Africa sempre più bollente.
Scontri, violenze e morti a Tripoli, dove si fronteggiano bande armate governative e non, queste ultime capeggiate dal famigerato capo della polizia giudiziaria libica, il generale Njeem Almasri, accompagnato con tutti gli onori dai Servizi italiani un paio di mesi fa a casa sua, evitando la galera decisa dalla Corte Penale Internazionale dell’Aja e ora appena avallata dal governo libico.
E peggio va in Mali – di mali in peggio, è il caso di dire – dove fa poche ore la giunta golpista ha appena annunciato l’inizio della dittatura, vietando tutti i partiti e le formazioni politiche. Anche qui violentissimi e cruenti scontri, ai quali prende parte l’altrettanto famigerata milizia mercenaria Wagner.
Ma vediamo qualche dettaglio in più e partiamo da Tripoli.
Una città sprofondata nel caos, interi quartieri devastati, continui raid delle truppe ribelli che si servono sempre più di camioncini fuoristrada muniti di mitragliatori pesanti che seminano il terrore.
Negli ultimi tre giorni una novantina di vittime civili e un centinaio di feriti. L’escalation è stata prodotta soprattutto dall’uccisione, una settimana fa, del comandante Abdel Ghani al-Kiki, che capeggiava alcune fazioni ribelli.
Commenta il ministero della Difesa: “Le forze regolari, in coordinamento con le autorità di sicurezza competenti, hanno iniziato a prendere le misure necessarie per garantire la calma, compreso il dispiegamento di forze neutrali”. Non poco sibillino il contenuto e il messaggio della nota: soprattutto perché non si comprende quali siano le ‘forze neutrali’.
Non quelle delle Nazioni Unite, certo, che pure monitorano la situazione e sono non poco preoccupate. Così commenta la missione Onu in Libia (UNSMIL): “Siamo profondamente allarmati dell’escalation della violenza nei quartieri densamente popolati di Tripoli”.
Da tener presente che la tensione è molto forte da mesi. Soprattutto nell’area occidentale della città, storica zona d’ingresso per le fazioni armate provenienti da Zawiya, dove operano i gruppi prima capeggiati da Abdurahman al-Milay, alias ‘Bija’, ucciso a settembre scorso in un agguato nei pressi di Tripoli.
Per schematizzare la situazione e identificare gli schieramenti in campo, ecco qualche elemento in più.
Il potere, ora, è nelle mani di Abdul Hamid al-Dbeibah, primo ministro del governo di ‘unità nazionale’ (sic), GNNper i suoi aficionados. Al suo fianco è schierata la Brigata 444.
Vi si contrappone la ‘Forza di Deterrenza Sociale’, RADA per i suoi fans, che ha il suo punto di riferimento proprio nel generale Almasri, ora in palese difficoltà.
Tutta l’area est della Libia è controllata dal potente Esercito Nazionale Libico (LNA), guidato dal comandante Khalifa Haftar, ormai dominus da anni. Le sue truppe sono in fibrillazione e stanno muovendo verso Sirte, proprio in direzione Tripoli.
Il che porta la situazione al diapason.
E sul capo di Almasri piovono non poche tegole.
Fresco un avviso di garanzia emesso dalla procura di Tripoli, che ha aperto un’inchiesta per accertare tutti gli abusi e i crimini commessi dal generale e dalla sua band nella gestione delle carceri, la sua vera passione. E fresca la decisione del premier libico, che vuole venga eseguito il mandato d’arresto griffato CPI.
Proprio quei reati sui quali il nostro governo e la nostra premier che tutto il mondo ci invidia, Giorgia Meloni, hanno chiuso non un occhio ma tutti e due: non solo non eseguendo il mandato d’arresto internazionale CPI quando soggiornava tranquillo in Italia – ben consapevoli i nostri Servizi – ma addirittura riaccompagnandolo a casa sua con tutti gli onori, perfino scortato dagli uomini di quegli stessi Servizi.
