La Papessa

DI WALTER DI MUNZIO*

 

Il Protocollo del Vaticano è in questo molto preciso. Solo le regine cattoliche possono indossare abiti a tono con quelli usati dal Pontefice. Il motivo è che quel colore bianco fa risaltare la figura di chi lo indossa, soprattutto se messo a confronto con una presenza massiccia di fedeli che indossano abiti normali, di colori anonimi e variegati. Quel bianco brillante che, si sa, il Papa regolarmente indosserà, consentendogli di farsi vedere bene da tutti. E che otterrà l’effetto di far concentrare l’attenzione di tutti anche sulle parole che pronuncerà.

Molti osservatori, ascoltando il discorso della premier, hanno sostenuto che l’accostamento cromatico è stato studiato e voluto. Altro che scelta di reclutare una consulente armocromista per farsi indicare cosa indossare. Si evidenzia in questo caso uno studio attento dello staff meloniano, finalizzato a far risaltare l’immagine della leader. È chiaro che, se incontri il Papa, e siedi accanto a lui e vesti utilizzando i suoi stessi colori, diventi anche tu nell’immaginario collettivo centrale come lui. Tutti quelli che guardano dalla platea facilmente ti immagineranno con lui. Quindi rubi quell’aurea di “santità” e quella percezione di unicità, propria di papa Francesco. Queste sensazioni si sommano alle studiate suggestioni che già circondano il primo leader donna di governo. Se poi a tutto questo si aggiunge che il tema dell’incontro, era quello della valorizzazione della famiglia e della lotta alla denatalità. Tutti argomenti che, si sa, stanno molto a cuore al Vaticano … allora il gioco è fatto. Può accadere persino che possano passare in secondo piano le grandi differenze che pur esistono tra i due e che vengano spazzati via gli altri temi di profondo contrasto.

Ne risulta solo la concordanza di tesi sulla necessità di favorire la ripresa della natalità, che mette in secondo piano persino i differenti approcci sull’accoglienza dei migranti, sulla priorità di praticare politiche basate sulla solidarietà. Sembra quasi che quell’idea di “buonismo peloso” – come veniva con sprezzante ironia definito dagli stessi politici oggi al governo, quello attribuito alla sinistra – sia transitata da sinistra a destra. Senza però far registrare sostanziali modifiche negli atteggiamenti intolleranti e brutalmente aggressivi, da sempre utilizzati da esponenti di primo piano di questa destra di governo. Quei politici continuano, incuranti delle stridenti contraddizioni, a fare la faccia feroce non appena intravedono un barchino carico di migranti approdare sulle nostre coste, o giovani manifestare per avere più servizi, o persone con problematiche di genere richiedere parità di trattamento e riequilibrio di diritti esigibili, ma ancora negati.

Ma è possibile che questa assonanza cromatica sia stata solo un’ulteriore quanto ingenua “ignoranza istituzionale”? Francamente ci sembra improbabile. Sottolinea invece, a nostro avviso, il dato di una classe politica che ignora scientemente persino i protocolli comportamentali e le più elementari forme di rispetto istituzionale. Forse perché insegue più le emozioni del proprio popolo e l’esaltazione della leader, che il dovuto rispetto verso altre figure istituzionali.

Ci aspettiamo che costoro penseranno persino di modificare gli arredi dei palazzi governativi, rendendoli simili a quelli delle grandi monarchie. Naturalmente dopo aver ottenuto le modifiche istituzionali che potrebbero derivare dalla demagogica riforma istituzionale che si apprestano a votare, quella che vuol cambiare l’attuale procedura di formazione del governo, da parlamentare a elettivo. Facendo del capo dello Stato o del premier (a secondo della formula che riusciranno ad ottenere) una figura sganciata dal controllo parlamentare, perché risultante da un’elezione diretta.

Chi ci salverebbe allora dal Berlusconi di turno? O chi sarebbe ancora in grado di governare un paese come il nostro, una volta smantellati quei contrappesi politici in grado di impedire o l’asservimento ad una maggioranza? Qualunque essa sia.

Si rischierebbe una deriva alla turca o anche alla francese. Con personaggi che potrebbero pensare di governare contro ogni volontà popolare, perseguendo obiettivi di parte e che, inevitabilmente, porterebbero a sottrarre diritti ed a cancellare conquiste sindacali e popolari, inevitabilmente a favore degli interessi delle lobby imprenditoriali e finanziarie.

La Meloni è stata veramente brava in questo. Bisogna ammetterlo. Riesce sempre ad emergere in un mare di mediocrità, circondata da alleati arruffoni o da un gruppo dirigente del suo stesso partito, spesso impreparato o francamente imbarazzante.

Ma torniamo a quelle due figure vestite di bianco. Sono apparse come immagini riflesse. Sembrava quasi uno spot pubblicitario, come quello di un detersivo degli anni Ottanta. Persino un Papa come Francesco, sempre attento e schierato, si è lasciato andare arrivando a raccontare la storia dell’incontro con una anziana signora che gli aveva chiesto di benedire il suo cagnolino, portato in un carrozzino, proprio come se fosse un bambino. Cosa certamente disdicevole, ma che indicava anche una grande sofferenza per la impossibilità di donare affetto. Protagonista immaginaria di una maternità che non possiamo sapere se volontariamente negata o se resa impossibile da una malattia, una causa genetica o da una colpevole carenza di servizi e dei necessari supporti istituzionali. Questi sì causati da gravi responsabilità politiche a cui non si può rispondere urlando in faccia a quelle donne il solito e deresponsabilizzante “… è colpa vostra, siete state egoiste”.

Un governo, di qualsiasi colore, non dovrebbe mai dimenticare che questo è un paese che sopravvive ancora con poco lavoro disponibile, con profonde diseguaglianze sociali, con una persistente carenza di servizi sociali. Soprattutto nelle aree più povere e deprivate. Un paese che non dovrebbe dimenticare che persino gli ingenti finanziamenti europei elargiti con il PNRR, dovevano mettere fine a questi squilibri territoriali. Finanziamenti che ora si vorrebbero riorientare verso le già ricche regioni industrializzate al solo scopo di gratificare i diktat leghisti, continuando a mortificare un meridione sempre più arretrato con vergognose proposte di autonomia differenziata. Una forma di autonomia che congelerà le differenze e le ingiustizie già presenti nel nostro paese. Persino impedendo sistematicamente una banale regolamentazione di diritti esigibili, quelli che si dovrebbero perequare a monte della concessione di tali autonomie.

Un modello di sviluppo che nega proprio le motivazioni che ci hanno consentito di ricevere le ingenti risorse economiche concesseci per rilanciare l’economia.

Non possiamo continuare a negare così clamorosamente diritti ed a perseguire politiche ingiuste. Non possiamo essere noi il paese che – per salvaguardare gli interessi di qualche imprenditore balneare o di gruppi di pressione elettorale, tassinari, evasori fiscali – continua a tagliare le risorse destinate ai più fragili. Per di più infamandoli con denunce mediatiche che li accusano di praticare illeciti e brogli collettivi, ma senza mai perseguire i veri colpevoli. Si continua così a fare negare quelle misure che potrebbero facilmente smascherarli.

Un paese che decide di mortificare i più poveri, che continua respinge i migranti e aggredisce le classi subalterne. Magari anche vestendosi di bianco pensando così di riacquisire una verginità ed un candore smarrito.

 

 

 

 

* Psichiatra e pubblicista

 

Articolo pubblicato dal quotidiano L’Ora della sera

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