Don Vitaliano / Da Francesco a Leone la primavera nella Chiesa continua? 

Don Vitaliano Della Sala

È interessante osservare che, come dopo una partita di calcio diventiamo tutti allenatori, dopo questo primo conclave social siamo diventati tutti vaticanisti! Anche se sembra esserci credibilità e coerenza nelle parole chiare, semplici, incisive, con le quali papa Leone XIV ha aperto il suo pontificato. Ora occorre aspettare che alle parole seguano i gesti “nuovi” del nuovo papa.

Certo c’è la biografia di papa Prevost; dispiacerà al presidente Trump, ma è un “meticcio” statunitense con origini – si dice! – francesi, spagnole e italiane; è un frate degli agostiniani, dei quali è stato anche priore generale; è stato vescovo in Perù, e quindi pastore “con l’odore delle pecore” di una Chiesa missionaria; infine ha lavorato per qualche anno in una importante Congregazione vaticana, quella dove si “fabbricano” i vescovi, e quindi conosce gli ingranaggi arrugginiti della Curia romana. Anche la scelta del nome ha dato un segnale: papa Leone Magno fermò Attila,  – a cavallo del XIX e XX secolo – è il papa dell’enciclica Rerum Novarum, sui diritti dei lavoratori, e di quella, l’unica, sugli ancora giovani Stati Uniti d’America. C’è da sperare che non sia soltanto una ben riuscita operazione di marketing per far dimenticare papa Francesco.

Leone XIII. In apertura Robert Francis Prevost, Papa Leone XIV

L’elezione di papa Leone ha spiazzato tutti i pronostici. Ma la storia della Chiesa ci insegna che per una volta che si sceglie un “papa buono” che “puzza di pecora” e di Spirito Santo, ne possono poi venir fuori altri che invece “puzzano” di interessi personali o di cordata, di troppa teologia e di poca pastoralità, di autoritarismo e di poca democraticità. E il volto della Chiesa, la percezione che fedeli e non fedeli hanno di essa, non può cambiare dopo ogni conclave come se la Chiesa fosse l’espressione di questa o quella cordata! Per dare risposta alle tante domande sul nuovo papa, basterebbe rendere pubbliche e trasparenti le discussioni del pre-conclave, quelle del conclave e i motivi che hanno portato i cardinali ad eleggere Robert Francis Prevost. Forse non lo sapremo mai e potremo solo intuirlo. Invece sarebbe ora di aprire, di spalancare le porte e le finestre del conclave, per far sapere a tutta la Chiesa il perché di certe scelte. Si giocherebbe finalmente a carte scoperte, e sarebbe un bene per tutti, alla faccia degli intrighi e dei retroscena.

Una cosa è certa: Trump non è più l’unico statunitense importante; ora, a Roma ce n’è uno che avrà gioco facile a diventare più importante di lui, basterà “solo” che, come il suo predecessore, anche se con parole e gesti diversi, annunzierà e testimonierà il Vangelo, non di Prevost, né di Bergoglio, e nemmeno di Trump e Vance, ma il Vangelo di Gesù Cristo.

Ma non bisogna dimenticare che veri cambiamenti, per ottenere qualche risultato concreto nella Chiesa, devono avere come protagonista il popolo, la “base”; quando sono i vertici a proporli, o peggio a imporli, spesso diventano anche pericolosi. Forse in piazza San Pietro o in televisione appare evidente il cambiamento. Non così in molte parrocchie e diocesi, dove è triste vedere vescovi e sacerdoti, a volte disumani e per nulla cristiani nel trattare fedeli di altre confessioni cristiane e religioni, divorziati, separati, gay e laici.

Papa Leone sa bene che nel Vangelo di Luca, Gesù conclude le anti-beatitudini con un arrabbiato “guai quando tutti gli uomini diranno bene di voi”: se ci si sforza di essere un vero profeta, un autentico discepolo di Cristo, si finisce immancabilmente per essere contrastati dal sistema di potere; quando questo ti ossequia, ti loda, ti applaude, vuol dire che, forse, non sei un buon discepolo, probabilmente hai tradito il messaggio di Gesù, troppo scomodo per essere applaudito da tutti, soprattutto dai potenti. Al contrario, quando il potere “vestito di umana sembianza” (F. de Andrè), ti osteggia, ti perseguita, ti zittisce, è allora che bisogna rallegrarsi, perché sicuri di stare dalla parte giusta.

Papa Francesco

La domanda è se questo pontificato sarà la continuazione di una vera apertura della Chiesa al mondo o se gli interessi di potere, di denaro e di influenza, che così fortemente, in passato hanno condizionato la politica della Chiesa, riprenderanno ad essere i veri protagonisti.

Papa Francesco è stato un profeta, ha avviato tanti processi di rinnovamento della Chiesa che ora bisognerà portare avanti, ha fatto sognare una Chiesa-altra che ora dobbiamo sforzarci di cominciare a costruire. Il cardinale Prevost era uno dei delfini di papa Francesco e non invano il defunto Papa gli ha affidato nientemeno che la Congregazione vaticana ​​dei vescovi, essenziale per portare avanti la primavera ecclesiale. L’elezione di Leone XIV è forse un’altra delle battaglie che Bergoglio vince dopo la sua morte, in silenzio, da quel politico consumato che era. Da Francesco a Leone la primavera nella Chiesa continua?


Scopri di più da La voce Delle Voci

Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.

Lascia un commento