È finita sotto le manganellate dei celerini una manifestazione pacifica di studenti medi indetta contro la strage dei palestinesi e contro tutte le guerre. È meglio precisarlo subito: non pensiamo che tutti i celerini siano violenti, anzi sappiamo che molti tra loro rispettano il loro mandato costituzionale e si adoperano per garantire il rispetto delle regole e il buon funzionamento della democrazia. Ma questi no. Questi hanno aggredito senza pietà una manifestazione di studenti in prevalenza minorenni e, probabilmente, della stessa età dei loro figli. Manifestavano a Pisa per la pace in Palestina e contro le orrende stragi di civili a Gaza e non sono né violenti né tantomeno possono essere definiti filoterroristi, come qualcuno ha in malafede detto. Se fosse questo il metro di giudizio allora sarebbe così definibile anche papa Francesco che da tempo invoca le stesse richieste ai potenti del mondo.
Quella di Pisa è stata una manifestazione pacifica dal forte portato ideale. Le foto proposte dalla stampa e dai social mostrano studenti con visi insanguinati, poliziotti che picchiano con espressioni feroci e tanti manganelli al vento nel gesto di colpire. I giovani hanno in molti le mani alzate o raccolte sulla testa a difesa del capo. Sono immagini inaccettabili, che ricordano tanto gli attacchi squadristi di altri tempi, anche perché si vedono volti tumefatti e dita fratturate dalle manganellate. Abbiamo provato una pulsione di rabbia e un desiderio di condannare. Il giorno dopo (quasi) tutti i politici hanno preso pubblicamente le distanze dai fatti, soprattutto dopo la netta presa di posizione di condanna espressa dal Presidente della Repubblica, che ha parlato con una determinazione che in pochissime altre occasioni aveva così chiaramente manifestato.
Tutti i responsabili istituzionali si sono affrettati a dichiarare “prenderemo provvedimenti …. garantiamo che i responsabili saranno puniti”.
Ma poi chi ha individuato i responsabili? Nessuno è andato oltre. D’altronde non era possibile, nonostante l’evidenza di alcune foto scattate ed ai primi piani pubblicati. Sarebbe stato semplice se fossero stati accolti i ripetuti inviti della sinistra di far imprimere sui caschi dei celerini, in assetto antisommossa, anche gli identificativi degli agenti e dotare gli stessi di Body Cam, oltre che di scudi e manganelli, come avviene in tanti altri paesi civili. Sarebbe stata una garanzia anche per gli stessi agenti per distinguere chi si rende protagonista di abusi dalla maggioranza che si comporta correttamente.
Un’inchiesta aperta dalla procura pisana risulta ancora senza indagati, salvo cinque giovani paradossalmente rinviati a giudizio per violenze e aggressione ad agenti … ma erano a mani nude e con la testa rotta.
Cosa sta accadendo alle nostre forze dell’ordine? Sentono l’odore del sangue, si adeguano al richiamo dei tempi? Erano di fronte a manifestanti pacifici che volevano esprimere la loro opposizione a guerre e massacri di civili inermi. Esprimevano il loro diritto alla libera manifestazione delle proprie idee, proprio come consente la nostra Costituzione. Atteggiamento peraltro auspicato da tutti i partiti, ma a volte con ipocrisia. In realtà non tutti perseguono i loro auspici, preferiscono continuare la prassi dei due pesi e due misure. Consentono da un lato a un esercito di trattori di bloccare per giorni e giorni caselli, autostrade e intere città, li scortano fino ai palazzi del potere per consentire loro di manifestare le loro giuste istanze contro governo e istituzioni europee; di contro picchiano giovani studenti disarmati che manifestano per la pace e la giustizia. E lo fanno adducendo come motivazione la mancanza di qualche autorizzazione? E perché non hanno provato a interloquire pacificamente con i quei manifestanti e cercare di capirne le motivazioni? Sarebbe stato allora sì un comportarsi da tutori dell’ordine di un civile paese democratico, invece di agire come cinici robocop senz’anima e senza cervello. Siamo certi che non hanno ricevuto alcun ordine di “fermare con ogni mezzo” quei manifestanti, ma lo hanno fatto. Qualcuno è arrivato a tirare in ballo il termine “terrorista” per etichettare chi protesta. Perché? Non vorrei significasse che “disturbare il manovratore (o manovratrice) non sarà più consentito”.
