Venti di tempesta sempre più forti sul conflitto ucraino.
Adesso anche una delle menti storicamente più ‘raziocinanti’ e ‘illuminate’, come quella dell’esperto di geopolitica Lucio Caracciolo, spesso tra i più ‘pacati’ opinionisti per ‘Otto e mezzo’ condotto da Lilli Gruber, getta ettolitri di benzina sul fuoco.
Il direttore di ‘Limes’ ed editorialista de ‘La Stampa’, infatti, arriva a dire: “Finirà che dovremo mandare anche i nostri soldati”.
Ecco una sua fresca dichiarazione: “L’invio di armi all’Ucraina non basterà più. Bisognerà considerare l’invio di nostre truppe”.
E aggiunge: “Nella guerra di attrito i russi sono avvantaggiati per ragioni demografiche, militari e materiali. Sono di più, hanno più armi e più risorse. Ci scopriremo di fronte alla scelta di fare davvero e direttamente la guerra alla Russia, oppure lasciare che la Russia prevalga. Questo bivio si sta avvicinando, a vantaggio di Mosca. Ci resterà la scelta fra una catastrofe e la vergogna”.
Dov’è finito, in quale posto s’è mai rifugiato il Caracciolo che parlava di negoziati come unica soluzione possibile, della necessità di battere senza se e senza ma la via diplomatica? Desaparecido? Sarà necessario, per trovarne le tracce, rivolgersi a ‘Chi l’ha visto?’.
E Oltreoceano ad alimentare le spinte al conflitto sempre più acceso provvede il ‘New York Times’, che il 18 gennaio ha così titolato un suo pezzo di apertura: “Gli Stati Uniti si preoccupano di aiutare l’Ucraina a prendere di mira la Crimea”, sottotitolando, in modo significativo, “L’amministrazione Biden sta valutando l’argomento secondo cui Kiev ha bisogno del potere per colpire la penisola ucraina annessa dalla Russia nel 2014”.
Scrive ancora il ‘NYT’: “L’amministrazione Biden sta finalmente (un avverbio che la dice lunga, ndr) iniziando ad ammettere che Kiev potrebbe aver bisogno del potere (tradotto, sempre più armi, e sempre più potenti dagli Usa e dalla NATO, ndr) per colpire il santuario russo, anche se una tale mossa aumenta il rischio di escalation, secondo diversi funzionari statunitensi”.
E prosegue: “Questa sarebbe una delle mosse più audaci, aiutare l’Ucraina ad attaccare la penisola che il presidente Vladimir Putin vede come parte integrante della sua ricerca per ripristinare la passata gloria russa”.
Nessun minimo cenno, nel fondo del quotidiano a stelle e strisce, che persino i sondaggi americani sui residenti della Crimea, sia prima che dopo il plebiscito del 2014, hanno rilevato che oltre il 90 per cento degli intervistati considera la Crimea come parte integrante della Russia.
Del resto, ormai, la gran parte dei paesi Ue e NATO sono concordi nel rispondere sempre in modo positivo ai continui inviti del guitto-presidente ucraino Volodymyr Zelensky di inviare più e più armi, sempre più potenti e sofisticate, a Kiev.
Uno scenario da brividi. Nel quale, ormai, la parola ‘negoziati’ è stata totalmente bandita; la via diplomatica neanche lontanamente presa in considerazione da alcun attore in campo. Unica voce fuori dal coro, quella di Papa Francesco, che continua a parlare delle atroci sofferenze per le popolazioni, i soldati: e che l’unica via possibile è quella della pace, senza se e senza ma.
Una voce sempre più sola e flebile nel deserto.
Di seguito, pubblichiamo un pezzo tratto dal consueto sito ‘Piccole Note’, prezioso come una bussola per orientarsi nel mare della disinformazione.
L’inizio dell’operazione Barbarossa e la coalizione dei volenterosi
“Chi avrebbe mai pensato che la Germania avrebbe subito critiche per non averinviato carri armati a combattere la Russia?” Infatti”. Inizia così un articolo di Rod Dreher su American Conservative che riporta il grido di allarme lanciato da Peter Hitchens sul Daily Mail per quanto avvenuto nell’assise di Ramstein, nella quale la Nato ha delineato le nuove direttive per la guerra ucraina.
