La foto è emblematica: camminano fianco a fianco i due responsabili – impuniti – dei più atroci genocidi del nostro secolo. Sono loro, Benjamin Netanyahu e Vladimir Putin, entrambi artefici di “pulizie etniche” degne del peggior nazismo, rispettivamente in Palestina, la Terra di Gesù, e nella “martoriata Ucraina”, come tante volte, fino all’ultimo, ha voluto definirla Papa Francesco.
Da questo punto di vista, quanto meno il premier israeliano ha avuto la dignità di sottrarsi all’effluvio di quei messaggi di cordoglio che suonano come un autentico schiaffo alla memoria del “Papa degli ultimi”, di quel “servo di Dio” che più d’ogni altro si è battuto, dando tutto se stesso, per far cessare i massacri di civili, bambini, ammalati, intere città, popolazioni.
Putin, al contrario, ha avuto l’ardire di inviare un telegramma in Vaticano (pubblicandolo anche sul sito del Cremlino). in cui ha definito Francesco «un grande difensore della giustizia e dell’umanità».
Quale giustizia, quale umanità, Heir Putin? Quella che ti induce anche durante le festività pasquali a bombardare chiese ed ospedali, sterminando famiglie inermi che non avevano alcuna colpa, né mai hanno fatto alcun male alla Russia? Quella che all’inizio del conflitto ti ha fatto letteralmente cancellare Mariupol, la città santa della Madonna, un tempo vanto di bellezza ed ora ridotta a un deserto popolato solo da cumuli di macerie? E’ questa la Giustizia che invochi ricordando Papa Francesco?
Le parole di Vladimir Putin per i credenti suonano oggi come autentiche bestemmie. Di quelle che meritano la più terribile delle scomuniche. Perché chi ha nel cuore gli insegnamenti di Papa Francesco, la sua lezione di vita lungo le strade del Vangelo, non può che inorridire dinanzi a messaggi come quello del premier russo.
I cattolici, quelli veri, il Papa appena volato in cielo lo celebrano con le opere, mettendo in pratica il suo messaggio nell’attività quotidiana, ciascuno attraverso la propria esperienza. Ne è testimonianza, ad esempio, quanto scrive alla Voce Roberto Dante Cogliandro, fondatore della Associazione Italiana Notai Cattolici. «Da quando Papa Francesco è salito al soglio pontificio, è sempre stata forte la tensione di noi notai e professionisti cattolici per seguire il suo appello, in particolare l’appello di professionisti “in uscita”, tra la gente, seguendo la Chiesa “in uscita”. Lo abbiamo fatto in occasione di una visita con l’Associazione dei notai cattolici, ricevuti presso la sala Pignatelli in Vaticano e anche quando, per due volte, il Papa è stato a Napoli».
«Proseguiremo l’esercizio della nostra professione – assicura il notaio Cogliandro – attuando progetti concreti, come quello dei notai in carcere e in parrocchia, con il sostegno a iniziative di solidarietà, cominciate al Teatro San Carlo con una raccolta fondi per l’Istituto Serafico di Assisi. Resteremo sempre e comunque in difesa dei soggetti più deboli, verso i quali abbiamo cercato di mostrarci come professionisti al servizio della comunità, nello spirito di Francesco».
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