Intervista a Calenda, nemico in sedicesimo della sinistra, teso a far nascere un inedito format ex Dc. Richiesto sulla futura leadership del pensiero unico Azione-Italia non ha esitato: “Sarò io”. E Renzi? “Lui non vuole farlo”. È scelta politica del rottamatore del Pd, che ha spianato la strada di Palazzo Chigi alla destra? Assolutamente no. Mica scemo l’ex sindaco di Firenze, non intende sottrarre neppure un’ora ai suoi affari di consulente degli arabi, alle laute retribuzioni per trasferte e interviste, ai milioni di dollari che intasca come ‘libero professionista”.
In puro stile da comizio, da ospite dei fascisti spagnoli di Vox, l’irascibile Meloni riprende toni e decibel a mille temporaneamente abbandonati per imporre al suo aspetto angelico sobrietà e moderazione, nell’intento di accreditarsi come premier equilibrata, perfino democratica, rassicurante, europeista. In evidente status di nervi a fior di pelle, per le baruffe tra alleati, le cavolate di ministri e sottosegretari fuori di testa, si presenta in Parlamento alla vigilia del Consiglio europeo. Priva di endorsement dei partner, soffre vistosamente lo sgarbo dei ministri del Carroccio, che hanno disertato l’aula. Urla la mite Giorgia, ex muta di palazzo Chigi per molti giorni successivi alla tragedia di Cutro, definisce calunnia nei confronti dello Stato raccontare che “lasceremo morire bambini nel Mediterraneo” (frase mai pronunciata da chicchessia, ndr). Maggioranza compatta, mistifica la destra-centro-destra e come, se è di giornata la sortita deflagrante del leghista Romeo, che in nome dell’amicizia Putin-Salvini propone lo stop alla fornitura di armi all’Ucraina, in aperta antitesi con la disponibilità senza se, senza ma della Meloni a inviarne. Appare sullo sfondo, un “sovrappiù di stizza” della premier, per i nodi della spartizione di nomine, che lei intende gestire senza interferenze e la Lega rivendica per sé. Non meno influente è il mezzo fallimento della missione europea di “Yo soy Giorgia” per ottenere consensi concreti all’ipotesi di coinvolgimento globale sullo spinoso tema dell’immigrazione. Non ultima è la preoccupazione per la rete di ‘amicizie politiche’ che Elly Schlein va tessendo per compattare quanto c’è di sinistra nel Vecchio Continente (il premier spagnolo Sanchez, la finlandese Sanna Marin, il cancelliere tedesco Scholz, il portoghese Costa) . A proposito di ‘mutismo’ strumentale, non una parola della Meloni sul ‘caso’ Musumeci, ex governatore della Sicilia, promosso ministro per la Protezione Civile, che vince la nostalgia per la terra d’origine, per gli amici più cari e chiama a Roma come consigliere personale tale Ruggero Razza, ex assessore regionale alla Sanità, sotto processo per aver nascosto i dati dei morti da Covid, possibile candidato a sindaco di Catania, marito dell’assessora imposta da Fratelli d’Italia al neo presidente Schifani. 80 mila euro all’anno riceverà tale Silvia Cirocchi legata a Gianni Alemanno e salirà a Roma, come contorno di amici di Musumeci un gruppetto di ex adepti siculi. Tutti ‘fratelli d’Italia’.
Pulcinella? Un dilettante.