurdo è che il fitto dei locali dove ha sede la caserma dei Vigili del Fuoco, in via Genova, costa al ministero dell’Interno quasi cinquecentomila euro all’anno. Francesco Paolo Tronca, prefetto di Milano, commissario al Comune di Roma dopo la decadenza di Ignazio Marino: sembra muoversi con la necessaria determinazione per sanare anni di clientelismo, inerzie, incapacità. Potrebbe riuscire nell’intento, sempre che interessi occulti non lo impediscano. Per il momento fa notizia il caso di una casa in via Via Chiaramonti. La famiglia, per ragioni oscure, o chiare ma ignorate da decenni, paga cinque centesimi di euro al mese.

Nella foto case occupate

 


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