I POVERI CHE ELEGGONO I RICCHI

Non voto a Roma, ma se dovessi farlo mi guarderei bene dal dare il mio consenso a personaggi che incarnano il ceto opulento del Paese, come Gianni Alemanno, Ignazio Marino e Alfio Marchini, tanto più se le loro ricchezze sono state per buona parte accumulate sulle spalle dei cittadini, cioè con denaro pubblico connesso alle loro cariche di rappresentanza politica. E trovo anzi scandaloso che, ponendosi al cospetto di un Paese ridotto alla fame e al suicidio, i co-responsabili politici del disastro (in quanto pubblici amministratori da anni) abbiano oggi l’ardire di riproporsi.

Deve finire il vecchio andazzo mortale per i quale i poveri, fin dagli anni ‘60, votano i ricchi. I quali, proprio per questo, guardano alla miseria del Paese con l’occhio dell’etnologo, essendo personalmente del tutto estranei alle logiche della disperazione che investono masse crescenti degli italiani.  Questa esatta percezione si è avuta – da ultimo – nel recente “Piazza Pulita” di Corrado Formigli, l’unico che abbia sbattuto in faccia ai tre “paperoni” aspiranti sindaco la tragedia che si consuma quotidianamente per milioni di famiglie.

Dobbiamo tornare al primo dopoguerra, a quei primi anni in cui, con la Costituente, a rappresentarci era gente che raggiungeva Montecitorio in tram. Come oggi avviene in tante delle più avanzate democrazie europee, ma non nella repubblica plutocratica italiana.

Non so fino a che punto sia affidabile, dal punto di vista della capacità politica, il candidato al Campidoglio del Movimento 5 Stelle, né quanto siano preparati i suoi colleghi che sfidano il potere in tante piccole e medie città  il 26 e 27 maggio. Ma sono convinta del fatto che tutti loro rappresentano il Paese reale, largamente maggioritario, del bisogno: quel 90% di italiani onesti, poveri e lavoratori, che “regolarmente”, da generazioni, vanno a votare il ceto degli arricchiti, anche quando l’arricchimento è avvenuto sulla loro pelle.

Forme subdole ci hanno portati alla cloroformizzazione di massa. Prendiamone atto, almeno questa volta, almeno ora che a tante famiglie sfugge la vita stessa. E cancelliamo i ricchi dalla rappresentanza politica. Ricominciamo dal basso. Ricominciamo da noi, da chi sa sentire e capire il nostro dolore e saprà cogliere la nostra speranza. Proviamo a fare del “razzismo” al contrario: tu no perché sei ricco.

E non venitemi a parlare delle leggendarie fortune economiche di Grillo e Casaleggio, perché entrambi non vanno a rappresentare i cittadini, ma investono il loro denaro affinché, a parlare in nome e per conto nostro, ci vada gente uguale a noi.

Come i leader del 5 Stelle abbiano accumulato i loro beni è un affare che riguarda – se mai se ne desse il caso – la magistratura. A noi oggi deve interessare che, grazie a loro, un’alternativa esiste. Che si chiamino Grillini o Pinco Pallini, ciascuno di loro è uno di noi. Nel bene o nel male. E se va male, se ne tornerà a casa. Infine, di una cosa avremo la certezza: smetteranno di percepire denaro pubblico coloro che di soldi ne hanno già tanti. Alla faccia del Paese che muore.

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