Ramstein ha aperto la porta di Giano
“Questo è il momento in cui abbiamo iniziato l’inarrestabile discesa verso un terribile pericolo che molti di noi rimpiangeranno amaramente nei tempi a venire“, scrive Hitchens. Quindi, dopo aver accennato alle derive dell’informazione, continua così: “Tocca a me dirvi che è una grave stupidità da parte dell’Occidente fornire all’Ucraina carri armati moderni. A differenza di altri personaggi dei media e della politica, non sono un esperto militare. Ma so a cosa servono i carri armati, e non è certo a difendersi”.
“Ciò che abbiamo appena deciso di fare è prolungare e aggravare la guerra. Forse i nuovi carri armati spazzeranno via tutto quel si troveranno davanti. Forse si impantaneranno. Forse tenteranno di prendere la Crimea. Forse parteciperanno a a una Victory Parade nella Piazza Rossa. Non lo so. Ma se entrano in quello che la Russia considera il proprio territorio, allora non stupitevi di ciò che accadrà”.
Infatti, dopo la svolta di Ramstein “c’è la reale possibilità che una grossa fetta d’Europa possa essere trasformata in un cimitero radioattivo e che la rappresaglia convenzionale americana (che sarà furiosa e potente) ci farà fare un ulteriore passo avanti nel mondo dell’orrore, dei lutti, dell’esodo, della pestilenza e della povertà che da sempre sono causati dalla guerra. Se ciò accade, forse un numero maggiore di persone potrebbe voler capire perché tutto ciò è iniziato”.
Allarme giustificato, data la spinta di Ramstein ad avviare la terza guerra mondiale. Se il povero Cancelliere tedesco Olaf Sholz è riuscito finora a negare sia i Leopard 2 che ha in magazzino che quelli venduti a Paesi terzi, sta subendo una pressione fortissima per farlo. Anche in patria, dove il ministro degli Esteri Annalena Baerbock, la Liz Truss teutonica, ha dichiarato che Berlino potrebbe dare il suo placet all’invio di quelli all’estero.
Resta da vedere quanta forza d’urto riuscirà a mettere insieme tale spinta, cioè quanti carri pesanti si andranno a unire ai 14 Challenger 2 britannici ed eventualmente ai 20 Leopard 2 polacchi, già pronti per Kiev. Carri che andranno ad appoggiare le manovre dei più vetusti Bradley americani e degli altri veicoli corazzati in arrivo.
Peraltro, i carri pesanti saranno equipaggiati da personale militare Nato in incognito, dal momento che è praticamente impossibile addestrare gli ucraini in così pochi mesi, né si possono dare in mano armamenti tanto importanti dal punto di vista tattico e tanto costosi a personale inesperto. Un ulteriore passo verso l’ingaggio diretto della Nato nel conflitto.
D’altronde, si va allo scontro frontale. Così Simon Tisdall sul Guardian (ripreso da American Conservative): “L’Europa deve combattere. L’ha realizzato lentamente. Ma, quasi un anno dopo l’invasione russa dell’Ucraina, la maggior parte dei governi occidentali ha finalmente capito che la guerra per la sopravvivenza di Kiev è anche la loro guerra […] L’Europa deve combattere. Non ha scelta“.
“I timori di un’escalation, persino di un conflitto nucleare, espressi più volte dal governo tedesco, sono superati ogni giorno dall’orrore dell’inesorabile carneficina di Putin”. Come commenta Rod Drher, “ciò è folle”. Ed è tale la follia che sta dilagando in Occidente.
Tisdall parla a nome della Gran Bretagna, non a caso scrive mentre Boris Johnson è a Kiev a spingere Zelensky verso nuovi orizzonti, ma anche a nome della Nato e delle élite di Davos, che in combinato disposto stanno guidando l’Occidente in questa folle avventura.
Non solo i carri armati, subito dopo lo svolgimento degli incontri di Ramstein e Davos, i Paesi Bassi hanno dichiarato di voler inviare a Kiev anche gli F-16, dichiarazione sostenuta anche dall’ambasciatore Usa presso l’OSCE Michael Carpenter.
