“È con profondo dolore che devo annunciare la morte di nostro Santo Padre Francesco” con queste parole il cardinale Kevin Farrell ha annunciato la morte di papa Francesco, avvenuta alle 7 e 35 del 21 aprile.
È morto un papa che aveva invocato durante l’intero suo mandato la pace nel mondo, che aveva levato la sua voce contro tutte le violenze e le ingiustizie che ancora dominano il mondo, e che purtroppo lo domineranno ancora.
La sua morte è di dodici anni dopo quella celebre frase che sorprese il mondo “… i miei fratelli cardinali sono venuti a prendermi alla fine del mondo”, quella frase segnò un suo particolare lessico che proseguì con il più popolare “… fratelli e sorelle, buonasera”, entrambe espressioni del popolo, pronunziate con il suo stentato italiano, entrambe pronunziate dalla loggia centrale della basilica di San Pietro. È stato un papa attento agli ultimi e al loro dolore. Sempre. Un papa che però ha lasciato ai posteri una potente immagine iconica, lui da solo, in una enorme piazza San Pietro vuota a testimoniare la necessità di resilienza al virus della grande paura durante la pandemia.
Alla morte papa Francesco aveva 88 anni ed era reduce da una grave polmonite bilaterale che lo aveva tenuto a lungo in ospedale, mettendo a rischio più volte la sua stessa vita. Ma lui, come sempre, non ha voluto ubbidire ai diktat dei medici che lo curavano ed ha scelto di farsi dimettere, forse prima del tempo, per tornare alla sua mission andando innanzitutto alla sua Casa Santa Marta. Una residenza all’interno dei Palazzi Apostolici Vaticani gestita da solerti monache che, sino a quel momento utilizzando quegli appartamenti, ospitavano saltuariamente alti prelati e cardinali che arrivavano a Roma in occasione dei conclavi.
Una scelta anomala, come lo sono state molte di quelle fatte da papa Francesco che avevano scatenato anche fantasiose interpretazioni sulla sua percezione di sicurezza. Ma si sa disfattisti e scettici che non credono in nulla abitano anche in Vaticano e sono numerosi persino tra i chierici e i fedeli.
Un grande merito va riconosciuto a papa Francesco, ed è stato quello di non aver mai rinunciato a parlare della necessità di perseguire la pace nel mondo. E lo ha fatto sempre, mai formalmente e senza alcuna ambiguità. Come costante è stato il suo richiamo alle “… sofferenze della martoriata Ucraina” e il ricordo delle stragi compiute dall’esercito israeliano contro il popolo palestinese.
Ci ha insegnato a vivere i valori della fede con coraggio e con amore, ha sempre parlato innanzitutto ai poveri ed agli emarginati. Non ha dimenticato mai di visitare gli ospedali, ma anche le carceri e i centri di accoglienza per incontrare e confortare malati, poveri, e coloro che hanno perso la libertà o anche quei migranti che hanno affrontato il deserto e il mare per fame, persecuzioni o disperazione.
È stato l’unico leader al mondo (in fondo è stato anche uno dei più importanti Capi di Stato) a non negare mai la sua piena solidarietà al popolo ucraino che tanto soffre a causa di una guerra ingiusta ed estremamente violenta, proprio come è stata sempre esplicita la sua costantemente solidarietà nei confronti del popolo palestinese.
Quotidiane sono state, anche durante i dolorosi ricoveri al policlinico Gemelli, le sue telefonate di incoraggiamento a padre Gabriel Romanelli, il parroco di Gaza, che soleva ricordare “… siamo la parrocchia della Sacra Famiglia di Gaza, che appartiene al Patriarcato latino di Gerusalemme, siamo lieti e commossi nell’ascoltare la sua voce di sostegno”.
Il Papa è morto lasciando un ultimo ricordo. Un altro dei suoi gesti sorprendenti, come ha sempre fatto durante il suo pontificato. Nel giorno di Pasqua Francesco, proprio prima di morire, è uscito in papamobile tra la gente che lo aspettava entusiasta in piazza San Pietro. Poco prima si era affacciato dalla loggia centrale della Basilica aveva impartito la sua ultima benedizione Urbi et Orbi, affidando poi la sua ultima lettura al maestro delle cerimonie pontificie. “No al riarmo – era il messaggio – a Gaza si vive in una situazione ignobile”.
È stato proprio con questo suo ultimo messaggio, che ha voluto lanciare l’ennesimo appello per la pace. Chissà chi se ne ricorderà in futuro, soprattutto tra quei tanti politici che oggi, apparentemente, lo piangono ma che continuano ad agire diversamente e lo faranno anche in futuro.
E pensare che tutto questo è accaduto proprio dopo aver incontrato Vance, il violento vicepresidente degli Stati Uniti, che Francesco ha accettato di ricevere nell’ultimo suo incontro ufficiale … proprio prima di “tornare alla casa del padre”.
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