STRAGE DEL SANGUE INFETTO / ECCO KILLER, COMPLICI & DEPISTATORI

Strage per il sangue infetto. Chi sono i colpevoli degli emoderivati killer? Quali aziende hanno immesso sul mercato negli anni ’80 i farmaci che hanno ammazzato come le Torri Gemelle nella più perfetta – finora – impunità? Chi ha coperto, a livello ministeriale e politico, tali scempi che ai privati hanno consentito di cumulare profitti miliardari? La risposta dovrebbe arrivare dal tribunale di Napoli, dove da alcuni mesi va in scena lo storico processo cominciato a fine dello scorso millennio a Trento e poi passato nel 2006 a Napoli, alla sbarra l’ex re Mida della Sanità Duilio Poggiolini (sempre assente alle udienze per l’età avanzata e per le precarie condizioni di salute) e gli ex manager delle aziende del gruppo Marcucci, leader nella commercializzazione dei derivati del sangue in Italia e non solo. Sono in corso (ultima udienza il 5 dicembre, prossima il 30 gennaio) le verbalizzazioni dei testi (del pubblico ministero, delle parti civili e dei legali della difesa), mentre a febbraio è previsto il deposito delle perizie tecniche per accertare il “nesso causale” tra assunzione degli emoderivati e insorgenza delle patologie. Per la primavera inoltrata si attende la sentenza, tempi dell’italica giustizia permettendo.

schermata-2016-12-08-alle-20-56-59Spiega un giurista cresciuto alla scuola di Raffaele Guariniello, la toga per eccellenza nei processi sul fronte delle minacce alla salute. “Tutto ruota intorno alla possibilità di dimostrare quali prodotti siano stati utilizzati dal paziente, di quale casa farmaceutica, individuando i tempi di assunzione, le modalità, quindi i dosaggi, l’insorgenza della patologia e alla fine del percorso accertando il nesso causale, ossia la connessione tra assunzione e malattia. Operazione non da poco ma non impossibile, perchè parliamo di un numero limitato di casi, solo nove, a fronte di una strage che ha fatto tantissime vittime che non avranno mai giustizia”.

Solo nove, infatti, i familiari delle vittime che dopo tormenti, patimenti e calvari d’ogni sorta sono riusciti a raggiungere l’aula del processo. Tantissimi “casi” sono morti due volte: la prima per gli emoderivati assassini, la seconda per la prescrizione, ugualmente killer. Nel mezzo le estenuanti, penose battaglie civili per i risarcimenti danni: anche stavolta una battaglia contro il muro di gomma di una giustizia civile in stato comatoso, di entità ministeriali cieche, sorde e – s’è visto negli anni – colluse con le case farmaceutiche, di partiti che ugualmente non vedono, non denunciano (tranne i 5 Stelle, almeno sul terreno politico odierno) e se ne fottono delle sofferenze di malati ammazzati, appunto, due, tre, quattro volte e calpestati (con i familiari) nei loro più elementari diritti.

 

TUTTI I CONFLITTI DEL SUPER EMATOLOGO

Piermannuccio Mannucci

Piermannuccio Mannucci

Verbalizzazione clou, fino ad oggi, quella resa da un “super ematologo”, il milanese Piermannuccio Mannucci, chiamato a delineare la “storia” degli emoderivati in Italia, a chiarire i contorni del famigerato “nesso causale” e a fornire ragguagli circa la provenienza di quel plasma importato per le lavorazioni dalle industrie. Ecco il passaggio chiave: “i dirigenti delle imprese mi avevano assicurato che il prodotto era testato, controllato. Mi dicevano che proveniva in gran parte dagli studenti dei campus universitari e delle massaie americane”.

Peccato si sia poi scoperto che quel sangue, invece, proveniva in gran parte sì dagli Usa, ma dalle carceri, ad esempio quelle dell’Arkansas, come ha dettagliato in uno choccante docufilm del 2006 il film maker statunitense Kelly Duda. Oltre che dall’Africa, come ha scritto la Voce in un’inchiesta di quasi 40 anni fa, estate 1976, e ha appena ricordato Elio Veltri, ematologo e antico cuor di socialista nel suo fresco di stampa, Non è un paese per onesti.

