“AIUTI” A GAZA / NON SOLO GENOCIDIO. ORA ANCHE MAXI TRUFFE

Come gli avvoltoi.

Una serie di faccendieri, politici, militari, imprenditori, uomini dei servizi segreti sia americani che israeliani: tutti dentro il maxi scandalo degli “aiuti umanitari” a Gaza.

Una delle più colossali vergogne della storia: perché non solo i kapò di Tel Aviv, in combutta con i vertici Usa, hanno organizzato il genocidio degli inermi palestinesi della Striscia di Gaza, ma adesso fanno affari addirittura con la tragica sceneggiata degli aiuti militari.

Da Corte Penale Internazionale o da Norimberga 2.

La notizia, per ora, è totalmente oscurata dal mainstream, dai soliti media omertosi, collusi e genuflessi davanti al potere Usa e della lobby israeliana (e poi lorsignori osano parlare di antisemitismo dilagante…). Proprio mentre le autorità naziste di Tel Aviv festeggiano i 3 mesi ufficiali di blocco del transito delle forniture alimentari organizzate da UNRWA, ossia la agenzia delle Nazioni Unite che dal 1949 si è occupata dei bisogni dei sempre martoriati palestinesi e che – pochi lo rammentano, sempre grazie alla censura mediatica – Bibi Netanyahu e la sua banda di SS al seguito la ha messa al bando dalla Striscia di Gaza bollandola con “una organizzazione terroristica”.

Ai confini della realtà. Ma ben dentro i confini di un genocidio, di una pulizia etnica, di rastrellamenti che sono paragonabili solo a quelli messi in campo, allora, da Adolf Hitler e dalla sua Gestapo, oggi ben incarnata dai militari israeliani (IDF).

Il solo organo di informazione a far luce sullo storico, gigantesco obbrobrio è il sito indipendente americano, più volte citato e ripreso dalla Voce per le sue coraggiose inchieste, The GreyZone, che ha appena messo in rete un pezzo firmato dai suoi reporter di punta, Max Blumenthal e Wyatt Reed, titolato Israeli Mossad named as founder of a Gaza Humanitarian Foundation

Tutto ruota intorno ad una sigla spuntata a Ginevra, in Svizzera, solo pochi mesi fa, lo scorso febbraio, Gaza Humanitarian Foundation. Che fin da subito si mostra non poco opaca. Pur presentando credenziali da non poco e altisonanti sponsor, padrini e anche membri del suo board. Ecco subito alcuni nomi, per farvi capire la musica.

Nel suo consiglio di amministrazione figura, ad esempio, Raiza Sheyberg, ex funzionario del Dipartimento del TesoroUsa. Figura da non poco: perché ha fatto parte del team di politiche pubbliche che si è occupato di elaborare il progetto originale di criptovalute Libra, griffato Meta.

Un altro nome di peso è quello di David Beasley, ex governatore della Carolina del Sud ed ex direttore del Programma Alimentare Mondiale: se vi par poco…

“Tra le figura più note coinvolte nello scandalo – sottolineano Blumenthal e Reed nella loro minuziosa inchiesta – Nate Mook, ex Ceo di World Central Kitchen”.

Un nome e una story non poco opaca, anche questa. La società sboccia nel 2012, a bordo del progetto tanto umanitario per sfamare le popolazioni di mezzo mondo “We Feed People”. Altra operazione meramente di facciata, solo per “far finta di…” e nel contempo rastrellare fondi con la pala. La tiene a battesimo un tandem di eccezione, quello formato da Mook e dal super chef Josè Andrès. Gonfia il petto il primo: “ho portato la società da 1 a 400 milioni di dollari come fatturato globale”, quanto fatto registrare nel 2022…

Oggi Andrès prende le distanze da Mook e C.: “Gaza Humanitarian Foundation ha lasciato i palestinesi senza cibo”. Intanto, però, continua tranquillo e indisturbato con i suoi progetti a favore degli affamati del globo…

Dal canto suo, Mook si rimbocca le maniche anche sul fronte ucraino, tanto per non farsi mancare niente: attualmente, infatti, ricopre la carica di Consulente speciale sulla Ucraina presso uno degli organismi più accorsati, il McCain Institute a stelle e strisce, of course.

