Malelingue, detrattori divorati da invidia, disfattisti, anti patrioti: in questo cocktail di picconatori della suprema conduttrice dell’esecutivo della destra-destra ci riconosciamo, e pur se lo riveliamo in confessione, il mea cula non basta, ne usciamo senza la salvifica assoluzione. Troppo gravi, mortali sono i peccati di dileggio dell’urlatrice di Marbella, osannata dai fascisti di Vox, il j’accuse del suo improvviso, strategico, mutismo su temi per lei esplosivi, come la strage di Cutro o la dimenticanza tipo Almirante. Nel citare la strage nazifascista di Marzabotto, ha parlato di vittime italiane e non di antifascisti. In colpa, per voler rottamare la borgatara della Garbatella, non siamo soli, ci fanno compagnia l’autorevolezza a tutto tondo delle testate La Stampa, il Manifesto, il Fatto Quotidiano, il Domani, Repubblica e da ultimo, nel giornale diretto da Molinari, la critica a tutto tondo di Furio Colombo, che titola “I quattro mesi di Giorgia” e con acume di esperto analista elenca le ‘cose fatte’ dal suo governo: annuncio del blocco navale, auto smentito, guerra aggressiva alle navi salvavita Ong, inclusa l’imbarcazione di Medici senza frontiere, costrette a sfidare il mare in tempesta per raggiungere porti del nord, ovviamente quelli a guida della sinistra; soluzione del problema emigrazione?: “Dovere dei migranti è non partire!”; lotta agli scafisti, che si guardano bene dal rischiare la vita su barchini da rottamare, ma non ai trafficanti. Donne incinte o madri di bambini in tenera età? “Yo soy Giorgia, madre, cristiana” impone con pugno duro che scontino la condanna in carcere; il regime parafascista della Meloni si mostra molto persuasivo. Chi critica il suo governo attacca l’Italia, è contro lo Stato.
Ci permettiamo un accenno al peccato veniale compiuto da Furio Colombo che nell’elencare le ‘lodi’ per il proficuo attivismo della premier ha dimenticato di raccontare il tempo dello svago a cui ella si dedica. Rimediamo. A costo di trascurare qualche impegno istituzionale, Giorgia si è concessa una divagazione ad elevato contenuto. In compagnia nientemeno che del sottosegretario alla cultura Mazzi e del compagno Giambruno, ha reso nobile la platea del teatro romano Brancaccio nell’assistere allo spettacolo del comico Checco Zalone, che notata siffatta presenza in sala, rivolto al pubblico ha detto: “Non mi fate fare figure di m…. che c’è la presidente del consiglio e ha preferito il mio show al karaoke con Macron”. Nel racconto di Colombo c’è un altro open space, nel senso che non allunga la lista dei meriti della ‘muta di Palazzo Chigi’ e ignora la disumanità dell’ accoglienza di Lampedusa, dove i migranti vivono in condizione di estremo degrado e decine di bambini dormono in terra (“Yo soy madre, cristiana”), per colpa di un affollamento incompatibile con la potenziale accoglienza della struttura.
“Se quattro mesi, vi sembran pochi…”
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