Il senatore renziano Andrea Marcucci

Il senatore renziano Andrea Marcucci

Ma c’è di più. Giglio candido Mannucci, oltre a ignorare la vera provenienza di quel plasma, è un teste in palese conflitto di

Sua Sanità De Lorenzo, grande amico della famiglia Marcucci

Sua Sanità De Lorenzo, grande amico della famiglia Marcucci

interesse, dal momento che ha effettuato consulenze per le società del gruppo Kedrion (la corazzata, oggi, di casa Marcucci) e partecipato a simposi nazionali e internazionali organizzati dalla stessa casa farmaceutica toscana, oggi guidata – dopo la scomparsa del patriarca Guelfo Marcucci, un anno fa – dal rampollo Paolo, azionista con i fratelli Marialina (per un paio d’anni, inizio 2000, coeditore dell’Unità e oggi in sella alla Fondazione Carnevale di Viareggio) e Andrea, eletto nel 1991 sotto i vessilli Pli dell’inseparabile amico Francesco De Lorenzo, Sua Sanità, e ora fedelissimo di Matteo Renzi al Senato.

Un conflitto d’interessi grosso come una casa, quello del super teste Mannucci (tanto che nelle slide dei convegni a stelle e strisce quel conflitto viene illustrato a caratteri cubitali): come mai all’odierno processo di Napoli il giudice Antonio Palumbo e il pm Lucio Giugliano non se ne sono accorti?

Ma passiamo alle ultime verbalizzazioni. All’udienza che si è tenuta nel giorno del post referendum, il 5 dicembre, sono stati sentiti due fratelli genovesi: nel 2008 hanno perso un fratello (gemello omozigote del secondo) e sono loro stessi vittime degli emoderivati, costretti a quotidiane, complesse cure. Ecco, a seguire, alcune frasi.

 

TUTTO IL CALVARIO, STAZIONE PER STAZIONE

Il libro di Elio Veltri

Il libro di Elio Veltri

“Nostro fratello ha fatto per anni uso di plasmaderivati. Dalla fine degli anni ’70 alla metà degli anni ’80 si trattava di prodotti della casa farmaceutica Biagini. Poi gli è stato prescritto il Kryobulin, prodotto sempre dal gruppo Marcucci”.

“Mediamente faceva due infusioni la settimana, tra le 80 e le 100 all’anno, e praticamente tutte domiciliari, a fargliele era nostra madre che ha lavorato per anni come infermiera”.

“E’ stato emofiliaco fin dalla nascita, poi le altre patologie come l’Aids gli sono venute dopo i trattamenti”.

“Abbiamo tenuto per tutti gli anni un registro, una sorta di diario terapeutico, segnavamo tutte le infusioni, con la data, il prodotto. Due, tre volte all’anno lo consegnavamo al centro per l’emofilia che lo teneva sotto controllo, in occasione dei controlli periodici che gli facevano”.

“Nessuno ci ma mai parlato di rischi per l’assunzione di quegli emoderivati, né alla Asl, né al centro, né alcun medico, il nostro o altri”.

“Nessuno ci ha mai detto se esistevano terapie alternative”.

“Nessuno ci ha mai detto se erano superiori i rischi dell’emofilia o i rischi per l’assunzione di quegli emoderivati, che poi si sono dimostrati fatali per la salute di nostro fratello”.

“Nessuno ci ha mai detto che quel plasma non era frutto di donazioni e che invece veniva comprato. Nè tantomeno che poteva arrivare dalle carceri americane”.

Paolo Marcucci

Paolo Marcucci

“Nostro fratello è morto a 33 anni, l’ultimo anno è stato di sofferenze atroci”.

“Nostra madre ha dedicato tutta la sua vita a lui, avrà trascorso almeno 250 notti l’anno al suo fianco per tutti gli anni che ha vissuto”.

“Abbiamo saputo che in molti Paesi, ad esempio quelli dell’Est, per il trattamento dell’emofilia gli emoderivati non venivano utilizzati, proprio perchè i rischi erano maggiori dei benefici”.

“L’emofilia provoca perdite di sangue, gonfiori, dolori agli arti, ti comincia una sorta di artrosi ma non esiste alcun pericolo di morte, a meno di altri eventi”.

“Per quale motivo non c’era alternativa conosciuta agli emoderivati? Non lo possiamo sapere. Ma a questo punto riteniamo che non ci potessero essere altre motivazioni che quelle economiche, del profitto per le case farmaceutiche che li producevano”.

A metà novembre aveva verbalizzato Eugenio Sinesio, responsabile della LIDU (Lega Italiana Diritti dell’Uomo), ematologo, già consulente tecnico al processo di Trento e componente del ristretto team di esperti che affiancava Pasquale Angelone, per venti anni direttore del “Centro nazionale trasfusione sangue”.

 

QUEGLI EMODERIVATI POST DATATI

schermata-2016-12-08-alle-21-09-23Abbiamo passato al vaglio – racconta Sinesio – all’epoca dell’inchiesta trentina circa 8000 mila cartelle cliniche di pazienti. Rarissimi, praticamente da contare sulle dita, i casi in cui veniva citata la casa produttrice dell’emoderivato utilizzato nel corso della terapia. Non pochi, invece, i casi di “emoderivati post datati”, utilizzati dopo le date di scadenza o – all’opposto, e i casi sarebbero stati tantissimi – prima ancora che entrassero nei circuiti ufficiali delle commercializzazione, addirittura un anno prima! Ai confini della realtà. E ai confini di tutte le legalità.

