IL PAPA AMERICANO

Dopo un conclave di sole 4 votazioni è stato eletto, nella splendida cappella Sistina, il nuovo Papa. È il cardinale americano Robert Francis Prevost, che ha assunto il nome di Leone XIV. Un uomo che, come spesso è accaduto in queste occasioni, ha sorpreso tutti, giornalisti, analisti di costume, osservatori religiosi e gran parte dei vaticanisti di tutto il mondo chiamati a commentare il conclave e gli eventi che si sviluppano, partecipando agli inutili salotti televisivi. In fondo lì si deve solo “occupare il tempo vuoto” e riempirlo di elucubrazioni inutili per evitare interminabili attese. Questi salotti vaticani hanno sostituito quelli di virologi, di esperti di guerre, di giornalisti d’assalto e delle vecchie glorie della politica che li avevano preceduti per commentare fatti, o presunti tali, ma soprattutto hanno dovuto riempire i lunghi silenzi di attesa snocciolando molte banalità, ma senza mai imbroccare una previsione sui futuri eventi.

Il profilo di Papa Leone XIV rimane ancora poco conosciuto e, per certi versi, si prospetta denso di aspettative. Viene descritto come progressista ma moderato, fedelissimo di papa Bergoglio ma più diplomatico come Ratzinger, un vescovo capace di riconnettere i lacerati rapporto nel mondo della chiesa, rapporti che papa Francesco aveva appena iniziato a rivoluzionare.

L’unica certezza è stata quella parola PACE pronunziata più volte nel suo primo discorso programmatico, con la quale ha smentito platealmente le aspettative dei fedelissimi di Trump in America (e qualcuno in Italia). Alla sua elezione in molti hanno pensato a un ennesimo colpo di mano del presidente … ma non è stato così. Tanto che alcuni fedelissimi trumpiani hanno definito la sua elezione come “la peggiore soluzione” per il presidente. Un papa non assoldabile a una politica contro l’immigrazione, né tantomeno a sostegno di una “strategia dell’egoismo”, dai dazi al taglio dei fondi per la ricerca, per l’istruzione, per la solidarietà internazionale e per le organizzazioni sovranazionali. Insomma, un papa incompatibile con l’aggressione violenta che Trump ha avviato nelle relazioni internazionali, né tantomeno con le illusorie politiche per la pace da ottenere con soluzioni di conflitti sbandierate dal neopresidente e rivelatesi puntualmente fallimentari o velleitarie … quando non decisamente ricattatorie. La fine del conflitto russo ucraino era stata avviata con il riconoscimento ai russi della precedente invasione della Crimea a cui si sono aggiunte poi le pretese sulle terre di confine nel Donbass, una ricca area industriale dell’Ucraina orientale dove, dal 2014, la Russia ha finanziato i movimenti separatisti ed ha ispirato alcuni referendum indipendentisti nel 2022. Putin ha riconosciuto le Repubbliche Popolari di Donec’k e Lugans’k come stati indipendenti annettendole poi, con referendum-farsa, alla Federazione Russa.

E tutto questo per non parlare poi del terribile “lasciapassare”, consegnato nelle mani di Benjamin Netanyahu, che gli ha consentito a questi di massacrare il popolo palestinese e di portare a termine il primo genocidio di questo millennio. Uno sterminio portato a termine proprio dal popolo che l’ha subito nelle orribili guerre del Novecento.

I membri del movimento MAGA hanno attaccato il nuovo Papa per alcune affermazioni su X in cui aveva criticato Trump e il suo vice Vance per alcune affermazioni poco generose verso i migranti poveri e per una visione del mondo in cui contano solo i soldi, le speculazioni immobiliari e gli affari. Un mondo esasperatamente egoista, senza alcuna solidarietà e senza la pace.

Laura Loomer, un’attivista MAGA di estrema destra tenuta in grande considerazione da Trump e più volte ospite di incontri nello Studio Ovale, aveva già definito il nuovo Papa anti-Trump, anti-Maga e a favore dei confini aperti. “… un marxista totale, proprio come era papa Francesco”.

Questi giudizi, in fondo, rafforzano la distanza di papa Leone XIV dalle politiche della nuova amministrazione americana. Speriamo che queste posizioni del Vaticano possano contribuire a rilanciare, da Roma, una spinta autorevole per riportare la pace nei principali scenari di guerra. E se non sarà pace, nelle sue forme più compiute, che si aprano almeno nuove prospettive per la fine dei conflitti.

Nel frattempo, la parrocchia di Gaza, non ha più ricevuto le usuali telefonate di incoraggiamento fatte quotidianamente da Francesco.

 


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