RAPPORTO “DIA” SULLE MAFIE / UN ELISIR DI LUNGA VITA

Le cosche avrebbero evidenziato un crescente interesse nel controllo delle grandi opere pubbliche e nelle gestioni economiche degli enti locali, come nel caso delle aziende ospedaliere e dei servizi di raccolta dei rifiuti”.

Si tratta di uno dei passaggi clou della storica relazione redatta dalla Direzione Investigativa Antimafia (DIA) per quanto concerne le attività dei clan nel 2024, presentata nel corso di una conferenza stampa che si è svolta presso la sede della stampa estera, a Roma.

Meglio sarebbe stata una location su Marte. Visto che – secondo quanto emerge, a priva vista, dal rapporto – gli 007 della DIA conoscono molto meglio comportamenti, metodi e strategie marziane rispetto a quelle terrestri.

Scorrendo le pagine della relazione, a questo punto, brinderanno a botte di champagne i boss delle cosche ma soprattutto i loro referenti nel mondo della politica, della finanza, delle imprese di tutta quell’area grigia che opera e fa maxi affari allegramente e impunemente da decenni: con una sensibile accelerazione dal 1989, ossia dopo la caduta del Muro di Berlino che ha aperto le porte a tutti i riciclaggi possibili, soprattutto all’estero. E appena ieri abbiamo titolato la nostra cover story dedicata al famigerato

PONTE SULLO STRETTO / AL VIA I LAVORI, LE MAFIE BRINDANO

Un bis, a questo punto, è d’obbligo!

Veniamo ad alcuni passai salienti della relazione, ripresi da quotidiani e agenzie, visto che il testo integrale e originale non è ancora consultabile dal sito della DIA.

Si segnala “l’attitudine tra le organizzazioni mafiose a stringere patti nella cooperazioni tra diverse matrici criminali nazionali”. Tradotto in soldoni, mafia camorra e ndrangheta fanno accordi e si dividono la torta.

Ad esempio, si segnala “l‘interesse comune tra la Cosa nostra di Gela e la ‘ndrangheta nella gestione dei traffici di stupefacenti”.

Viene sottolineato come la “‘ndrangheta sia diventata un fenomeno di portata internazionale”. Accipicchia.

Altra epica scoperta: “L’accentuata vocazione economica delle consorterie trova terreno fertile soprattutto nelle aree a forte presenza imprenditoriale. In tali contesti non di rado gli operatori economici diventano complici più che vittime dei sodalizi criminali”.

Nelle aree del Nord-Est le mafie sono passate dall’infiltrazione al radicamento. E qui possono riciclare anche attraverso i flussi turistici e le operazioni industriali”.

Molti i settori e i comparti coinvolti nei riciclaggi mafiosi: edilizia, subappalti, movimento terra, lavori ferroviari, sanità, rifiuti”.

Michele Carbone

Ciliegina informatica sulla torta: “Le nuove tecnologie rappresentano un moltiplicatore per le capacità operative delle reti criminali mafiose”; che – veniamo a sapere – “operano e vivono nel cyberspace”.

Forse a caccia dei tesori su Marte…

Sottolinea il direttore della DIA, Michele Carbone: “Per contrastare le mafie la sola azione penale non è certo sufficiente. Fondamentale è il ruolo della prevenzione, tanto giudiziaria, attraverso le misure di prevenzione personali e patrimoniali, quanto amministrativa con il monitoraggio degli appalti pubblici e le interdittive antimafia prefettizie, nonché la attività dei presìdi di prevenzione del riciclaggio”.

Misure, metodi, tattiche e strategie ‘ottime e abbondanti’ 40 anni fa, quando le mafie erano ancora ruspanti. Avevano scavato, a fine anni 80, ben più in profondità Giovanni Falcone (sono 33 anni dalla strage di Capaci) e Paolo Borsellino che – lo ripetiamo per la centesima volta – stavano indagando da tempo sui maxi appalti pubblici, ed in particolare quello, allora in fase di decollo, per il TRENO ad ALTA VELOCITA. Il TAV, infatti, era il piatto forte del menù mafioso (già allora mafia, camorra e ‘ndrangheta unite nell’assalto alla torta arcimiliardaria), e sul quale avevano puntato i riflettori i due magistrati trucidati dagli uomini delle cosche, gli esecutori materiali delle stragi orchestrate da quella potente zona grigia composta da pezzi della politica, degli affari (ossia le imprese di riferimento, le acchiappappalti) e, appunto, le mafie, il terzo piede del TAVolino o TAVolone, se preferite. E da allora in poi, Depistaggi di Stato a go go.

