CARNE COLTIVATA: UNA OPPORTUNITA’ PER IL PIANETA

 

di Walter di Munzio[1]

 

Tra mille diffidenze si comincia a parlare di carne coltivata, detta anche e carne sintetica o carne artificiale o carne in vitro. È quell’alimento prodotto da cellule staminali animali prelevate tramite biopsia coltivate su un particolare terreno di coltura o in una soluzione ricca di nutrienti.

Parliamo di carne prodotta in laboratorio ma del tutto simile, per composizione e sapore, a quella che abbiamo sempre consumato, ma ricavata dalla macellazione di animali. L’unica differenza è che viene coltivata con appositi bioreattori capaci di produrre e moltiplicare fibre e tessuti.

Questo alimento è sviluppato in provetta e spesso è definito clean meat, ossia carne pulita o anche carne sintetica. Negli USA lo chiamano “carne pulita” per il suo bassissimo impatto ambientale che consente di eliminare sia gli allevamenti intensivi che il maltrattamento dei capi di bestiame. Senza contare l’enorme la forte riduzione dell’inquinamento dell’aria che questi allevamenti provocano per la grande produzione di CO2. Da non sottovalutare inoltre il risparmio della grande quantità di acqua che era necessaria per coltivare i mangimi per gli animali degli allevamenti, in una fase di grande siccità in tutto il mondo.

La sperimentazione di questa nuova tecnica di produzione alimentare è iniziata nel 2021, quando la Future Meat Technologies annunciò di essere riuscita a produrre 160 grammi di petto di pollo al costo di soli quattro dollari.

Ma quali sono i vantaggi e quali i rischi insiti nel consumo di questa carne? Parliamo ovviamente di un prodotto sviluppato in laboratorio, che offre il vantaggio di non risultare dalla macellazione di animali vivi, anche se costituito al 100% da cellule identiche per consistenza e aspetto. Si tratta quindi di una produzione assimilabile alle tante altre produzioni industriali di cui facciamo già un grande consumo. Questa carne sarebbe teoricamente disponibile senza limiti quantitativi e sarebbe in futuro in grado di soddisfare le esigenze alimentari di una popolazione umana in continua crescita. Parliamo di un prodotto che non presenta differenze organolettiche, che è composto da cellule e grasso animali, che presenta persino vasi sanguigni che non può in alcun modo dirsi pericoloso. I ricercatori stanno lavorando per perfezionare ulteriormente la qualità del sapore, il colore e la consistenza così da rendere il prodotto in tutto identico all’originale.

In più si risolverebbe così anche il grande problema etico di macellare animali veri. Rimarrebbe solo il risibile problema dell’assenza di ossa, che potrebbe costituire solo un piccolo problema nella realizzazione di alcune ricette molto particolari.

Attualmente l’unico aspetto negativo è il suo costo perché il prezzo della carne sintetica è ancora elevato. Ma è evidente che la sua sostenibilità economica si incrementerà parallelamente all’incremento della produzione e allo sviluppo della ricerca e del consumo. Quando e se si arriverà a un consumo di massa sul mercato globale, anche il costo sarà notevolmente abbattuto.

Ma veniamo agli eventuali effetti negativi sulla salute umana. Il suo impatto sul metabolismo è certamente diverso, essendo questa carne addizionata artificialmente con tutti i nutrienti presenti nella carne tradizionale, per ottenere un alimento perfettamente sovrapponibile, nel suo gusto, a quella vera. Ma è anche da evidenziare che già consumiamo molti alimenti prodotti in laboratorio e “altamente processati”, soggetti all’utilizzo di additivi e conservanti. Tutti questi sono sottoposti a una lunga lavorazione industriale per poter acquisire aspetto e gusto voluto. Questa valutazione, associata all’attuale costo, fa ancora preferire ai consumatori la carne che proviene dagli allevamenti.

La strada per la definitiva affermazione di questo prodotto, anche se in prospettiva sarà inevitabile, è per questi motivi ancora lunga e richiederà tante sperimentazioni sul campo.

Ma recentemente, in modalità e per motivazioni assolutamente incomprensibili, il governo ha deciso unilateralmente di vietarne la produzione (attenzione solo la produzione, non il consumo). Questo divieto però esiste solo in Italia, non negli altri paesi sviluppati e ci relega, ancora una volta, nel ruolo di acquirente e consumatore di un prodotto che sarà sviluppato all’estero. In altri paesi, come per esempio la Francia, sono proprio i più importanti allevatori di bestiame ad organizzare anche aziende di produzione di carne coltivata. Ciò a riprova che tradizione e innovazione possono tranquillamente convivere.

Un disegno di legge del ministro dell’Agricoltura è attualmente sul tavolo del Consiglio dei ministri. Si intenderebbe vietare, su tutto il territorio nazionale, persino la sperimentazione di nuove tecniche di produzione continuando a consentirne però l’acquisto e il consumo.

È la solita storia di retroguardia che produce divieti di natura ideologica in difesa di una presunta “purezza” … ormai senza senso. Qualcosa di simile si è stato già fatto per le farine da insetti che, autorizzate dalla UE, sono regolarmente prodotte altrove. Questi alimenti riteniamo costituiranno il perno del futuro alimentare del pianeta.

È umano preferire ciò che già conosciamo e che abbiamo sempre consumato, ma senza sperimentare nuove strade si rischia di implodere su un pianeta che non potrà continuare a nutrire una popolazione che cresce a dismisura.

A nostro avviso il compito della politica dovrebbe essere innanzitutto quello di capire e governare questi cambiamenti, allo scopo di rendere compatibili le esigenze umane con quelle della sopravvivenza del pianeta.

Ma la politica, si sa, troppe volte non è capace di anticipare le direzioni di questi mutamenti epocali. È più facile inseguire sondaggi elettorali e … gli umori del popolo.

 

[1] Psichiatra e pubblicista

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