Giornalismo turbolento

Di qui non si scappa: importanti quotidiani, ma non meno quelli poco paludati e influenti, i network televisivi, le emittenti locali, sono il bottino  di giganti dell’industria o dei potenti della politica, con testate di partito. L’Italia, analizzato il determinante accaparramento che caratterizza l’assetto del media system, non lo smentisce. L’osservazione ha vissuto un tempo significativo di attualità con la transazione per nulla indolore del quotidiano ‘la Repubblica’ al gruppo editoriale Gedi, potente agglomerato di testate nazionali e locali, pari all’impero realizzato da Berlusconi con Mediaset, il Giornale altre testate, il colosso Mondadori e l’arcipelago di emittenti regionali, assoggettate con l’offerta di remunerativi pacchetti pubblicitari a loro dirottati. Un terzo polo si deve all’intraprendenza e a risorse non totalmente note di Cairo: ‘Corriere della Sera’, (comproprietario) settimanali popolari, ‘la 7’.

È ancora work in progress, ma cresce a vista d’occhio, il polo televisivo di Canale 9, proprietà del colosso Warner Bros, Discovery Italia, divisione del gruppo Warner Bros, dove sono già emigrate star del giornalismo in fuga dalla Rai. Perché discuterne proprio ora: la ragione è nell’assenza ieri e oggi nelle edicole, “la Repubblica”.  Mesi fa, valutato l’effetto collaterale della vendita di De Benedetti agli Agnelli (Fiat, gruppo Gedi) e in sofferenza per la nuova linea editoriale del giornale, la redazione ha scioperato e contestato il direttore con una mozione di sfiducia. Ora due giorni di astensione dal lavoro dei redattori. In un comunicato manifestano la ferma contestazione delle “gravi ingerenze nell’attività giornalistica da parte dell’editore, delle aziende a lui riconducibili (leggi Fiat, ndr) e di altri soggetti privati in occasione dell’evento Italian Tech Week. Da tempo denunciamo tentativi di piegare colleghe e colleghi a pratiche lontane da una corretta deontologia e dall’osservanza del contratto nazionale”. Nel comunicato, la redazione si rivolge direttamente all’editore John Elkan perché abbia rispetto della dignità di professionisti e della storica testata. Chiude il dialogo con i lettori: “Questa redazione non ha mai venduto l’anima: E non sarà mai disposta a farlo.”

Nessun dubbio, il comandante in campo della Rai è ancora saldamente preda di Fratelli d’Italia. Eletto presidente Giampoalo Rossi, già un uomo di fiducia della Meloni nel ruolo di direttore generale. E si frantuma il traballante ‘campo largo’ dell’opposizione. Il Pd non partecipa al voto, Conte sì e verdi-sinistra sì.

Succede che ‘Il Fatto Quotidiano’ pubblichi la vignetta di Mannelli che mette in satira quello che pensa tre quarti dell’umanità di Netanyau. Lo disegna con la ‘kippab’ piccolo copricapo rotondo degli ebrei, ndr) e la didascalia “L’ebreo (ab) errante”. Giuliano Ferrara (Il Foglio) insorge e definisce Travaglio, direttore del “Fatto’ “fascista di destra”, il suo giornale un “fogliaccio”, le vignette “da terzo Reich”.  Travaglio, risposta al vetriolo: “Spiegare le vignette a chi non le capisce è inutile. Mi spiace che Ferrara non prenda più soldi dalla Cia per fare la spia, altrimenti gliele spiegherebbero i suoi amici americani”. Colpi di fioretto? No, sciabolate.


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