Non riesco proprio a capire quale sarà mai la differenza se un morto ammazzato è un russo, un israeliano, un palestinese, un italiano o americano? Sarebbe naturale e “normale” che si rispondesse “nessuna, i morti sono tutti uguali … sono morti”. Ma ci sono persone che invece diranno “dipende dalla razza, dal colore della pelle e dal motivo per cui è stato ammazzato”. È esattamente ciò che sta accadendo in Palestina e in Ucraina oggi. Gli israeliani hanno evidentemente deciso di risolvere il problema della presenza di palestinesi a Gaza e lo fanno radendo al suolo le città della striscia e i suoi abitanti. Sono fermamente convinti che gli abitanti di quei luoghi, in quanto palestinesi, sono tutti terroristi e in quanto tali sono corresponsabili dell’orrenda strage del 7 ottobre, giorno in cui i terroristi di Hamas hanno attaccato sparando all’impazzata su un pacifico rave party di giovani e poi su alcuni kibbutz israeliani allocati ai margini dei territori palestinesi di Gaza. E allora molti sentono prepotente il bisogno di schierarsi. Acriticamente, come se fosse possibile decidere con quali assassini schierarsi, se con quelli che massacrano famiglie intere, bambini, vecchi, donne e civili che lavorano sulla loro terra o con quelli che vivono laddove sono stati da anni relegati dopo la fondazione dello stato ebraico. Stato nato a seguito dei sensi di colpa dei vincitori della Seconda guerra mondiale per le stragi naziste e per le violenze di una guerra, anche allora come oggi, ingiusta.
La morte, crediamo, non ha mai lo stesso colore. È sempre ingiusta e violenta e nessuno la può infliggere, nemmeno se pensa di compiere un gesto inevitabile. Chi può aggredire un intero popolo solo definendolo terrorista. Quei morti hanno la stessa dignità e necessitano dello stesso rispetto di cui godono giustamente i morti israeliani del 7 ottobre. Sono morti per mano dei miliziani di Hamas all’inizio dell’Operazione Alluvione Al-Aqsa iniziata lanciando oltre 5000 razzi dalla Striscia di Gaza verso Israele e proseguita poi con una invasione che casa per casa ha rastrellato i coloni israeliani.
Il portavoce dell’Alto Commissariato dell’ONU per i diritti umani, Liz Throssell ha dichiarato che “… dal 7 ottobre al 2 novembre sono stati uccisi 132 civili (tra cui 41 bambini), dei quali 124 massacrati dalle forze israeliane e otto dai coloni”. Coloni insediati illegalmente negli spazi assegnati dall’ONU ai palestinesi.
Si contano ad oggi già 3200 morti e oltre 11000 feriti causati dagli attacchi dell’esercito israeliano nei territori palestinesi dall’inizio dei combattimenti. Questi numeri sono stati comunicati ufficialmente dal Ministero della Sanità palestinese e non sono ancora quelli definitivi. L’esercito israeliano sta continuando a bombardare senza sosta, adducendo la risibile motivazione che tutti i palestinesi sono, in quanto tali, complici di Hamas e per questo contano tutti i morti civili come se avessero eliminato altrettanti terroristi. È un orrore senza fine. Donne, vecchi e bambini non possono essere considerati tutti terroristi, ma in compenso lo diventeranno forse tra qualche decennio, proprio ricordando le tragiche stragi di oggi. E così l’odio non avrà mai fine. Gli USA continuano a manifestare il loro appoggio incondizionato al popolo israeliano, come hanno già fatto con il popolo ucraino, fornendo armi e moderne tecnologie militari. Entrambe devastanti e foriere di ulteriori stragi. E pensare che c’è qualcuno che crede persino che tutto ciò non sia solo l’esito di cinici calcoli economici o della volontà di continuare a sostenere gli interessi della loro famelica industria bellica. È disumano e ingiusto continuare a sostenere queste menzogne, a cui ormai si adeguano acriticamente non solo i politici dei paesi satelliti, ma anche i mass media con una narrazione univoca senza possibilità di interlocuzione. Accade in Israele oggi proprio come in Ucraina ieri. Ci sembra di sentire urlare lo slogan “siamo tutti ebrei” dopo aver ascoltato per mesi quel “siamo tutti ucraini”. E intanto l’esercito israeliano si appresta ad attaccare ancora la Palestina e i campi profughi, ovunque allocati, teorizzando forse una “soluzione finale” della questione palestinese, proprio come avevano fatto nel secolo scorso contro di loro i nazisti. Gli ebrei europei furono deportati, uccisi e sterminati nei campi di concentramento. Proprio ciò che ora vogliono fare alcuni israeliani con i sopravvissuti palestinesi, prima invitati a migrare nel sud della striscia, poi bombardati senza pietà. Un’azione di “vendetta” senza umanità.
Dire oggi che quella terra era stata assegnata proprio a loro da Dio, migliaia di anni fa, è evidentemente falso e fuorviante. È come se i romani di oggi pretendessero di avere ancora diritti sui territori conquistati negli anni del loro dominio sul Mediterraneo e sulle terre allora conquistate. O come se lo facessero i greci, i siriani, gli egiziani e, più recentemente, gli austro ungarici o i russi dello zar. E allora cosa dovrebbero dire o fare gli indiani d’America o i nativi australiani o tutti gli abitanti dei paesi colonizzati nei secoli dalla ricca Europa, quando si espandeva, con la stessa violenza, su territori di altri continenti.
Lasciamo ai popoli la loro legittima libertà di autodeterminarsi e facciamolo riprendendo il dialogo. Alle diplomazie il compito di trovare le migliori soluzioni, restituendo ruolo e potere alle Nazioni Unite e perseguendo la pace. Ormai l’unico leader al mondo che continua a predicarla è Papa Francesco. Gli altri, presidenti e capi di governo, si sono allineati su una posizione da pensiero unico, senza prospettive reali, senza soluzioni credibili, senza umanità.
La morte ha un solo colore, quello triste della morte stessa e tutti i morti ammazzati sono e saranno sempre uguali.
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