Ricordate il caso del cardiochirurgo dei bambini, Carlo Marcelletti, finito in un baleno dagli altari alla polvere esattamente 15 anni fa e con ogni probabilità ‘suicidato’ perché a conoscenza di verità bollenti su pezzi da novanta della sanità siciliana?
Abbiamo riassunto in due parole. Un thriller mai risolto dalla solita Giustizia (sic) di ‘casa nostra’.
Che procede come un carro armato con paradossali archiviazioni, insabbiamenti & depistaggi: sulla pelle dei cittadini italiani, ormai privi d’un saldo punto di riferimento e alle prese con un ‘Sistema’ sempre più diseguale per tutti.
Italia del resto ridotta in macerie, fra cui troneggiano Buchi Neri & Misteri d’ogni risma. Eppure per vicende che hanno dilaniato e ferito a morte il paese: per fare solo due esempi su tutti, le esecuzioni di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino che hanno avviato il funerale della Giustizia nell’ex Belpaese.
LIBRI & THRILLER
Ma veniamo alle news su Marcelletti.
Perché è da poco uscito un libro ‘celebrativo’ sulla vita del cardiochirurgo, ‘Le Mani nel Cuore’, edito da ‘Vjdia’ e firmato dal giornalista Vincenzo Varagona, che è anche il presidente dell’UCSI, ossia l’Unione Cattolica Stampa Italiana. Nel volume sono contenute numerose testimonianze di pazienti, familiari, medici, ed anche personaggi pubblici i quali hanno conosciuto e apprezzato il medico che ha salvato centinaia di bambini, tra cui – per fare un paio di esempi – i giornalisti Concita De Gregorio e Paolo Guzzanti.
Fa capolino, nel volume, il ricordo di un altro reporter, Sandro Mangiaterra. Che lo ha conosciuto molto bene, tanto da firmare, nel 2008, un libro a 4 mani con il chirurgo, quel ‘Sulla vostra pelle’ che può essere una chiave per decodificare il giallo della tragica, improvvisa morte, a 60 anni neanche suonati.
Risaliamo a questo punto nel tempo per ricostruire la story, dove tra breve farà capolino il libro ‘fantasma’.
La carriera di Marcelletti va avanti a vele spiegate, e soprattutto a favore della vita di tanti piccoli pazienti e del sistema sanitario pubblico, fino al 2007. Quando – chissà perché – subisce un brusco stop. Una brutta inchiesta della procura di Palermo che punta i riflettori sul camice bianco, fino a quel momento del tutto immacolato, per lanciare una serie di accuse: truffa aggravata ai danni dello Stato, peculato, concussione: come neanche al Capone. E in rapida sequenza anche spazzata via la sua credibilità umana e professionale: per una serie di messaggini telefonici e foto con una minorenne. Insomma, il mostro da sbattere in prima pagina, il ‘personaggio’ da delegittimare, il Tortora di turno da impalare.
E fu subito galera. Poche settimane, ma ottime e abbondanti (in perfetto stile Di Pietro, ricordate il simbolo di Mani Pulite?) per picconare la credibilità di un uomo, di un medico, di uno che fino a quel momento aveva dato e speso la sua vita per gli altri, nell’utopia di un sistema sanitario (pubblico) a dimensione umana.
Ottenuta dal Tribunale del Riesame la libertà, ha però l’obbligo di firma. Si dimette da quell’Ospedale Civico di Palermo nel quale aveva lavorato negli ultimi due anni e che aveva cercato di portare all’eccellenza con un super attrezzato reparto di chirurgia pediatrica, suscitando invidie e, soprattutto, minando i ‘business’ di quei privati che fino a quel momento spadroneggiavano a Palermo (e non solo), in quel ramo (e non solo).
Fa la spola con le sue Marche, poi si trasferisce a Roma, dove a pochi amici confida di non volersi arrendere, di voler continuare a lottare e combattere per i valori in cui crede. Ed è così che vede la luce, in poche settimane di lavoro intensissimo, ‘Sulla vostra pelle’, un fortissimo j’accuse contro “La malasanità, le baronie accademiche, le truffe in camice bianco, lo sciacallaggio sulla pelle dei pazienti”, “Una diagnosi spietata sulla Casta della sanità in Italia”, “Dimostra come nel nostro Paese guarisce solo chi paga”, alcuni primissimi commenti. E la casa editrice, Piemme: “Il tempismo dell’inchiesta stupisce. Forse ha pestato i piedi a qualcuno di grosso?”.
Passiamo al mistero nel mistero.
Sì, perché il volume, 330 pagine, è co-firmato dal giornalista Mangiaterra, che risulta “ex inviato di Panorama, ex capo redazione al Venerdì di Repubblica, editorialista dei quotidiani veneti del Gruppo l’Espresso e collaboratore del Sole 24 Ore”, nonché esperto di “economia sociale e diritti dei consumatori”, quindi forse anche dei malati.
