Farsa in tre atti

Il lodatissimo, quasi venerato signor Nordio, eminente giurista, assurto a dignità di ministro della Repubblica Italiana, a cui ha giurato fedeltà, coccolato e tenuto al guinzaglio dalla Meloni, aveva in serbo una sorpresa per i colleghi del Parlamento: fan in incognito della farsa napoletana, fisicamente simile per abbondanza a un attore di Scarpetta, ha voluto rendere omaggio al popolare genere teatrale e nell’intimità casalinga ha scritto “Nun è ‘nfame chi dice ’na bugia a fin di bene”. Soddisfatto del copione ha scelto per la premiere l’aula di Montecitorio. L’interpretazione ha ottenuto un successo straripante: standing ovation nei banchi della destra, titoli cubitali dei destrofili ‘Giornale’, ‘Libero’, osanna delle reti Mediaset. La trama: due colleghi di Fratelli d’Italia in stretta confidenza con la Meloni scatenano il putiferio. Delmastro, sottosegretario alla giustizia, vice di Nordio spiffera al sanguigno Donzelli, alter ego della Meloni, un presunto parlottare di Ospito, anarchico al 41 bis, con mafiosi detenuti nello stesso carcere. Il bilioso Donzelli, imbeccato da Del Mastro, infrange il rispetto per la sacralità del Parlamento con un isterico attacco al Pd, ai suoi esponenti che hanno visitato in carcere. Li accusa di essere collusi con mafia e terrorismo. Insorge l’opposizione e accusa: quel cicaleggio dell’anarchico con esponenti della malavita è coperto da segreto, non può essere divulgato. Nordio, primo atto della farsa. Non ancora indottrinato dai vertici di Fratelli d’Italia, conferma: “Intercettazioni segretate” e dà ragione ai dem. Richiamato all’ordine di scuderia e in corso il silenzio tombale della Meloni, che aspetta fiduciosa la retromarcia, Nordio ritratta (atto secondo): “Non erano segretate”. Dà ragione a Delmastro e Donzelli, li assolve. Il meglio della farsa è nel terzo atto, che Nordio interpreta come emulo del celebre mimo francese Marcel Marceau, in assoluto silenzio, per non commentare l’iniziativa della Procura di Roma che indaga Delmastro per ‘rivelazione di segreto’.  Gli appassionati del genere comic si aspetterebbero un finale ‘bum’ del terzo atto, che il lodatissimo giurista precedesse la chiusura del sipario e delle acrobazie parlamentari con uno strappa lacrime ‘mea culpa’. Invece applausi della regista semi occulta, che non commenta perché vittima di una provvidenziale influenza.

Riflessione freudiana: quale distorsione psichica induce un magistrato ha concludere la carriera come sottoposto di un partito che legittima comportamenti illegali? La psicanalisi propone un’interessante spiegazione. Ricorda che il termine ‘libido’, al significato di “incontrollato appetito sessuale” aggiunge per estensione “brama ostinata e tormentosa”.  La disponibilità a tradire il sacro principio dell’indipendenza sarebbe perciò sacrificata alla ‘brama’ di accedere a ruoli di potere, qual’ è appunto il titolare del ministero della Giustizia. Costi quel che costi. Fine della farsa e c’è poco da ridere.


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