Il mondo è spettatore dell’assurdo. Un Paese leader mondiale nato dalla fusione di più etnie, che lo hanno popolato e forgiato come esemplare portabandiera della democrazia liberale, finisce nel baratro dell’oligarchia antitetica di un razzista megalomane, inetto, rancoroso, violento repressore dei diritti costituzionali, dilettante allo sbaraglio in tema di economia, oggetto di indagini, processi e condanne non esecutive grazie a illeciti escamotages. Ci si chiede: “Usque tandem?” Quanto reggerà questo allucinante flop dell’umanità che consente al tycoon di abitare la Casa Bianca, di far danni irreversibili e non solo al suo Paese? Consapevoli che l’agognata profezia non ha risposte a breve, gravata com’è da molte incognite come la seriale ‘mission impossible affrontata in film dallo spericolato Tom Cruise, ma accertato che a lui, vincente terminator, riesce di portarla a termine con successo, ecco accendersi la speranza che con un empito di consapevole lucidità l’America e la comunità mondiale acceleri l’exodus di Trump dall’Olimpo dei leader mondiali e la Terra rinsavita si riaffidi al suo Dna di pianeta democratico.
Non disperiamo, sono incoraggianti i primi segnali di insofferenza interna degli americani e il territorio del dissenso procede su canali paralleli: intellettuali, politologi, il mondo dell’arte, dello spettacolo, delle università, dei giovani, della middle class, che antepone ad ogni altro ganglio delle priorità il ‘dio’ dell’economia. Un titolo su tutti from Usa: “Trump crolla nei sondaggi”. Gli effetti dei dazi e non solo si fanno sentire a Wall Street e atterriscono l’America che investe in azioni. Annuncia dissenso il Michigan, uno degli Stati strappato ai democratici. Crisi dell’auto, licenziamenti, crisi drammatica per i ceti sociali con i redditi più bassi. Allarme anche degli analisti. Goldman Sachs: “Sono al 45% le probabilità di recessione degli Stati Uniti nel 2025.” Altra conferma del calo di consensi per Trump la suggeriscono i dati relativi all’inflazione: 37% conto il 60% di disapprovazione. Gli si rivolta contro, in misura per lui preoccupante, anche parte del ‘suo’ elettorato repubblicano, disorientato dal dietrofront per i dazi, sciagurata scelta boomerang.
Il Paese è politicamente indispettito per il fallimento della smargiassata pre elettorale “In pochi giorni otterrò la pace Russia-Ucraina”. E perplessità sul viaggio in Italia per i funerali di Papa Francesco per chi ricorda la sua autoproclamazione di “Presidente voluto da Dio”, la sceneggiata della preghiera attorniato da Vance e consoci immortalati come eredi del capolavoro di Leonardo dell’Ultima Cena. Il tycoon non è il solo turista falso ‘religioso’ ospite di Roma. Non il peggiore. Uno per tutti lo è il truce, disumano Milei. Bene, tra virgolette, l’assenza del criminale di guerra Netanyahu, che ha citato la scomparsa di Bergoglio con tre giorni di ritardo. E i nostri? (nostri si fa per dire). I meloniani sperano, s’illudono che il lutto per la morte di Papa Francesco oscuri la celebrazione del 25 Aprile. Ecco, da condividere per efficacia il titolo di apertura del quotidiano democratico Domani:
“OTTANTA VOGLIA DI RESISTENZA” (Ottanta da scomporre in HO TANTA VOGLIA).
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