I.BENITO LA RUSSA / IN VIA RASELLA NON AMMAZZAMMO NAZI, MA UNA BANDA DI PENSIONATI MUSICISTI 

Ci sono ministri, all’estero, che si sono dimessi per non aver versato tre mesi di contributi alla collaboratrice domestica. Oppure per aver copiato un capitolo della propria tesi pari pari da un altro testo.

Adesso, da noi, il presidente del Senato (non il gestore della bouvette di palazzo Madama) se ne esce con questa, riportata  altrettanto pari pari: “Via Rasella è stata un pagina tutt’altro che nobile della Resistenza. Quelli uccisi furono dei semi pensionati, i componenti di una banda musicale, c’erano degli alto atesini. Ma non erano nazisti delle SS, sapendo benissimo i rischi di rappresaglia su cittadini romani, antifascisti e non”.

Ignazio Benito La Russa ha pronunciato queste frasi nel corso di

Terreverso’, un podcast del quotidiano ‘Libero’. Quindi una trasmissione pubblica, non durante una chiacchierata tra quattro amici al bar. O alla bouvette.

In qualunque paese al mondo – ne siamo certi – sarebbe scoppiato un putiferio, un tale casino politico che avrebbe costretto il ‘folle’ alle immediate dimissioni. Per palese incapacità d’intendere e volere, nel migliore dei casi. Per apologia del nazismo, altrimenti: ma a quanto pare il reato è stato praticamente abolito.

In terza ipotesi sarebbe arrivata un’ambulanza per trasportare il ‘soggetto’ al più vicino presidio neuro-psichiatrico.

Ma ci rendiamo conto da che razza di gente siamo rappresentati?

Vi rendete conto che la seconda carica dello Stato è un pericoloso nazistoide, oltretutto totalmente ignorante?

Se capita qualcosa a Sergio Mattarella, chi ci ritroviamo al Colle?

Via Rasella. Sopra, Ignazio La Russa

Ormai siamo alla frutta. E pensare che in qualche modo Ignazio Benito La Russa voleva mettere una pezza a colori sulla stronzata di qualche giorno prima griffata Meloni, con la premier che aveva parlato di “vittime italiane” a proposito della strage delle Fosse Ardeatine: dimenticando nel cassetto parole che dalla sua bocca di fascistoide non potranno mai uscire, come partigiani, uomini della resistenza, comunisti.

Possibile che i nostri destini siano affidati nelle mani di tali ignoranti e analfabeti? Come, primo fra tutti, proprio il ministro della Cultura (meglio, della SubCultura, lui forse capirà SudCutura, visto che è napoletano), quel Genny Sangiuliano, lo ‘storico’ (e così l’ha definito Fabio Fazio nel suo Barnumdella domenica sera) portaborse dei De Lorenzo, padre e figlio, alias ‘Sua Sanità’. Ricordate la scoperta del secolo di un mesetto fa? Il Genny nazionale affermò: “Il padre del pensiero della Destra, in Italia, è Dante”. Da ricovero nella stanza attigua a quella di La Russa: e invece, sta ancora lì, e oggi ha dato – petto in fuori – l’annuncio della prossima capitale della Cultura.

Ma ci sono o ci fanno, ‘sti fascistoidi (il termine è stato perfettamente coniato per loro da un fine politologo, Luciano Canfora) e nazistoidi che ci stanno portando allo sfascio?

Dimenticavamo l’altro componente della Band, sempre petto in fuori (ci manca solo una maglietta sudata verde alla Zelensky addosso), l’uomo che si trasforma in un decreto vivente, come nel caso della nuova normativa sugli appalti, appunto ‘Il Decreto Salvini’: e come non chiamare ‘Ponte Salvini’ il futuro collegamento tra Calabria e Sicilia che è diventata la passione della sua vita?

Un decreto – quello sugli appalti – che fa inorridire. Che un qualsiasi governo non avrebbe neanche osato proporre ai propri cittadini, per il concretissimo rischio di essere preso a fischi e pernacchi, pomodori fradici e caschi di banane.

Il solo dato che il 98 per cento degli appalti sarà deciso in via privata, farebbe saltare sulla sedia anche un paralitico. Qui niente: qualche protesta, alcune precisazioni, un po’ di distinguo.