Anche se – ha fatto notare Sinesio – praticamente fino al 1991-1992 si è andati avanti nella più totale deregulation, ossia senza lo straccio di una normativa ad hoc per controllare e sanzionare i comportamenti “deviati”, ossia “patologici”, immettendo sul mercato prodotti arrivati in modo indiscriminato dall’estero, non testato, come ad esempio è allegramente successo con il plasma killer delle carceri dell’Arkansas.

Dagli emoderivati postdatati (proprio come un assegno!) a quelli “multipli” il passo è breve. Fino alla sbalorditiva cifra da 14 mila donazioni (o meglio di sangue “venduto”) mixate, come in un gigantesco frullatore, per ottenere i magici cocktail: quando secondo la scienza ufficiale il limite massimo era stato stabilito in 12-14 dosi!

Detenuti in un carcere americano

Detenuti in un carcere americano

E ha raccontato, Sinesio, alcuni episodi degni dei lager più sofisticati. Come ad esempio la sperimentazione su “bambini cavia” degli effetti da Kryobulin: quando frequentavano le colonie estive, tanto tra un tuffo in mare a l’altro certo non se ne accorgevano…

Ma ha anche raccontato alcune esperienze positive, come quella del presidio ospedaliero di Castelfranco Veneto, dove venivano utilizzati, soprattutto, i cosiddetti “crioprecipitati” invece dei tradizionali emoderivati. E a Castelfranco esisteva una particolare sensibilità su quei temi, anche per via delle minuziose ricerche sulla validità (e i rischi) di certi prodotti portate avanti da un ricercatore, affetto da emofilia.

Al termine della sua verbalizzazione Sinesio ha esibito dei documenti, tali da suffragare le sue dichiarazioni, e ha chiesto di poterli consegnare. La sua richiesta non è stata neanche presa in considerazione.

Abbiamo dato uno sguardo a quei documenti. E alcuni, a quanto pare, sono di non poco interesse. Come ad esempio le dichiarazioni del professor Angeloni. Eccone alcuni estratti.

 

TRENT’ANNI FA, IL J’ACCUSE DI ANGELONI

Così scriveva Angeloni il 20 giugno 1986 (il periodo bollente delle infusioni e trasfusioni killer, ndr), in una nota indirizzata all’allora direttore generale della Croce Rossa Italiana: “non è opportuno far firmare al sig. Ministro una implicita autorizzazione a distribuire per un mese o più delle immunoglobuline contenenti anticorpi anti HTLV III. La presenza dell’anticorpo non presuppone necessariamente la presenza del virus infettante che può essere stato distrutto dalle tecniche di lavorazione ma non lo esclude e comunque dimostra che il plasma ha provenienza da categoria a rischio per cui esiste la possibilità di infezione di epatite non A e non B ben più resistente al calore del virus AIDS. Esistono in Italia oltre 360 Centri Trasfusionali ai quali può essere richiesto ad horas il controllo di tutti i lotti attualmente in distribuzione”.

Uno stabilimento Kedrion

Uno stabilimento Kedrion

Esattamente 30 anni fa, quindi, c’era chi – del tutto inascoltato dai vertici operativi, istituzionali, scientifici e politici – metteva in guardia da colossali rischi poi regolarmente verificatisi. Denunciava l’esistenza di plasma proveniente da “categorie a rischio” e nessuno se ne è fregato: anzi via libera e commercio selvaggio. Puntava i riflettori su “lotti sospetti” e tutti hanno chiuso gli occhi, permettendo la mattanza.

Per i sordi di tutte le risme, a livello stavolta politico, così ha avuto il coraggio di denunciare nel corso di un’audizione tenuta il 6 settembre 1995 davanti alla Commissione Affari Sociali della Camera. Angeloni parlava in veste di rappresentante dell’Associazione politrasfusi italiani, davanti all’allora commissario straordinario della Cri, Maria Pia Garavaglia (poi ministro della Sanità), al pidiessino (poi presidente dell’Antimafia) Giuseppe Lumia e a Vasco Giannotti, all’epoca numero uno di quella Commissione Affari Sociali, un pedigree tutto affari & sanità.

“La verità è che non si volevano fare i controlli: tutto ciò che andava contro quella volontà veniva rimosso. Oggi è giunto il momento per voi di compiere una scelta”.

