Sei milioni o trentamila, dov’è la differenza?

Dizionario Treccani: Genocidio, sistematica distruzione di una popolazione, una stirpe,  una razza o una comunità religiosa. L’Assemblea generale dell’ONU ha adottato una convenzione che stabilisce la punizione del genocidio commesso sia in tempo di guerra sia nei periodi di pace e lo qualifica come uccisione di membri di un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso; lesioni gravi all’integrità fisica o mentale di membri del gruppo; sottomissione del gruppo a condizioni di esistenza che ne comportino la distruzione fisica, totale o parziale.

La domanda super partes: “È quanto accade nella striscia di Gaza?” La risposta: “Sì” ed è evidenza incontestabile, documentata dagli inviati di guerra con racconti e immagini inequivocabili, certificata dalle frequenti minacce di Netanyau, dal suo criminale obiettivo di cancellare la Palestina. Per farlo, finora sono trentamila, forse di più, i civili uccisi, innumerevoli le case, le scuole, gli ospedali ridotti in macerie, i superstiti privati di case, medicinali, cibo, acqua, impediti a trovare scampo, ammassati nella lingua di terra prossima al mare in una tendopoli  da quarto mondo, i blocchi degli aiuti umanitari ed è dittatoriale il “no” al riconoscimento di due popoli-due Stati, indegna ambiguità degli Stati Uniti che contemporaneamente accusano Israele di crimini di guerra e continuano a fornire armi a Netanyau. Sorprende e sconcerta che un esponente autorevole, stimato, impegni il suo talento di editorialista per convincere i lettori d Repubblica che non è consentito usare per Gaza la parola ‘genocidio’ per “definire la reazione di Israele al progrom di Hamas”, (violenta azione persecutoria nei confronti di una minoranza etnica o religiosa) che di fatto corrisponde allo sterminio del popolo palestinese di Gaza. Per sostenere la contraddizione, Luigi Manconi ricorre a una dissertazione semantica: sostiene che per genocidio si intende la distruzione parziale o totale di un gruppo etnico, religioso o nazionale nel caso in cui vi sia l’intenzione di annientare quel gruppo in quanto tale (appunto! ndr) e cita Flores, l’affermazione che il genocidio non è la conseguenza di una volontà di conquista  o di una sopraffazione di potere, bensì la volontà pianificata di far scomparire dall’umanità quel gruppo particolare (appunto! nNdr). Si chiede Manconi: “La carneficina in atto a Gaza, il numero crescente di bambini morti per denutrizione, il blocco dei soccorsi e delle cure mediche (i trentamila civili uccisi, ndr) configurano il delitto di genocidio? Continuo a pensare di no, anche se si tratta di fatti inequivocabilmente infami e moralmente ripugnanti”.  Il ragionamento come definirlo, sofisticato: “L’Azione dell’esercito israeliano nei confronti dei palestinesi non richiama, forse, una politica genocidiaria?  Forse, ma resta un’altra cosa perché si tratta appunto di una reazione al pogrom del 7 ottobre e più in generale a una guerra in corso da tre quarti di secolo (e no, al permanente obiettivo israeliano di disconoscere il diritto palestinese di esistere! ndr). Parlare di genocidio attenuerebbe la dismisura incalcolabile della Shoa e ne relativizzerebbe l’immane unicità”. Ecco svelato il perché della ritrosia a definire genocidio la tragedia di Gaza: è il timore di un ribaltamento dei ruoli che “rappresenterebbe per Israele il più rovinoso contrappasso: le vittime si sono fatte carnefici”.

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