Il prima e dopo del ‘valpadano’

Salvini: precettazione dei lavoratori e ‘no’ allo sciopero generale (editto per catturare il consenso di utenti della mobilità urbana, provinciale, nazionale) il sì di Landini, teso a recuperare il feeling in sospeso della classe operaia con la sinistra, astensione totale confermata. Che siano benedetti i rozzi strumenti di registrazione che negli anni dell’ipnosi globale degli italiani hanno captato immagini e sonori del duce tuonante dal balcone romano di palazzo Venezia: il suo narcisismo gli ha giocato un brutto tiro, ha meso in archivio la testimonianza di un megalomane, le sue menzogne, i violenti comizi, comportamenti che oggi addebiteremmo all’uso di droghe pesanti. Il modo delle esasperazioni ‘tecno’ ha completato il suo veloce percorso, a vantaggio di tecnologie avveniristici e la subcultura di Salvini se ne nutre a iosa: grazie al microfono e alla telecamera dello smartphone, mostra la grinta da ‘ce l’ho duro’ alla Bossi e gli fa sentenziare “Lo sciopero generale non s’ha da fare”. Landini non ci sta: “tirem innanz”, sciopero sia. Dagli scaffali di La7 i suoli attenti anchormen recuperano il video del vice Melloni, del  Salvini Matteo e una sua precedente performance. Strilla il valpadano (era all’opposizione): “Italiani, bloccate il Paese, bloccate tutto per tre giorni”. Alla totalità dei commenti contro il diritto costituzionale dello sciopero manca la visione di un vulnus ben oltre l’oltraggio sovranista al mondo del lavoro. Non coglie la strisciante pericolosità del diktat, non mostra capacità di previsione, si ferma all’accusa di uso autoritario del potere, non intuisce la pericolosità dell’approssimazione al passato che si sperava remoto, oscurato per sempre. Dovesse pagare il dispotismo di Salvini, coperto dall’assordante silenzio-assenso di “Yo soy Giorgia” e in parallelo avesse seguito concreto il  disegno del presidenzialismo…attenti al lupo, vuole azzannare la democrazia.