“In Italia le apparecchiature per frazionare il plasma possono coprire dieci volte il fabbisogno. Se si intende lasciarle a questo livello, ha ragione Marcucci quando sostiene di dover importare nove decimi di materia da lavorare e quindi di aver bisogno dell’autorizzazione per la lavorazione. Non dimentichiamo che i soldi per costruire impianti sovradimensionati di dieci volte erano dello Stato”.

“Una scelta possibile è quella già adottata dall’OMS e dalla CRI internazionale: ogni paese si contagia con le sue malattie. Allora occorrerebbe dire a Marcucci che deve riciclare nove decimi della sua produzione, facendo ad esempio l’acido ciberillico, il citosan. Se non si vuole assumere questa scelta, bisogna allora ammettere che Marcucci segue un ragionamento logico: perchè comprare a 140 quello che sul mercato internazionale posso avere a 70?”.

“Va fatta un’altra considerazione. L’Istituto superiore di sanità non compie controlli al momento dell’importazione: li fa a campione. Credevo che un funzionario avesse in tasca i permessi di importazione in conto lavorazione (ecco cosa si sono inventati: i prodotti entrano e poi escono e nessuno controlla nulla): ho scoperto invece che quei pezzi di carta non stavano a casa del funzionario ma presso le ditte, che potevano così importare ed esportare”.

Il primo articolo della Voce sul caso sangue infetto. Pubblicato quarant'anni fa.

Il primo articolo della Voce sul caso sangue infetto. Pubblicato quarant’anni fa.

“Ripeto che è giunto il momento di compiere una scelta, altrimenti bisogna ammettere che Marcucci ha ragione: se avanzano nove decimi di prodotto, oltre alla quantità venduta in Italia, conviene fare un accordo con una ditta estera alla quale dare un ‘pezzo’ dell’Italia ed in compenso invadere il mercato olandese o belga. Il problema è capire se il potere pubblico vuole gestire questo settore o se intende lasciarlo a Marcucci. Il suo è un ragionamento razionalmente giusto: in base al criterio del lucro ad ogni costo, è razionale anche la logica per cui si vendono armi, droga e bambini”.

“Sappiate, comunque, che se lasciate la situazione incerta, se stabilite che il ciclo deve essere completo ma poi ponete delle forche caudine per la sua realizzazione, prevale quel tipo di ragionamento. La situazione peggiore è quella che deriva dalla commistione, che non è né carne né pesce. Del resto, ci sono tante leggi frutto di quello che una volta si chiamava consociativismo e che forse può chiamarsi ancora così adesso”.

 

QUEL CONSOCIATIVISMO POLITICA-INDUSTRIA

Così intervenne il presidente della Commissione Affari Sociali della Camera, Vasco Giannotti: “mi permetta di farle presente che le sue considerazioni non hanno alcuna attinenza al tema in questione. L’articolo 10 della legge numero 107 non ha nulla a che fare con il consociativismo. Riguarda solo la sicurezza”.

E così rispose Angeloni: “non mi riferivo al fenomeno tra destra e sinistra ma a quello tra Parlamento e industria”.

E per i sordi incalliti, ecco cosa scriveva Angeloni – docente di Ematologia Forense alla II Università di Roma – il 28 dicembre 1998, in una relazione tecnica per il tribunale di Trento, a proposito di “autorizzazioni alla immissione in commercio”. “In una precedente relazione (22 settembre 1998) lo scrivente ha riferito che la data di infusione di alcuni emoderivati – nel caso specifico Kryobulin, il cui numero di lotto contiene la data di produzione – era precedente alla ‘data di produzione’, o successiva alla data di scadenza. (…) Trattasi comunque di fatti episodici o di minore frequenza rispetto all’altra evenienza, infusione pre-data di produzione, che presenta evidenze di sistematicità. (…) Certamente il fatto che l’immissione in commercio preceda la cosiddetta data di produzione è segno di anomalia, che necessita di indagine mirata e puntuale. (…) Sarà necessario focalizzare l’attenzione su una prassi la quale, per il fatto di rendere inutili le autorizzazioni governative e i relativi controlli infettivologici in quanto postumi nel senso etimologico del termine, rispetto al consumo del prodotto, presuppone una lassità o un’assenza di controlli amministrativi ed in definitiva sostanzierebbe un rapporto collusivo”.

Queste esplosive dichiarazioni sulle connection industria farmaceutica e politica, nonché sulla fisiologica mancanza di controlli (tanto per non disturbare i padroni del vapore), pur prodotte a Trento, finirono in naftalina perchè quel processo venne stoppato.

Quelle stesse esplosive dichiarazioni “postume” non sono prese in considerazione al tribunale di Napoli. Per adesso.

Perchè?

 

 

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