Tre storie di fine agosto

“Sì, vendetta, tremenda vendetta”. Il famosissimo duetto Rigoletto-Gilda ben s’addice al mandante dell’omicidio che ha fatto fuori il vertice della Wagner, ala armata di sanguinari mercenari di cui Putin ha abusato per i suoi crimini contro l’umanità. Facile liberarsene con la complicità di chi per denaro o ruoli di prestigio nello scacchiere del Cremlino ha fatto esplodere in prossimità della capitale russa il jet privato che portava Prigozhin da San Pietroburgo a Mosca. Che Putin abbia un po’ di rotelle fuori posto è noto e confermato da tempo, ma è comunque sorprendente la sfrenata spavalderia del suo day after, il pianto di cordoglio per la morte dei nemici che hanno fallito un recente colpo di Stato per defenestrarlo. Le sue lacrime e il tentativo di assegnare il ‘caso’ a un’inchiesta stridono con le parole di accompagnamento del necrologio: Putin conferma nei fatti di aver ordinato la morte del leader di Wagner: “Ha fatto degli errori” (leggi la marcia su Mosca). Lacrime di coccodrillo?  Certamente. Come il rettile piange dopo aver ingoiato un figlio e non perché padre pentito, le sue sono lacrime da difficile indigestione, Putin piange, ma  per aver tardato a liberarsi di un ‘dipendente’ intenzionato a sloggiarlo dal Cremlino. I seguaci palesi o mascherati del capo del Cremlino,  riescono finalmente a capire a chi sono solidali? In altre parole è solo Putin un pericoloso soggetto da osservazione psichiatrica?

Sbaglia, fa cilecca, chi pensa che l’invadente “Yo soy Giorgia” sia una o più i consanguinei di uno stretto entourage. Se la borgatara della Garbatella, imboccata la via scorrevole del nepotismo, avesse in animo di percorrerla a passo di carica, potrebbe designare la fedelissima segretaria (ora segretaria particolare) a indagare i 1964 italiani (no, non è un data) che hanno l’onore (e l’onere, ndr) di chiamarsi Meloni, per accertare uno loro possibile parentela e aggregarli alla ‘famiglia allargata’ che per ora assembla il compagno, le sorelle e un cognato. Nota a margine. Come accade in assoluto anche per questo dettaglio il Sud deve fare i conti con uno storico handicap. I “Meloni” cognome legato al frutto, al suo antenato del tardo latino ‘melonis’, in Sardegna sono 1098, nel Lazio circa 300. In Campania solo 8 (4 a Napoli, 3 a Salerno, 1 a Caserta). Lavoro da affidare ad esperti di alberi genealogici: potrebbero scoprire tra i campani parenti diretti o indiretti, comunque buoni per diventare altri soci del club che la premier intende implementare.

Che soggetto il De Laurentiis: tiene al guinzaglio la tifoseria azzurra usando i media per diffondere a ripetizione indiscrezioni, notizie vere o inventate di trattative per acquisire calciatori di altissimo livello. Poco importa se, per fare un esempio, si racconta che Benitez, tecnico del Celta Vigo si è pronunciato a favore del trasferimento a Napoli di Veiga, giovane centrocampista con radioso avvenire, mentre nei fatti ha dato l’ok per l’esodo in Arabia. C’è poi il quotidiano plagio del ‘re tentenna’, la snervante attesa per il rinnovo del contratto Osimhen, un tira e molla logorante a due giorni dalla seconda sfida di campionato, l’incognita  per capire se i due giovani Natan e Cajuste sono ‘maturi’ per il Napoli scudettato, se l’ipotesi di Raspadori in mediana non sia il discutibile ripiego per compensare il mancato arrivo di Gabri Veiga.


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