SOS per il mondo del calcio, già colpito dal caso di Edoardo Bove: i colpi di testa possono provocare danni cerebrali e aumentare in modo sensibile la probabilità di morire a causa di malattie neurodegenerative.
A far scattare l’allarme è uno studio – ripreso il 10 dicembre da ‘Il Fatto quotidiano’ – condotto da un autorevole scienziato scozzese, Willie Stewart, a capo di una equipe dell’Università di Glasgow impegnata sul fronte di quelle patologie. Così autodescrive la propria attività: “We are engaged in studies investigating biology and pathology of Traumatic Brain Injuries (TBI), head impact & neurological desorders”, ossia “Siamo occupati in studi che indagano la biologia e la patologia di danni traumatici cerebrali, impatti alla testa e disordini neurologici”. Stewart insegna anche alla prestigiosa ‘University of Pennsylvania’.
L’allarme è cominciato qualche mese fa. Ma sul versante del football a stelle e strisce, sotto il ‘ferreo’ (sic) controllo della ‘National Football League’ statunitense. Ecco alcuni titoli.
Il sito ‘Diritto alla Salute’ del 1 ottobre: “Encefalopatia traumatica cronica (CTE) tra gli ex giocatori della NFL”. E l’incipit: “Un recente studio condotto su quasi 2000 giocatori della NFL americana ha rivelato che circa un terzo di loro crede di soffrire di Encefalopatia traumatica cronica, una condizione neuropatologica legata a traumi cronici ripetuti. Questo disturbo, purtroppo, può essere diagnosticato solo attraverso un esame post mortem del cervello. La ricerca è stata realizzata da un team di esperti del Mass General Brigham e dall’Università di Harvard”.
29 settembre, ‘il Corriere della Sera’: “Encefalopatia traumatica cronica: più a rischio suicidio il 25 per cento di ex giocatori di football americano. La CTE è causata da ripetuti colpi alla testa e può essere diagnosticata solo post mortem. 1 ex atleta su 3 della NFL americana ritiene di soffrire della malattia”.
13 settembre, ‘la Repubblica’: “NFL, panico per Tua Togovailoa: nuovo trauma alla testa e carriera a rischio. L’appello degli ex giocatori: ‘Salute a rischio, basta, ora si ritiri’”.
Sorgono spontanee subito alcune domande alte come un grattacielo.
Come mai, improvvisamente, un allarme del genere?
Perché non è successo niente di niente negli ultimi 10-15 anni, quando le conoscenze scientifiche su quei traumi erano già ben note?
E quando erano usciti perfino dei film sul tragico tema, addirittura una decina tra cui ‘Concussion’ con un protagonista del calibro di Will Smith?
Come mai – incredibile ma vero – niente si è mai mosso nel mondo, altrettanto violento e ‘traumatico’, della boxe e di esibizioni olimpiche ben più violente, con tanto di calci alla testa, roba da foresta, con tutto il rispetto delle certo più civili ed umane ‘belve’?
Attraverso il film ‘Concussion’ vediamo di capire meglio come e quanto la patologia sia stranota da anni e mai, del tutto colpevolmente, si sia fatto niente per fermarla o quanto meno arginarla. Niente di niente, atleti praticamente dati in pasto alle… belve come nell’antico Colosseo. O, in tempi più recenti, come in un film cult, ‘Rollerball’.
‘Concussion’ significa, letteralmente, ‘commozione cerebrale’. La pellicola in Italia è stata titolata ‘Zona d’ombra’. E’ uscita negli Usa quasi 10 anni fa, nel 2015, e ha fatto seguito a diversi altri film sul tema, come ad esempio ‘Game Time Decision’ e ‘League of Denial’.
Tra i produttori spicca il nome del grande regista Ridley Scott, il quale rimase all’epoca molto colpito dagli studi portati avanti dal dottor Bennett Omalu, un immigrato che con giganteschi sforzi diventò medico legale e anatomopatologo. Omalu seguì con grande sensibilità e impegno scientifico i casi di due ex stelle del football statunitense, Junior Seau e Dave Duerson, che si tolsero la vita dopo anni di sofferenza.
Il regista, Peter Landersman, basò la sua sceneggiatura su un reportage pubblicato addirittura nel 2009 dal magazine ‘GQ’, titolato ‘Game Brain’ e firmato da Jeanne Marie Laskas, giornalista, scrittrice a fondatrice del ‘Centro per la Creatività’ all’Università di Pittsburgh.
Un film stupendo e drammatico al tempo stesso, dal quale emerge con estrema chiarezza la impari lotta di Omalu contro un Potere così forte come quello rappresentato, negli Usa, dalla ‘National Football League’, un autentico Moloch, ovviamente per via degli interessi arci-miliardari che ruotano interno al ‘calcio’ a stelle e strisce. Dove la vita degli atleti conta come il 2 di briscola, carne da macello per il famelico circo sportivo-mediatico. Non pochi diventato delle star super acclamate: ma per tanti, troppi, i danni cerebrali sono indelebili.
C’è ancora da chiedersi: come fa ancora a non cambiare quel mondo assassino e corrotto?
Come fa la gente, in quale modo riescono gli ‘sportivi’ a chiudere gli occhi davanti alle evidenze che sono ormai emerse da anni?
Per fortuna che da noi ci accorgiamo ora dei colpi di testa nei campi di calcio….
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