Fatto sta che Mangiaterra ‘disconosce’ in tempo reale quel libro. Non ne vuol sentir parlare. Arriva a negare solo collaborato alla stesura con Marcelletti. E giunge ad affermare di conoscerlo a malapena. Da autentico copione alla Hitchcock!
Non è certo finita qui. Perché del libro s’è praticamente persa ogni traccia. Secondo alcuni è uscito ed è poi subito stato ritirato dalle librerie, con ogni probabilità per il caso giudiziario in fase ‘eruttiva’; alla casa editrice ‘non ricordano più’. E adesso, se cercate via internet, troverete sporadiche indicazioni del titolo, degli autori, del numero di pagine e niente più: sparita, oscurata perfino la copertina! Davvero ai confini della realtà…
Eccoci al finale del thriller, sempre più degno del maestro Alfred.
Da un paio di mesi Marcelletti abita a Roma, ha appena finito il libro; e chi lo ha sentito 48 ore prima del ‘malore’ giura che aveva riacquisto forza e vigore, ed aveva ritrovato una gran voglia di lottare, sempre sul fronte di una salute pubblica per i più indifesi, soprattutto i bambini.
Ma ecco quel tragico 6 giugno 2008. Lo trovano per strada, accasciato, viene portato all’Ospedale San Carlo di Nancy della capitale. E’ agonizzante. Il suo cuore cessa di battere dopo un paio di ore, inutile ogni tentativo di rianimarlo.
Drastico il referto finale: “Morte per insufficienza cardiaca acuta e massiccia overdose di digitale”.
Il farmaco ‘per il cuore’ che però può risultare letale per lo stesso cuore se preso in eccesso, come meglio di chiunque sapeva Marcelletti. E anche chi gli ha ‘corretto’ l’ultima tazza di the.
Ma per la Procura di Roma tutto chiaro, tutto ok. Per questo la ‘pratica’ può essere archiviata e ‘tombata’ in tempo quasi reale.
Ad apporre il sigillo, avanzando la richiesta subito accolta dal gip, è il pm capitolino Elisabetta Ceniccola, che bolla: “Un atto adottato con consapevolezza e autonomia”.
Più chiari di così si muore…
BUCHI NERI DI CASA NOSTRA
Forse la chiave del giallo è racchiusa tra le pagine di quel j’accuse alla Kasta in camice bianco?
Ci poteva essere qualche pista da seguire e invece totalmente ‘dimenticata’?
Oppure in alcune cose ‘non scritte’ e che sarebbero potute comunque uscire, caso mai in un secondo momento? Forse per uno di questi motivi Marcelletti ‘Doveva morire’ (dal titolo del volume sulla tragica fine – mai chiarita dalla ‘giustizia’ – di Aldo Moro e firmato da Ferdinando Imposimato e Sandro Provvisionato proprio in quel 2008).
Giancarlo Siani
Da un libro bollente all’altro, il caso del chirurgo ‘suicidato’ ricorda non poco quello dell’assassinio del giovane reporter de ‘Il Mattino’ Giancarlo Siani: caso che si riaprì, a fine anni ’80, proprio per un’inchiesta della ‘Voce’. Alla fine del calvario giudiziario, comunque, sono stati trovati e condannati solo i killer, mentre i mandanti restano sempre ‘a volto coperto’. Il movente ufficiale di quell’omicidio fu ritenuto un articolo uscito sul quotidiano partenopeo a sua firma che avrebbe dato molto fastidio al clan Gionta di Torre Annunziata. Mentre il reale motivo – come hanno rivelato alla Voce il sociologo anticamorra Amato Lamberti e il docente di storia Alfonso Di Maio – erano le bozze finali di un libro che non ha mai visto la luce, su tutte le connection politica-camorra-imprese per i colossali appalti post terremoto ’80.
Un giallo tira l’altro, ed eccoci ad uno dei più colossali buchi neri della nostra storia giudiziaria, l’assassinio a Mogadiscio della giornalista Rai Ilaria Alpi e del cineoperatore Miran Hrovatin. Il ‘legame’ con il caso Marcelletti sta nel pm che ha chiesto l’archiviazione, di nuovo Elisabetta Ceniccola. Fu proprio lei, infatti, a volere chiudere una volta per tutte il caso, sostenuta a spada tratta dall’allora capo della Procura di Roma,
Giuseppe Pignatone, che dopo qualche mese, fresco di pensione, fu chiamato a presiedere il tribunale vaticano. Ma quella richiesta è ancora oggi tutta un mistero: perché il gip, Andrea Fanelli, non ha mai deciso niente, nonostante siano passati quasi tre anni. Ai confini della realtà.
