EROI O SICARI?

Papa Francesco, di ritorno da un viaggio pastorale in Belgio ha rivolto, in un’intervista, parole pesanti come il piombo ai medici che applicano la legge 194. “L’aborto – ha detto – è un omicidio e i medici che lo praticano sono sicari, hanno la facoltà di avvalersi dell’obiezione di coscienza. Praticare aborti è quindi una loro libera scelta personale”. In realtà è un dovere che deriva dal loro lavoro, i medici salvano vite.  E questo, soprattutto, se lavorano nel servizio pubblico perché non lo fanno in uno squallido studio privato o in un luogo ancor più triste. Le donne quando decidono di interrompere una gravidanza non voluta grazie, a quelli che non si mascherano dietro l’”obiezione di coscienza”, possono farlo liberamente e possono farlo perché è diventato un loro diritto. Papa Francesco, quando ha rilasciato quell’intervista tornava da Bruxelles dove era andato per scusarsi l’ennesima volta per gli abusi dal clero su minori. Un tipo di violenza, quella sì, di straordinaria gravità per cui papa Francesco ha chiesto perdono per l’ennesima volta pubblicamente, sempre con grande umiltà.

Ma quell’offesa collettiva, quel terribile “sicari” rivolto ai medici, no. Quei medici non lo meritano. Con il loro lavoro impediscono a centinaia di donne in difficoltà di rivolgersi a “mammane” o a persone non qualificate, per sottoporsi ad un aborto per interrompere una gravidanza non voluta, molte volte frutto di violenza. Certo potevano far nascere ugualmente il bambino e poi darlo in affido, la legge lo consente. Ma la vergogna, la paura o la rabbia non sempre facilitano questi gesti.

Francesco di mestiere fa il papa e le sue parole sono coerenti e ampiamente giustificate dal dovere morale di difendere ad oltranza ogni vita umana. Ma tutti quelli che rilanciano pedissequamente le parole del papa no, troppe volte sono in malafede. Vorremmo ricordare a costoro, che l’aborto in Italia è disciplinato da una legge dello stato, la 194, e che è stato confermato da un referendum popolare. Per un medico praticarlo è un preciso dovere, come lo è assistere quelle donne e garantire loro sicurezza e una corretta gestione di una procedura così delicata. L’aborto è una decisione dolorosa e mai lieve per chi lo pratica. Perché a questo, senza i medici, bisogna aggiungere il rischio di morte per malpractis. E non dovrebbe essere consentito a nessuno di parlare di “colpa”, né invocare “punizioni divine”, come fanno i militanti pro-vita, perché siamo di fronte a una scelta legittima. Definire i medici sicari non è né giusto né generoso, né tantomeno corretto sia se rivolto ai medici, sia se rivolto alle donne che lo richiedono. I professionisti che prestano la loro opera nel servizio pubblico sono gli stessi che garantiscono le necessarie cure a tutti i pazienti in difficoltà, che hanno affrontato con coraggio i rischi della pandemia, che garantiscono il funzionamento dei pronto soccorso ospedalieri giorno e notte. La sofferenza umana richiede rispetto, sempre, ma anche capacità di comprensione. “Sicario” sarebbe semmai più appropriato definire chi uccide la sanità pubblica, chi lucra le risorse destinate al suo buon funzionamento, a sostenere i turni massacranti di medici e infermieri. Sono gli stessi operatori che un tempo non lontano erano stati definiti “eroi” dallo stesso papa. Ma che oggi, finito il rischio pandemico e dimenticata quella grande paura, sono stati dimenticati, aggrediti e picchiati per responsabilità organizzative non certo a loro imputabili.

Ci sarebbe piaciuto che questo grande papa, in genere attento e solidale con chi si impegna per chi soffre, non li avesse dimenticati e avesse denunciato piuttosto i continui scippi di risorse alla sanità pubblica, quelle ruberie fatte per interesse privato. Chi lavora per sostituire alla sanità pubblica gratuita e universale, quella privata classista, onerosa e negata ai meno abbienti. La sanità pubblica funziona ancora dignitosamente, quella privata solo per coloro che possono permettersela. Dov’è finito il senso della solidarietà cristiana?

Siamo consapevoli che l’aborto non risolve il problema e che dovrebbe considerarsi sempre un’ultima spiaggia. Ma proprio per questo motivo le donne che non vedono alternative vanno sempre sostenute e aiutate, non certo criminalizzate.

 

 

RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO

Gent. Direttore,
mi permetta di esprimere il mio disappunto per quanto ho letto
nell’articolo da Lei pubblicato a firma di Walter Di Munzio,
https://www.lavocedellevoci.it/2024/10/10/eroi-o-sicari/
il quale si avventura in considerazioni che lo mettono in
contraddizione con se stesso e le sue dichiarazioni.

Egli infatti apre affermando che il Papa ha usato “parole pesanti come
il piombo” nei confronti dei medici che praticano l’aborto.

