L’assassinio infame di Giulia Cecchettin ha commosso e coinvolto emotivamente l’intero paese. Ma forse hanno ancor più colpito la compostezza del papà Gino e la forza esplosiva della sorella Elena, che hanno saputo usare parole molto intelligenti. Parole che hanno aperto squarci di consapevolezza in quel buoio di rabbia e di dolore a cui potevano tranquillamente lasciarsi andare in simili momenti. Tutto ciò confligge nettamente con la stupidità e la violenza gratuita degli insulti che hanno dovuto subire via internet. Si è associato a questa indegna aggressione persino un consigliere regionale, tal Stefano Valdegamberi che, forse in cerca di un po’ di notorietà, ha scritto un post veramente indegno nel quale attacca Elena, Gino e la stessa Giulia, al punto da costringere il presidente leghista Luca Zaia, nelle cui liste era stato eletto, a prendere le distanze e schierarsi decisamente al fianco della famiglia Cecchettin. La morte di Giulia ha scatenato polemiche ma ha anche sortito proposte utili e tanta solidarietà. Tra le proposte colpisce quella di introdurre nelle scuole una nuova materia obbligatoria, definita “Educazione Sentimentale” che consisterebbe nel contribuire, da parte dei docenti, a riflettere con i ragazzi e le ragazze delle loro relazioni affettive, dall’amore a quelle amicali.
Certo! Siamo perfettamente consapevoli che non è agendo a valle del problema che si possono risolvere le drammatiche vicende della violenza di genere. Non è quando i crimini sono già accaduti che si può contribire a ristabilire un equilibrio educativo tra genitori e figli o tra gli stessi giovani. Male non fa. Discutere potrà certamente essere utile, non foss’altro perché contribuirà a rafforzare quei principi di rispetto e di solidarietà che, dopo l’assassinio di Giulia, sembrano finalmente affacciarsi nel panorama dei comportamenti giovanili … e non solo. Ma la vera responsabilità e di chi continua a dividere i maschietti dalle piccole donne fin da bambini, anche esponendo sugli scaffali dei negozi di giocattoli da un lato armi giocattolo, trenini e dall’altro bambole sempre più simili a bambini veri, per indicare alle femmine il loro compiti di accudimento dei figli, o cucine giocattolo o vestitini colorati per vestire quelle tante Barbie che ancora fanno bella mostra di sé nelle vetrine. Giocattoli sempre sistemati in modo da attrarre l’attenzione selettiva dei bambini, in modalità già direzionata per genere. Questo è solo un aspetto di quello che qualcuno ha voluto definire “cultura patriarcale”, un tipo di cultura che ha comportato una sorta di educazione alla supremazia di genere e di marginalizzazione del ruolo femminile, sempre destinate a svolgere funzioni più deboli e socialmente discriminati. Bisognerebbe, pensiamo, andare a monte del problema. Educare genitori ed adulti a trasmettere valori diversi e più equilibrati. Gli insulti via web contro Gino ed Elena dimostrano che ne abbiamo veramente bisogno e ci dicono quanto questi ruoli sociali siano radicati nella cultura di massa determinando la diffidenza e il più ottuso maschilismo. Certo, i maschi non sono tutti così, ma questo significa poco o nulla. Troppe volte la cultura della superiorità di genere si insinua subdolamente in comportamenti che spesso sono inconsapevoli e automatici. Ci ha ricordato Gino, nel suo bel discorso ai funerali della figlia Giulia e ribaditi in una recente intervista televisiva, che i genitori devono cominciare a svolgere il loro vero ruolo di educatori, non possono continuare a perseguire inutili relazioni amicali con i loro figli. Non serve perché quello non è il ruolo che possono e dovono svolgere. Quel ruolo infatti è più utile e credibile se lo svolgano altri. Gli amici, i compagni di gioco o persino i colleghi di lavoro. Insomma quei “pari”che decidono di coinvolgersi affettivamente nella relazione con i nostri giovani, sempre più soli e confusi. I ragazzi hanno bisono di entrambi. Genitori che sanno amarli destinando a loro tempo e amore indirizzando il loro futuro e amici veri, anche se forse saranno pochi, ma che sappiano condividere esperienze e conoscenze. Entrambi gli attori sono necessari ed entrambi i ruoli possono contribuire alla loro educazione ed a fargli vivere una sana affettività.
Gino Cecchettin ci ha impartito una lezione fondamentale. Lui, padre affettuoso e addolorato per una perdita ingiusta, ha dimostrato di saper essere anche un uomo saggio e un cittadino rispettoso delle regole. Non deve essere stato certamente facile mantenere il controllo, riuscire a non disperarsi o inveire contro la barbarie comportamentale dell’ex fidanzato Vittorio Turetta, e neanche contro la stupida violenza di chi non vuol capire e maschera con una incomprensibile violenza verbale i propri baratri morali e le ignobili convinzioni di una pretesa quanto immotivata superiorità di genere.
Rimarrà qualcosa a tutti noi da questa straordinaria esperienza collettiva? Lo speriamo vivamente, ma siamo consapevoli che ciò potrà accadere solo se non ci si limita a delegare alla scuola, allo Stato o comunque all’esterno di noi un cambiamento nei comportamenti e nelle relazioni, senza partire da noi stessi e dai cambiamenti da accettare a cominciare dai nostri comportamenti, anche quelli involontari che agiamo senza pensare e, spesso, senza una vera consapevolezza.
Ce lo ha ricordato Gino Cecchettin … ora tocca a tutti noi.
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