DRAMMATICA INFANZIA

Il caso del piccolo Mattia, sradicato dalla tutela protettiva della famiglia, richiama per vie, certamente molto trasversali, la grande e irrisolta questione dell’infanzia vittima della cinica indifferenza del mondo.  Al suo estremo la tragedia di genocidi impuniti. Muore un bambino ogni pochi secondi e potrebbe essere salvato da fame e malattie solo che si destinasse una quota molto marginale delle ricchezze alla loro salvezza. Orrenda statistica. Decine di migliaia di bambini uccisi dalle bombe in questa maledetta stagione di guerre, in Ucraina, in Israele, in Palestina. I tremendi corollari di queste violenze: bambini sottrarti alle famiglie e deportati in Russia, bambini amputati senza anestesia nella striscia di Gaza, il dramma, dell’ignobile sfruttamento di piccoli schiavi in lavori massacranti, ma sovrasta ogni altra ragione di denuncia il loro disumano sradicamento dalla famiglia, da padri e madri. La denuncia è l’esito di rabbia esasperata, purtroppo  insoddisfatta e introduce il caso di Mattia, non estremo se posto in parallelo con la strage degli innocenti, ma paradigmatico se si analizza la dipendenza di questo vulnus dall’ottusità di chi lo ha strappato alla famiglia, alla madre. Matteo, otto anni, ischitano, soffre per una patologia genetica (favismo), anomalia genetica che richiede rigorosa prevenzione e accurata selezione di farmaci e alimenti da assumere per impedire la distruzione dei globuli rossi. Il compito di osservare questa fondamentale decisiva cautela, come si può intuire, sarebbe assicurato al meglio da chi vive con lui, dalla madre. Ma il ‘sistema’ ha un’altra opinione e sottrae Matteo alla famiglia in modalità coattiva, lo sradica dall’abitazione di Lacco Ameno (isola d’Ischia), lo affida a una comunità protetta. Udi, Arcidonna, Donne Insieme, Salute donna, contestano la separazione di Matteo dalla madre, ritengono che il distacco fortemente emotivo dalla famiglia provochi un forte stress, pericoloso per la patologia descritta e si appellano ai diritti del bambino garantiti dalla convenzione di Lanzarote, dall’Esercizio dei diritti dei bambini di Strasburgo, dei diritti del fanciullo di New York). L’appello a Schillaci, ministro della salute; a Roccella, ministra per la famiglia, alla Presidente della Commissione femminicidio Martina Semenzato, al Commissario alla Sanità della regione Campania, al Garante dell’infanzia nazionale e regionale, alla senatrice Valeria Valente, al Sindaco di Lacco Ameno. Si chiede che il bambino sia restituito alla famiglia e sia accertato il danno subito per il trauma della separazione. Sentenzia, inascoltata, la Cassazione: “Togliere i bambini con l’uso della forza dai propri contesti non appare misura conforme ai principi dello Stato di diritto”. Sconcerta che non abbia riscontro l’interrogazione della senatrice Valente e non meno il silenzio dei media[S1] . Ignorato anche il parere della psicologa che ha seguito per due anni il bambino e ha scritto che togliere la madre al minore è un dramma. Matteo chiede di tornare a casa e un video testimonia la sua condizione traumatica. In un video, al momento del prelievo forzoso, urla, grida e pianti.


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