Ma non è stata la prima volta. La stessa mano pesante è già stata utilizzata contro altri giovani davanti alla sede della RAI, quando questi contestavano l’indegna disinformazione praticata dall’azienda pubblica, oggi interamente occupata dalla destra di governo.
Il dissenso sembra quasi essere diventato una forma di attentato all’ordine pubblico. E che senso hanno le parole di un vicepresidente del consiglio che arringa ispirato “giù le mani dagli uomini e dalle donne delle forze dell’ordine”, come se qualcuno volesse aggredirle. Tale richiesta andrebbe semmai rivolta a chi governa e pensa di piegare il dissenso con la forza.
L’inchiesta della procura pisana indaga al momento su 19 persone, tra agenti commissari e il dirigente della Questura. Il capo della procura sta esaminando tutto il materiale ricevuto da polizia e carabinieri. Ma questi ultimi non hanno ancora ricevuto una delega formale a condurre indagini, hanno solo doverosamente trasmesso le immagini ricavate dalle telecamere presenti in città.
A Pisa sono stati feriti 13 studenti, di cui 10 minorenni, e alcuni poliziotti. I primi perché picchiati i secondi per le offese e le spinte ricevute. Solo i primi sono stati indagati.
Difficilmente la catena di comando era estesa oltre i due funzionari presenti in piazza, perché durante queste manifestazioni non si aspettano ordini “dall’alto”. Decide chi è in servizio accanto agli agenti in assetto antisommossa. Sempre che, ovviamente, non dovesse emergere che a Pisa le cose siano andate diversamente.
La carica pare che sia stata ordinata per impedire al corteo di raggiungere un cimitero ebraico, ritenuto “punto sensibile” nel corso di un corteo pro-Palestina. Il corteo era considerato non autorizzato solo perché quei siti non erano esplicitamente indicati nel percorso. Lo ha ribadito, nella sua informativa al Consiglio dei ministri, il titolare del Viminale Matteo Piantedosi.
Intanto, mentre l’inchiesta va avanti, i ragazzi continuano a protestare in molte altre città chiedendo “giustizia e verità” sui fatti di Pisa. Così ha fatto una giovane studentessa, Camilla Diurno, che si è incatenata davanti alla prefettura di Pisa chiedendo un colloquio con la prefetta Maria Luisa D’Alessandro.
“L’incontro c’è stato e la prefetta ha garantito a me e agli altri manifestanti che mi hanno accompagnata in delegazione che si farà portavoce delle nostre istanze presso il ministero dell’Interno – ha poi raccontato Camilla ai giornalisti presenti – abbiamo chiesto di far luce sulle inaudite aggressioni subite. Io ero lì e posso testimoniare che la polizia ci ha attaccato in modo assurdo e violento. Abbiamo anche ribadito la necessità che sui caschi degli agenti sia visibile il numero identificativo per poterli riconoscere. Episodi come quelli di Pisa e di Firenze non si dovranno ripetere…”.
Ma ciò che più ci ha positivamente impressionato è stata la dichiarazione del segretario dell’associazione nazionale funzionari di polizia, Enzo Letizia, quando ha detto “… l’obbligo del preavviso è uno strumento imprescindibile per incanalare lo svolgimento di una manifestazione che, come dice la Costituzione, deve essere pacifica. Ma noi non intendiamo sottrarci alle nostre responsabilità. Per il bene di tutti e per tornare ad un clima di serenità è necessario tornare a dialogare. Lo dimostrano le oltre mille manifestazioni svoltesi pacificamente e non per merito solo nostro ma, anche e soprattutto, per merito di promotori dialoganti”.
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