Euro 4.938, prezzo della libertà

Che errore dileggiare l’esibizione di Salvini cattolico doc (ricordate?) immortalato da un paparazzo leghista mentre recita silenziosamente il pater nostrum con il rosario bene in vista per entrare nel mirino della Nikon. Il vice primo ministro, prossimo alla santificazione, incentiva la sacra possibilità di immetterlo nella lista dei beati e lo fa con prove tangibili di uomo dei miracoli in vita. Uno di essi  è ‘miracolosamente’ in sincrono con il caso di Iolanda Apostoli, giudice della sezione immigrazione del tribunale di Catania, che ha correttamente disapplicato il decreto del governo sul trattamento dei richiedenti asilo nei centri di permanenza e rimpatrio (in partica recinti-prigionia) e l’assurda garanzia finanziaria di 4.938 euro per evitare la detenzione nei Cpr. La decisone contro un editto illecitamente repressivo, emesso a più voci, dalla premier all’ultimo fanatico fan della destra, è stata contestata con furiosa aggressività. I fatti: la decisione della giudice è inattaccabile, giuridicamente ineccepibile, avvalorata dalla perfetta sintonia con il dettato costituzionale (articoli 3 e 10) e dell’Europa, ma fortemente sgradita alla destra e specificamente a Salvini, che per non subire lo strapotere   politico di Fratelli d’Italia si candida a primus inter pares del neofascismo italiano, tanto da congiungersi in matrimonio politico con l’estrema destra della Le Pen. Il ‘carrocciaro della valpadana’, a corto di argomenti per contrastare l’Apostolico, perfeziona il racconto di fulminato sulla via di Damasco, si attribuisce l’idoneità a operare un prodigio, che molto somiglia al miracolo: e compare d’incanto un video da smartphone(?). Individua la giudice tra la folla di manifestanti che chiedono lo sbarco di migranti dalla nave Ong Diciotti. Il volto sempre più angelico Salvini s’illumina di fervida soddisfazione: “Osservata in relazione al rispetto dell’imparzialità della magistratura, la decisione della giudice di Catania non è libera da evidenti opzioni di appartenenza politica. Dimissioni”. Due rapide svelte riflessioni: chi è il carabiniere (in servizio) che avrebbe girato il video? Perché e per conto di chi avrebbe filmato la giudice che non era un volto noto ed era lì per evitare scontri tra forze della polizia e manifestanti, per lo più cattolici e in minima parte di sinistra? Era forse una osservata speciale, non in linea con la xenofobia e l’ideologia dei respingimenti, del “prima gli italiani?” Più che con un cellulare, il video sembra girato con una telecamera professionale, in dotazione alle forze dell’ordine, perché non era custodito nel tribunale di Catania, perché e chi lo ha tirato fuori dopo cinque anni? Chi lo ha reso pubblico, anche Salvini, lo ha fatto contravvenendo al divieto di divulgazione non autorizzata di un filmato di persone, per mancato rispetto della privacy, che vieta di riprendere le persone senza autorizzazione? Al ‘miracolo’ del video, comparso mentre la bagarre della destra nascondeva il disagio per un attacco politicamente scorretto alla magistratura, manca la vera identità di mandanti ed esecutori. Di là dalla certezza dell’uso improprio di (san) Matteo Salvini, resta lo smacco del governo, costretto a riconoscere la propria incompetenza giuridica. Altro è il ‘post’ del marito della giudice che manda Salvini a quel paese con un’espressione molto volgare. Errore anche questo.


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