Il mistero della castità coatta

In tema di libertinaggio, nei secoli di un passato fortunatamente remoto, il ricorso alla cintura di castità era prassi consueta e i soggetti impediti ad avere rapporti sessuali erano spesso le donne di mariti in armi, lontani dal focolare domestico per mesi o anni. E’ opinione generale che lo scomodo impedimento appartenga a epoche lontane delle crociate, delle guerre dei dieci anni, di diktat estremi adottati da gente di mare in prolungata navigazione. Ed è così ma non per un signora padovana dei nostri giorni. Non è stato accertato il perché ma è certo che indossava una cintura di castità old style, in ferro. Sembra che abbia perso la chiave per liberarsene e il ricorso all’intervento dei vigili del fuoco le è apparsa l’unica via d’uscita. I pompieri hanno eseguito l’intervento richiesto senza battere ciglio, ma ad occhi sbarrati per la sorpresa.

 

Nella foto una cintura di castità

 

Sex divagazioni

I cervelloni del “Fatto Quotidiano” s’ingegnano ogni giorno per sollecitare l’assiduità dei lettori e non si risparmiano. Con tanto di foto tessera il giornale diretto da Travaglio pubblica a firma di una “sensual coach” un sapido articolo su un oggetto del piacere, come definirlo, estremo, da proporre a spregiudicati protagonisti dell’auto erotismo con aggeggi definiti sex toys, giochi per il sesso, che l’autrice del “saggio” dichiara di proporre nella sua bottega specializzata in versioni artistiche e nella maggior parte dei casi in forme “innocenti”, non riconoscibili, tanto da poterli lasciare in giro per casa senza alcuna cautela. Interessati all’impiego, sempre a detta dell’autrice, sarebbero i punti G e P, rispettivamente delle donne e dei maschi. Senza entrare nel molto scabroso dettaglio, l’exploit del “Foglio” origina la seguente domanda: ‘Ma a che gioco gioca il quotidiano diretto dal fustigatore dei corrotti?’

 

Tempi duri per i furbetti

Una zia intraprendente, in epoca di acute difficoltà a trovare lavoro in Italia, emigrò coraggiosamente nell’America bisognosa di braccia e menti che sostenessero lo sviluppo di un’economia in crescita. Fu assunta come impiegata di un’amministrazione pubblica di New York e in età di pensionamento tornò in patria. Suscitando stupore e incredulità, tra i parenti avvezzi al lassismo nostrano, raccontò come nelle ore di lavoro fosse proibito allontanarsi per andare alla toilette e che multe salate erano addebitate ai dipendenti in ritardo anche di pochi minuti sull’orario di inizio dell’attività. L’episodio, com’è noto a tutti gli italiani, contrasta clamorosamente con l’illegalità di statali e parastatali, di un esercito sconfinato di trasgressori della disciplina nei posti di lavoro. Un classico è l’evasione con la complicità di colleghi che timbrano il cartellino o strisciano il badge per conto degli assenti, un altro i certificati di medici compiacenti che rilasciano attestati di malattia in vista di weeck end, festività, mondiali di calcio e prolungamenti delle ferie. Renzi, sulla scia del defunto articolo 18 dello statuto dei lavoratori annuncia interventi drastici e per esempio il licenziamento ipso facto per i dipendenti pubblici sorpresi a truffare lo Stato con assenze immotivate. In effetti provvedimenti repressivi sono già possibili ma poco applicati. Insomma tempi duri per i furbetti, senza arrivare agli eccessi del “caso americano” riferito dalla zia emigrata negli Stati Uniti nel secolo scorso.


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