Ma ora lorsignori, dopo oltre 35 anni, una vita, sentenziano che, forse, “le cosche AVREBBERO evidenziato un crescente interesse nel controllo delle grandi opere pubbliche”!

AVREBBERO, avete letto bene: perché con certe cose, si sa, bisogna andar cauti, procedere con i piedi di piombo ed estrema cautela: i MANOVRATORI, è storia, non vanno mai disturbati, neanche per un istante.

Amato Lamberti

Amato Lamberti, il fondatore dello storico ‘Osservatorio sulla Camorra’ al quale ha collaborato fin dall’inizio Giancarlo Siani, il giovane reporter del Mattino ammazzato dalla camorra su ordine politico (mandanti sempre a volto coperto e, of course, liberi come fringuelli), ha firmato per la Voce decine di reportage e fondi sugli acrobatici riciclaggi della camorra. Ne vogliamo rammentare solo uno fra i tanti.

Ad inizio anni ’90 scoprì che un clan dominante nell’area di Mondragone, quello dei La Torre, aveva investito un sacco di soldi, in vena di riciclaggio spinto, addirittura ad Aberdeen, sulla meravigliosa costa scozzese: palate di soldi per comprare ristoranti, alberghi, night, tutto quanto fa tempo libero. Pagando cash, e senza incontrare alcun ostacolo: perché fondamentali normative antimafia (quelle per intendersi avviate da un altro eroe ammazzato, Pio La Torre), non le conoscevano e quindi non potevano applicarle. Un vero Paradiso i paesi esteri, e soprattutto quelli dell’Est, dove ad esempio i clan di Secondigliano – come la Voce all’epoca documentò, fine anni ’80 – avevano investito per rilevare vecchie fabbriche, riattivarle e produrre jeans! Una vera pacchia…

Sul fronte dei settori, eccoci a sfilze di reportage pubblicati dalla Voce non solo sulla raccolta dei rifiuti e le mani della camorra; ma sui traffici di rifiuti tossici in partenza dal Nord e sbarcati a Napoli; o indirizzati sulle rotte internazionali (come la Somalia, su cui indagava la povera Ilaria Alpi). E ancora: appalti che puzzano lontano un miglio nella sanità, dalla Campania fino alla Sicilia; mitica un’inchiesta Mafia-Medici-Massoni sulle commesse per le forniture di apparecchiature radiologiche.

La copertina della Voce di aprile 1986

Così come, sempre in quegli anni (ribadiamo, fine ’80-primi ’90), decine di inchieste della Voce hanno dettagliato e denunciato riciclaggi spinti in svariate regioni del centro, del nord, fino in Val d’Aosta o a Bardonecchia, per citare solo una nota località turistica dove operavano le ‘ndrine.

Per fare alcuni esempi in rapida carrellata, documentammo gli appalti vinti da sigle legate al potente clan Nuvoletta alla Fiera di Rimini, proprio nel settore della raccolta dei rifiuti che ora torna in auge.

Oppure sul fronte degli appalti banditi dall‘Istituto Autonomo Case Popolari (IACP) di Torino e finite nel mirino di società dell’altrettanto potente clan Alfieri, all’epoca dominante nel nolano e nel vesuviano.

O, se preferite, un salto nella ridente Lucchesia, dove agivano 3 agili società immobiliari della camorra torrese, con appoggi politici di altissimo livello politico, ministeriale.

Per anni, poi, abbiamo puntato i riflettori su lavori, appalti e subappalti per la realizzazione della terza corsia Napoli-Roma; oppure quelli lungo l’eterna Salerno-Reggio Calabria, e spartiti in modo scientifico, lotto per lotto, chilometro per chilometro da clan di camorra e ‘ndrine, d’amore e d’accordo.

Basti un titolo per rendervi l’idea degli ottimi rapporti tra clan e cosche del sud (un esponente dello stesso clan Nuvoletta, del resto, sedeva nella Cupola di Cosa nostra): “La Campania è Cosa nostra”. Appunto: era aprile del 1986, quasi trenta anni fa…

Infine, la ciliegina sulla torta: “Grazie Sisma – Pomicino, Scotti, Bava De Mita & C. Dieci anni di potere e terremoto” è il libro j’accuse dedicato al maxi business della ricostruzione post sisma ’80. Tutti gli affari della camorra imprenditrice: subappalti, infrastrutture, edilizia, movimento terra, cemento, calcestruzzo, per una valanga da centinaia di miliardi di lire. Il primo, grande botto.


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