Come paradossale l’intero, incredibile iter del giallo. Con una prima condanna definitiva per un giovane somalo che non c’entrava niente e che però ha scontato, da perfetto innocente, 16 anni (sedici!) di galera. Ed è uscito, dopo un processo bis a Perugia, solo grazie allo scoop dell’inviata di ‘Chi l’ha visto’ Chiara Cazzaniga, la quale riuscì a scovare a Londra l’uomo che con le sue false dichiarazioni (mai rese in tribunale) aveva ‘inchiodato’ il povero somalo del tutto estraneo ai fatti.
Quella sentenza perugina fu un perfetto assist per la riapertura del caso a Roma, contenendo tutte le tracce che ricostruivano le dirty connection, anche a base di traffici di armi e rifiuti super tossici con la Somalia. E invece? Il solito porto delle nebbie capitolino, dopo indagini a vanvera, non vide l’ora di archiviare la ‘pratica’ Alpi-Hrovatin….
E su un falso teste, anche stavolta costruito a tavolino in modo ‘scientifico’, ruota l’altro gigantesco buco nero scolpito a caratteri cubitali nella storia della IN-GIUSTIZIA che diventa kafkianamente LEGGE nel nostro disastrato e martoriato paese, popolato da misteri, connection, insabbiamenti & depistaggi. Proprio come quello andato in tragica scena per la strage di via D’Amelio dove vennero trucidati Paolo Borsellino e la sua scorta.
Incredibile ma vero, la prima sentenza, anche stavolta definitiva, era stata totalmente basata sulla verbalizzazione di un falso pentito, costruito a tavolino per sbattere in galera il mostro o i mostri: un gruppetto di mafiosetti di mezza tacca che non c’entravano anche stavolta niente e che si sono fatti 16 anni, anche loro, di galera. Fino a che il ‘pentito’ taroccato, Raffaele Scarantino, non ha vuotato il sacco e descritto per filo e per segno la ‘strategia del depistaggio’. Punto e a capo. Nei Borsellino ter e quater la verità non è mai venuta a galla. Beccati i poliziotti che hanno messo in campo la ‘sceneggiata’, ma i ‘mandanti’ mai. La famiglia Borsellino non avrà mai Giustizia, quella autentica. I depistatori vivranno sempre felici e contenti.
Finiamo con una botta di sport, che però non ci tira certo su il morale.
Sono trascorsi 21 anni esatti da quando venne ‘suicidato’ il nostro più grande campione di ciclismo, Marco Pantani, finito con una overdose il 14 febbraio 2004 al residence ‘Le Rose’ di Rimini. Anche in questo caso processi & archiviazioni a go go, insabbiamenti & depistaggi d’ogni sorta, la verità ad un passo eppure totalmente, incredibilmente ignorata. Una story che la Voce ha seguito per anni, e documentato tappa per tappa. Da quella di Madonna di Campiglio dove venne organizzata dalla camorra la manomissione dei campioni di urina (come è successo nel caso Schwazer, altro buco nero) affinchè il ‘Pirata’ non potesse concludere il Giro d’Italia: proprio perché i boss dei clan avevano scommesso palate di euro contro. Lo raccontò ai giudici una quindicina d’anni fa Renato Vallanzasca, e nessuno se ne fregò. Vennero interrogati pentiti dei clan che confermarono e fornirono dettagli: niente. Tutto archiviato.
E la ciliegina, beffarda, sulla torta solo qualche mese fa: la procura di Trento riapre il caso proprio per via di quella famigerata tappa a Madonna di Campiglio e la verbalizzazione all’Antimafia di un ex pusher della camorra. I tempi sono stretti, perché la prescrizione è in agguato.
La Voce invia una mail ai pm che indagano e al vertice di quella procura, allegando una serie di inchieste. Neanche una risposta. E’ l’ultimo schiaffo alla memoria del ‘Pirata’. E un calcio, ancora, a quel poco che resta della ‘Giustizia’…
Per rileggere articoli e inchieste della Voce sui personaggi citati, basta andare alla casella CERCA che si trova in alto a destra della nostra home page e digitare nomi e cognomi, da ILARIA ALPI aELISABETTA CENICCOLA, a PAOLO BORSELLINO, GINCARLO SIANI, MARCO PANTANI e via di questo passo. Ne ritroverete a dozzine.
Ecco, a seguire, un paio di pezzi pubblicati dalla Voce sul caso Marcelletti.
Di dieci anni fa, messo in rete il 27 ottobre 2015,
MAFIA, POLITICA & SANITA’ IN SICILIA / CHI HA UCCISO CARLO MARCELLETTI ?
E del 29 maggio 2018
GIALLO MARCELLETTI / ARRESTO CARDIACO DI STAMPO MAFIOSO
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