Philiph Reilly

Stando alla dettagliata ricostruzione dei due reporter, altra figura di spicco e protagonista della rapida ascesa della fortunata Fondazione umanitaria è poi quella di Liran Tancman.

Un imprenditore (sic) israeliano poco trasparente, tanto per cambiare. In un rapporto riservato, viene definito come “un riservista della unità di intelligence 8200 IDF che ha chiesto di utilizzare i sistemi di identificazione biometrica al di fuori dei centri di distribuzione per controllare i civili palestinesi”.

Ecco comunque, tanto per gradire, una seconda sigla in pista scesa da poco in campo sul fronte degli aiuti umanitari: e, soprattutto, per far business e riciclare soldi non proprio puliti. Si tratta di “Safe Research Solutions”, fondata addirittura da un ex agente operativo della CIA, Philiph Reilly.

Stando alle testimonianze di due funzionari del Dipartimento di Stato Usa raccolte da The GreyZone, Reilly “si è guadagnato la fiducia del primo ministro israeliano Benyamin Netanyahu e di diversi imprenditori a lui vicini”. Ottimo e abbondante.

Poi una ciliegina sulla torta. A quanto pare, su questa fitta trama di luridi interessi e affari sulla pelle dei palestinesi, ha supervisionato direttamente un ufficio governativo da novanta, altra misteriosa sigla in questo infernale (sempre per i palestinesi) girone: COGAT, organismo base che coordina e orchestra le operazioni di assedio e rastrellamento, in stile perfettamente nazista, lungo tutta la Striscia di Gaza.

Passiamo a quanto hanno dichiarato davanti alla Knesset, ossia il parlamento di Tel Aviv, due deputati conservatori.

Ecco le lapidarie parole di Avigmor Lieberman che non hanno bisogno di commenti: “I fondi per gli aiuti umanitari provengono dal MOSSAD e dal Ministero della Difesa. Centinaia di milioni di dollari a spese dei cittadini israeliani”. Tanto per rammentarlo, il Mossad è lo storico Servizio segreto di Tel Aviv.

Dal canto suo Yair Lapid, sempre alla Knesset, accusa il governo del suo Paese di finanziare due “società fantasma”, sempre a spese dei contribuenti israeliani.

Infine, per finire, qualche passaggio saliente del non poco illuminante reportage.

Yair Lapid

Diversi parlamentari israeliani accusano il governo di aver riciclato ingenti somme di denaro attraverso una fitta rete di organizzazioni umanitarie e mercenarie americane. La iniziativa di aiuti umanitari è il fulcro del piano israeliano di ripulire etnicamente soprattutto la parte settentrionale della Striscia di Gaza, costringendo la popolazione affamata a rifugiarsi in centri molto simili a campi di concentramento”.

Il piano del governo di controllare la distribuzione degli aiuti a Gaza si è concluso il 27 maggio nel caos, con soldati israeliani che hanno aperto il fuoco su folle di palestinesi affamati, dopo che erano state distribuite solo 8000 scatole di razioni da una organizzazione molto opaca che si autodefinisce Gaza Humanitarian Foundation. Fondata solo a febbraio scorso, GHF funge da ombrello per una rete di sigle mercenarie private che Tel Aviv sta usando dopo aver sottratto alle Nazioni Unite il ruolo di aiutare e sfamare la popolazione palestinese”.

Il modello GHF è parte integrale del piano elaborato dalle autorità di Tel Aviv di occupare il

settantacinque per cento della Striscia, costringendo palestinesi affamati e senza casa a trasferirsi in quelle che IDF definisce isole umanitarie, progettate per dividere e governare la enclave decimata”.

Con il sostegno del governo Trump e con la forza mercenaria statunitense che mantiene i suoi centri di distribuzione, il Sistema funziona”.

Capito…


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