Primo indizio che si vuole supportare l’eventuale offensiva di primavera ucraina anche con l’aviazione, perché è presumibile che ai Paesi Bassi vadano ad affiancarsi altre nazioni pronte a inviare i propri jet da combattimento. Questa la nuova frontiera dell’escalation.
La carneficina di Bakhmut
Uno sforza immane da parte della Nato, che però denota anche un certo nervosismo. Il problema è che la situazione sul campo di battaglia non è esattamente come avevano sperato i suoi strateghi.
Come previsto invece da altri analisti molto più realisti, la controffensiva russa sta producendo i suoi effetti usando il generale inverno e la difesa di Bakhmut sta dissanguando l’esercito ucraino.
Riportiamo da Antiwar: “Il servizio di intelligence estero tedesco stima che Kiev stia perdendo un ‘numero a tre cifre’ di soldati ogni giorno, riferisce Der Spiegel. Tale valutazione è stata resa nota ai politici tedeschi nel corso di un incontro segreto svolto questa settimana”.
“Il servizio di intelligence federale tedesco (BND) è ‘allarmato’ per l’elevato numero di perdite che l’Ucraina sta subendo. L’articolo afferma che Berlino ritiene che l’Ucraina stia perdendo ogni giorno un numero a tre cifre di soldati nella battaglia di Bakhmut”.
Una valutazione simile è stata fatta dalla Casa Bianca, secondo la Reuters, tanto che avrebbe chiesto a Kiev di disimpegnare i propri soldati dalla difesa della cittadina, perché ciò scopre il fronte, come d’altronde si è visto ieri con la nuova attività russa nella regione di Zaporizhzhia (il cui primo scopo è quello di evitare che Kiev dirotti altre forze verso Bakhmut).
Peraltro, quella di Bakhmut è una carneficina inutile: la città è quasi circondata e i rinforzi che via via sono arrivati sono stati accolti da un volume di fuoco impressionante proveniente da ogni dove. Impossibile ripararsi.
Tale macelleria, peraltro, pone criticità alla possibilità di dare corpo all’offensiva di primavera delineata a Ramstein. I carri armati devono per forza supportare un esercito e l’esercito ucraino rischia di non avere più il potenziale per l’obiettivo, data anche l’ampiezza del fronte.
Si voleva creare un nuovo Afghanistan per la Russia, ma non si è tenuto che in Afghanistan la guerra di logoramento è stata vinta grazie a un esercito di miliziani reclutato in tutto il mondo arabo. Ma si trattava di irregolari buoni per una guerriglia estenuante consumata nei meandri delle asperità di quel Paese. Non si può fare altrettanto in una guerra campale.
E se la macelleria dell’esercito ucraino continua a tale ritmo, rischia di essere degradato al punto di non essere più sufficiente per ingaggiare il nemico. Così, se si vorrà prolungare la guerra a oltranza, come da proclami insistenti, contractors e militari Nato sotto mentite spoglie usati finora potrebbero non essere sufficienti a tappare i buchi che si stanno aprendo nelle forze ucraine. Servirà l’intervento di un esercito vero e proprio, o il solo esercito polacco o più massive forze Nato.
Da questo punto di vista, appaiono significative le dichiarazioni di Varsavia sulla creazione di “una piccola coalizione di paesi pronti inviare carri armati”. Tale gruppo, domani invierà i veicoli, dopodomani potrebbe fornire militari, modulazione più realistica dello schema delineato alcuni mesi fa dall’ex capo della Cia David Petreaus, il quale aveva proposto l’intervento di una “coalizione di volenterosi” in stile Iraq.
Tale ipotesi è evidenziata anche dal diniego del presidente polacco Duda, che ha dichiarato: “I soldati polacchi non andranno assolutamente in guerra e credo fermamente che non dovranno combattere”. Parole di conforto, ma che segnalano le pressioni in tal senso.
Di conforto anche il tweet di Elon Musk: “Sono super pro-Ucraina, ma un’escalation inarrestabile è molto rischiosa per l’Ucraina e per il mondo”. In Occidente c’è ancora una riserva di ragionevolezza.
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