Lo fa cercando di spostare l’attenzione su argomenti che nulla hanno a
che fare con quello in questione.
Cita gli abusi sui minori, tira in ballo la pandemia, le aggressioni ai
sanitari negli ospedali, chi lucra sulla sanità pubblica, sulle ruberie
per interessi privati.

Poi si lancia in un’accusa non certo leggera, verso chi sostiene e
condivide le parole del Santo Padre, sostenendo che sono in malafede.

In buona, sostanza, lui può permettersi di esprimere giudizi mentre il
Papa, in quanto Papa, no per tutta quella serie di imbarazzanti
giustificazioni sopra citate, indegne di un giornalista.

Noi di Prolife Insieme non ci facciamo certo intimorire da queste accuse
che denotano in primis la mancanza di argomenti validi a sostenere le
proprie idee.

Non si può, nella nostra epoca, parlare ancora di mammane, di aborti
clandestini, di pericoli per le donne. E non si può continuare a
difendere il diritto all’aborto perché “frutto di violenza”.

La verità è che oggi si vive una libertà sessuale che mette davanti il
diritto di autodeterminazione della donna ingannando soprattutto le
ragazze che per la maggior parte non hanno chiaro cosa sia un aborto.

Dal primo attimo del concepimento si sprigiona un’energia che è vita e
nel corso di tutta la gestazione procede nel suo sviluppo. Interromperla
è un atto criminale.

I medici hanno il dovere di difendere la vita sempre, dal suo
concepimento alla morte naturale e soprattutto hanno il diritto di agire
secondo coscienza senza che nessuna legge li obblighi a diventare
assassini.

I movimenti per la vita non sono in malafede. Cercano di difendere un
individuo indifeso portatore da subito di tutti gli stessi diritti
rivendicati da chi vuole decidere se possa vivere o no.

 

Per Prolife Insieme
Diana Barigelletti

 

 

LA REPLICA DI WALTER DI MUNZIO

 

Gent.le dr.ssa Barigelletti,

Leggo da internet che è una collega giornalista, conduttrice di Radio Maria, ma anche che è parte di una Partito Politico “Democrazia e Sussidiarietà” di cui è agevole intuire sia il programma che le intenzioni. Mi spiace per aver causato il suo disappunto e per la prevedibile intolleranza che probabilmente nutre nei confronti di chi la pensa in modo diverso. Non rispondo alle argomentazioni, legittime per carità, con le quali tenta di smontare le mie argomentazioni sull’aborto. Ma, non me ne voglia, non credo potrà mai convincermi, come certamente io non potrò farle cambiare idea. Penso che la contraddizione vera sia tra chi aspira a vivere in uno stato confessionale e chi vive orgogliosamente in uno stato laico. Le polemiche su questi temi sono assolutamente inutili e senza possibilità di trovare un benché minimo punto di contatto. Come ho scritto nel mio articolo le ribadisco solo due concetti che ritengo essenziali:

  1. Ammiro profondamente e sinceramente Papa Francesco e soprattutto il gran lavoro che sta facendo per eliminare alcune discutibili tendenze di una minoranza del suo clero. Per il quale è costretto a scusarsi pubblicamente e, purtroppo, vanamente. Come sono consapevole che gran parte della Chiesa sia giustamente schierata su posizioni molto condivisibili, anche dalla componente laica del nostro paese, soprattutto quando si parla di guerre, ruberie, malapolitica e di tutto quanto va chiaramente contro la morale comune. Ma sul suo generico giudizio sui medici sbaglia, proprio per quanto ho detto in premessa sullo stato laico. Capisco anche che il papa debba necessariamente difendere la vita ma non dovrebbe mai intervenire nella legislazione di uno stato laico che ha il diritto-dovere di legiferare secondo il sentimento della maggiorana del popolo, che è sovrano.
  2. Quando ho usato la parola malafede, non intendevo offendere chicchessia. Ma sottolineare una doppia “consapevole ipocrisia”. Le associazioni pro-life pretendono da un lato di partecipare strutturalmente al lavoro dei consultori per far sentire una registrazione del battito cardiaco del feto ad una madre che chiede di abortire. D’altro lato le stesse associazioni fingono di non capire che riproporre il divieto di aborto otterrà solo il risultato di spingere nuovamente nella clandestinità quelle donne che decidono di abortire, mettendo nuovamente a rischio le loro vite. È questo il motivo per cui i paesi civili hanno tutti adottato una legge per regolamentare l’aborto. Perché colpevolizzare chi ha deciso liberamente di sottoporsi alla interruzione di una gravidanza che non vuole o che non può sostenere emotivamente? Tra l’altro ci sono già gli operatori dei consultori che assolvono al compito di illustrare a quelle donne tutte le alternative esistenti che possono consentire di portare a termine una gravidanza, lasciando poi alle strutture sociali dello Stato il compito di accogliere e trovare una sistemazione al nascituro. Questo le donne lo sanno. Ma nessuno ha il diritto di criminalizzarle.

Questo è quanto. Per tutto il resto rimarremo sempre di opinione diversa.

Walter Di Munzio


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