Ai confini della realtà.
Commenta il quotidiano cattolico ‘Avvenire’: “E’ il vero nemico del governo centrale e proprio su ordine del premier Dbeibah – interessato a rimanere al potere e a rinviare le elezioni – potrebbe essere a breve arrestato. ‘Almasri non ha molte alternative: verrà ucciso come Bija oppure dovrà stare al guinzaglio – rivela una fonte dell’apparato statale libico – conosce troppe cose e senza più la sua polizia a proteggerlo, la minaccia di ‘parlare’ suonerà per lui come una condanna’”.
Tempi brutti per il boia delle carceri, invece coccolato dalle nostre autorità di governo, e non solo.
Di Mali in peggio, dicevamo. Con una dittatura nuova di zecca, ufficialmente dichiarata solo pochi giorni fa, per la precisione il 13 maggio, dopo il golpe militare, e capeggiata dall’autoproclamato Assimi Goita.
Già a metà aprile un primo segnale del crac, con la sospensione della ‘Carta dei partiti’. Ma quelli d’opposizione, tante associazioni e moltissimi cittadini si sono mobilitati per indire una maxi manifestazione il 3 maggio. Vietata, of course, dall’esecutivo militare golpista: ma si è svolta lo stesso, facendo segnare una larghissima partecipazione di massa, con decine di migliaia di manifestanti che si sono radunati davanti al Palazzo della Cultura di Bemako. Il primo, grande meeting di popolo dopo il golpe.
La risposta non si è fatta attendere: vietati tutti i partiti e ai nastri di partenza la dittatura.
Così la dipinge uno dei ras emergenti, ossia il responsabile della ‘Riforma Politica e del Sostegno al Processo Elettorale’, Mamani Nassirè: “Abbiamo avviato un grande processo di riforma”. Ha avuto anche la faccia di bronzo di spiegare che è ora in fase di studio ed elaborazione “una nuova legge per la gestione della vita politica in Mali”. Ottimo e abbondante.
Ecco, fior tra fiori, alcuni obiettivi che la nuova dittatura si propone.
In primis, la riduzione del numero dei partiti autorizzati: possibilmente 1, vien subito da commentare. Poi, l’inasprimento delle regole per la creazione di nuovi raggruppamenti politici (quindi, ancora, meglio se ce n’è 1 solo). Quindi, tanto per gradire, una drastica limitazione o, preferibilmente, il divieto del finanziamento pubblico ai quegli stessi partiti autorizzati (possibilmente, ribadiamo, 1 e uno solo).
Per finire, qualche nota di cronaca e di colore locale.
Nelle ultime settimane diversi leader politici, in particolare ovviamente dei partiti d‘opposizione, sono stati rapiti dai Servizi di sicurezza.
Secondo fonti delle Nazioni Unite – che però, come al solito, non alzano un dito, a dimostrazione, ancora una volta, della loro nullità politica – l‘esercito maliano (FAMA) ha effettuato decine e decine di esecuzioni sommarie, soprattutto nell’area sud-ovest del paese. Ed ha arrestato centinaia di abitanti del villaggio di Sebabougou, nella regione di Kayes. Nelle vaste operazioni di rastrellamento è stato coadiuvato efficacemente dagli ‘AfricaCorps’: in soldoni, si tratta di truppe mercenarie dell’ex Wagner. La stessa sigla che operò nei primi mesi di conflitto della Russia contro l’Ucraina, poi attiva nei paesi caldi, Africa in pole position.
Ancora. Molti civili arrestati sono stati portati nel campo militare di Kwala, dove vengono sottoposti a torture. Vicino alla base – sempre secondo fonti ONU – sono state rinvenute una settantina di salme: esecuzioni sommarie.
Ma ovviamente, per i media di casa nostra, una Dittatura – sangue e torture comprese – non fa notizia…
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