Matteo Salvini

E’ dai tempi del terremoto in Campania del 1980 che si parla di costruire una vera legge sugli appalti in grado di tagliare le unghie, una volta per tutte, a mafie & corruzioni: e invece niente, modifiche peggiorative, integrazioni in direzione opposta alla solo sbandierata (e mai attuata) trasparenza e adesso, dopo tanti anni di attesa, un autentico aborto, un mostro tecnico-giuridico che fa già stropicciare le mani a mafiosi, faccendieri, corruttori, tangentisti d’ogni risma. Un vero albero della Cuccagna: l’Albero Salvini, dal quale cadranno mele che più avvelenate non si può.

E allora, a questo punto, siamo al solito Domandone: ma la Sinistra che fa?

O meglio, i pezzi di quella che dovrebbe chiamarsi Sinistra cosa fanno?

Ossia il nuovo PD griffato Schlein e i 5 Stelle a trazione Conte cosa decidono di fare?

Zitti e muti in Parlamento?

Al massimo qualche richiesta di scuse e di ripassare i Bignami di storia, e poi?

Ma, almeno, basterebbe guardare cosa sta succedendo in altri paesi non troppo lontani.

La Francia è da oltre un mese a manifestare contro Macron e la sua legge sulle pensioni: e pensate che da loro le minime sociali sono da 1.200 euro, e qui da noi arrivano solo a 600, la metà esatta, cifra tonda grazie al regalo natalizio della Giorgia nazionale, la mancia da 35 euro buttata in faccia ai pensionati fermi a quota 575! Però, esulta Giorgia la pasionaria, abbiamo aumentato le pensioni! Proprio come Giggino Di Maio con il suo reddito aveva abolito la povertà!

La Germania è al collasso, economico e sociale. Da giorni vanno avanti scioperi selvaggi nel settore dei Trasporti. Il governo rischia di cadere da un momento all’altro, proprio come ai suoi tempi il ‘Muro’: e chi lo sorregge? Quei ‘Grune’, i Verdi di Germania, un tempo ormai remoto forza progressista e innovativa, oggi avvitati  alle poltrone, un bluff come quelle energie verdi che avrebbero salvato il mondo (oggi scriviamo dell’eolico).

In Israele? Peggio che andar di notte. La controriforma sulla giustizia (super ad personam) varata da Bibi Netanyahu ha avuto il merito di far scendere in piazza una marea, un oceano di persone, roba mai vista a Tel Aviv. E il Bibi, per ora, ha fatto mezza marcia indietro.

Dobbiamo solo vergognarci.

Perché la Sinistra è a pezzi, cocci, frantumi: di fronte ad una situazione che più paradossale non si può, d fronte al baratro che vediamo concretamente aprirsi davanti ai nostri occhi, il niente, lo zero più assoluto. E anche il sindacato si cimenta solo in pochi, ridicoli pigolii.

A noi manca quell’ingrediente che Noam Chomsky riporta sempre alla mente per la riuscita di qualunque vero, reale cambiamento: l’organizzazione. Da noi è una chimera, una parola morta e sepolta.

Può essere questo il momento per dissotterrarla, farla vivere, darle forza e vigore?

Altrimenti il rischio, più concreto che mai, è dietro l’angolo: una repubblica (sic) presidenziale: con un Capo come Ignazio Benito La Russa.

Ci sta bene così?

O per gustarlo meglio volete un bel bicchier d’olio di ricino?

 

P.S. Dimenticavamo di rammentare ad Ignazio Benito La Russa che in via Rasella non marciava, strimpellando, “una banda musicale di semi pensionati, molti dei quali altoatesini”, ma i militari di un reparto delle forze di occupazione tedesche, appartenenti all’undicesima compagnia del Terzo Battaglione del ‘Polizeiregiment’, soprannominato ‘Bozen’. Ad organizzare l’attento furono i GAP, Gruppi Armati Partigiani.

Il giorno dopo (il 24 marzo 1944), il massacro delle Fosse Ardeatine, dove vennero massacrati 335 partigiani, resistenti, comunisti, ebrei scelti in modo ‘scientifico’, mirato: altro che ‘italiani’ e basta secondo il Meloni-Pensiero!

 

 

 

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