Sudan, una guerra civile quasi eterna. Negli ultimi due anni un’impennata da migliaia e migliaia di morti, carneficine quotidiane, la più grave crisi umanitaria nella storia dell’Africa.
Eppure nessuno ne parla, poche mosche bianche ne scrivono, la UE al solito zitta e muta ed impegnata solo nel ‘REARM EU’’ (da noi un silenzio tombale), le Nazioni Unite ritualmente assenti e quindi complici. Il tutto nel più totale e colluso silenzio politico e mediatico internazionale.
Poche ore fa solo una brevissima nota d’agenzia: droni RFS sull’aeroporto di Port Sudan. Stop. E niente sull’eccidio di massa che ha fatto decine e decine di migliaia di vittime. Uccise due volte: perché totalmente dimenticate, ignorate. Morti, a questo punto, di serie B. O anzi di serie C, dal momento che da anni sono in pole position le stragi quotidiane a Gaza o in Ucraina.
Le uniche voci nel deserto sono quelle di alcune sigle umanitarie, come ‘Emergency’ o ‘Medici Senza Frontiere’, oppure fonti cattoliche. Poi il silenzio che più tombale non si può.
Cerca di accendere i riflettori il responsabile per l’Africa di ‘Caritas Italiana’, Fabrizio Cavalletti, che spiega a ‘Interris.it’: “La situazione della popolazione sudanese, soprattutto nel Darfur, è sempre più grave e disperata. Il conflitto sta colpendo in modo tragico i civili. Nel paese si sta verificando la più tragica crisi umanitaria al mondo”. E le autorità mondiali se ne strafottono.
Continua il j’accuse. Proprio come succede nella sempre più martoriata Striscia di Gaza dal 7 ottobre 2023 e in modo scientifico da due mesi esatti (ossia da quando i boia di Tel Aviv impediscono l’accesso ad ogni aiuto umanitario), “la popolazione non subisce solo le conseguenze come i bombardamenti, i combattimenti, ogni tipo di violenza, ma anche quelle indirette, soprattutto viene uccisa per fame, vista la tragica crisi alimentare che sta ormai esplodendo in tutta la sua virulenza. Ne sono vittima oltre 25 milioni persone innocenti, soprattutto bambini, che stanno morendo di fame, soprattutto in Darfur. Lo ripeto: milioni e milioni di vite sono ormai appese ad un esilissimo filo. Un genocidio che avviene sotto gli occhi di tutti ma nessuno vuol vedere: la politica e i media lo ignorano”.
Semplicemente agghiacciante.
Prima di riassumere per sommi capi la tragedia, vi proponiamo la lettura di due istruttivi pezzi.
Pubblicato da ‘Emergency’ poco più di un mese fa, il 26 marzo 2025, ecco Emergency in Sudan, gli aggiornamenti su cosa sta succedendo a Khartoum e nel Paese
Il secondo – una ricostruzione storica molto dettagliata – è stato messo in rete da ‘Rivista Africa’ il 1 giugno 2023, firmato da Carol Simonetti per il ‘Centro Studi AMIStaDeS’, Alle radici del conflitto in Sudan
Ancora una notizia di qualche settimana fa e poi alle ‘origini’ della guerra civile.
Una forte escalation si è avuta l’11 aprile scorso, quando si è verificato un esodo di massa della popolazione civile da Al Fasher e da Abu Shouk: la gente non aveva più un briciolo di cibo, senza acqua, senza medicine, senza più un tetto, moltissimi vivevano da settimane sugli alberi. La vicina città di Tawila si è vista piombare addosso una marea di oltre 180 mila sfollati che la stanno facendo esplodere, anche per l’emergenza ovviamente sanitaria.
Un’altra tragica notizia. In decine di migliaia sono letteralmente intrappolati nell’enclave di Zamzam, senza niente e circondati da gruppi e bande armate che la stanno cingendo d’assedio.
Il Sudan riuscì a rendersi indipendente e liberarsi dalle catene del colonialismo francese e britannico quasi 70 anni fa, nel 1956. Ma le tribolazioni e i conflitti interni sono cominciati ben presto.
Nel 1989, ovviamente via golpe, Omar al-Bashir impose la sua dittatura trentennale. Che ha portato alla creazione del più giovane Stato al mondo, il Sud-Sudan; ma a nessuna tregua, anzi i conflitti interni si sono intensificati (e sempre sulla pelle della popolazione civile).
Fu proprio al-Bashir a creare, a fianco dell’esercito (sic) regolare, ossia le ‘Forze Armate del Sudan’ (SAF), le formazioni killer ‘speciali, vale a dire le ‘Forze di Supporto Rapido’ (RSF), già un nome che è tutto un programma.
Facciamo un salto e arriviamo al 2019. Quando il signore delle guerre, Mohamed Hamdam Dagalo, al comando delle milizie RSF, ha unito le sue forze a quelle dell’esercito sudanese, capeggiato da Abden Fattah al-Buhran: gemellati, i due, per rovesciare Omar al-Bashir. Guerre che più intestine, di potere e sanguinarie non si può, ingaggiate in nome di una finta lotta tra potere politico e militare.
I tentativi di mediazione, tra le fazioni, ovviamente falliscono, per la serie tutti contro tutti (e la solita popolazione inerme a versare sangue).
Il paese, in seguito, è governato (sic) da un ‘consiglio militare’, al vertice al-Burhan, e come vice Dagalo.
Ma poco più di due anni fa, il 15 aprile 2023, il coperchio sulla pentola salta. Ed è ormai conflitto continuo, iniziato con i feroci scontri di Karthoum, quando le truppe speciale RSF hanno attaccato il quartier generale dell’esercito di al-Burhan.
Da allora la gente muore ogni giorno sotto le bombe e le armi delle due fazioni.
Il mondo se ne fotte.
Ma statene certi: le Intelligence e i Servizi del tanto libero e democratico occidente (Francia e Regno Unito – che erano i vecchi Padroni – in pole position) stanno con le antenne ben dritte e si ‘muovono’. Da mesi. Vedremo come va a finire…
Per adesso è già una vera ecatombe.
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