URSULA VON DER LEYEN / DALLA UE MILIARDI ALL’EGITTO PER LE DEPORTAZIONI NEL SINAI

Una presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, perfettamente bipolare. O ‘tripolare’.

Da un lato, dopo l’incontro con il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi, si dichiara contraria allo ‘spostamento forzato’ dei palestinesi della Striscia di Gaza nel Sinai.

Poi però aggiunge, con un messaggio via X: “Siamo d’accordo sul principio dello spostamento non forzato dei palestinesi e su un orizzonte politico basato su una soluzione a due Stati”.

Forzato, non forzato, comunque uno spostamento: o cosa mai frulla nella ‘mente’ di lady von der Leyen, che tra l’altro deve vedersela con la connection criminal-affaristica, ossia il ‘Pfizergate’ e comunque punta al bis europeo o alla poltrona di Segretario Generale NATO per il dopo Stoltenberg?

Ma c’è un terzo, decisivo elemento a far capire il suo totale stato di confusione politico-mentale. La decisione delle autorità UE – primo sponsor proprio von der Leyen – di stanziare 9 miliardi di euro pro Egitto: proprio per agevolare quel progetto di ‘deportazione’ in massa delle ormai stremate popolazioni palestinesi nel deserto del Sinai.

Il progetto, del resto, è pienamente appoggiato dalla Banca Mondiale, che proprio ad inizio novembre ha dato il suo ok.

Ecco cosa commenta nel suo blog Maurizio Blondet. “Israele propone di cancellare, attraverso la Banca Mondiale, una porzione significativa del debito dell’Egitto per indurre il governo di Abdel Fattah al-Sisi ad accogliere nel Sinai i palestinesi in fuga da Gaza. Lo riporta il sito Yenet. Ma al-Sisi sarebbe però contrario e avrebbe invece proposto che Israele trasferisca i palestinesi di Gaza nel Negev. Il premier israeliano Bibi Netanyahu, secondo Yenet, starebbe cercando di convincere leader stranieri di far pressioni sull’Egitto per accettare l’opzione Sinai”.

Anne Boyer. Sopra, Ursula von der Leyen

Sottolinea l’editorialista del ‘Financial Times’, Gideon Rachman: “Le mie fonti a Riad dicono che gli egiziani ci potrebbero stare. ‘Sono in bancarotta’, mi ha detto una fonte di alto livello. ‘E poi hanno già 100 milioni di persone: che problema sarebbe 1 milione in piu’’”.

Dalla tivvù ‘Al Arabiya’ un’altra conferma: “9 miliardi subito all’Egitto per affrontare alcuni punti prioritari: economia, investimenti, immigrazione, sicurezza e, soprattutto, per la ‘risoluzione del debito’. Inoltre, per mitigare l’impatto sul Paese della crisi a Gaza”.

 

Passiamo alle dimissioni, che stanno facendo non poco rumore negli Usa, dal ‘New York Times Magazine’ (dove curava la pubblicazione delle poesie) di Anne Boyer, poeta, saggista, giornalista e vincitrice del premio Pulitzer.

In una corposa lettera pubblicata su ‘Substack’ motiva il suo gesto, in forte contrasto con la linea editoriale del ‘prestigioso’ quotidiano a stelle e strisce proprio sul tema del conflitto israelo-palestinese.

Ecco alcune sue frasi: “La guerra sostenuta dagli Stati Uniti dello Stato israeliano contro il popolo di Gaza non è una guerra per nessuno. Non c’è sicurezza in essa o da essa, non per Israele, non per gli Stati Uniti o l’Europa, e soprattutto non per i molti ebrei calunniati da coloro che affermano falsamente di combattere in loro nome. Il suo unico profitto è il profitto mortale degli interessi petroliferi e dei produttori di armi. Non è una guerra di missili e invasioni terrestri. E’ una guerra in corso contro il popolo palestinese, persone che hanno resistito durante decenni di occupazione, dislocazione forzata, privazione, sorveglianza, assedio, prigionia e tortura”.

Jazmine Hughes

E aggiunge: “Non posso scrivere di poesia tra i toni ‘ragionevoli’ di coloro che vogliono acclimatarci a questa sofferenza irragionevole. Niente più eufemismi macabri. Niente più paesaggi infernali igienizzati verbalmente. Niente più bugie guerrafondaie. Se questa rassegnazione lascia un buco nelle notizie delle dimensioni della poesia, allora questa è la vera forma del presente”.

Non è il primo caso, quello di Anne Boyer. Giorni fa, infatti, anche la scrittrice Jazmine Hughes ha lasciato il ‘Times’, testata per la quale lavorava da anni. E ha firmato la lettera aperta di netta opposizione alla guerra di Israele a Gaza elaborata dal collettivo ‘Writers Against the War on Gaza’ (WAWOG) che raduna scrittori, giornalisti, editori e operatori culturali.

Ci sono donne e donne.

Come al solito, vi proponiamo – cliccando sui link in basso – la lettura di alcuni interessanti articoli, analisi, riflessioni sulla criminale guerra di sterminio in corso nella Striscia di Gaza (variante ‘deportazione’ inclusa).

Ecco quindi, a seguire, quanto scrive Thierry Meyssan (animatore del sito ‘Reseau Voltaire’) nel pezzo titolato

 

Il Mondo volta pagina (?) – Il crollo di Israele e degli Stati Uniti

pubblicato da ‘Minima Cardiniana’.

 

 

Quindi un’analisi firmata dell’ex ufficiale dell’intelligence del Corpo dei Marines, Scott Ritter, pubblicata da ‘Consortium News’ e titolata

The 2-State Solution’s Nuclear Option.

https://scheerpost.com/2023/11/20/scott-ritter-the-2-state-solutions-nuclear-option/

 

 

 

Infine, una riflessione proposta da ‘Responsible Statecraft’ e titolata

E se Israele non si proponesse di ‘distruggere Hamas’? (What if Israel didn’t set out to ‘destroy Hamas’?).


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