Trascurate le scissioni, corollario della tormentata storia della sinistra, non sono meno frequenti e altrettanto tormentate le sue mutazioni genetiche: PCI, PDS, DEMOCRATICI DI SINISTRA, PD. L’incredibile post 25 settembre racconta di un ex partito sconnesso, in letargo, distante dall’obbligo politicamente etico di analisi, diagnosi e terapia d’urto per arginare la sonora sconfitta: cincischiamenti, arzigogoli, nessun segno di concretezza, di sana fantasia progettuale, caccia aperta all’eredità di un segretario che non vede l’ora di congedarsi dal Nazareno e di approdare a lidi meno tempestosi, le avances di almeno quattro pretendenti al trono a un futuro incerto, guerra fratricida di tre candidati ‘di apparato’ e di una outsider barricadera. In attesa di un leader che non appare all’orizzonte, per mancanza di eredi di Togliatti e Berlinguer, di un condottiero carismatico, tutto è congelato, in pausa attendista. Il clou dell’attivismo è stato tutto nel fare, e quando, un congresso rifondante. Ma non si sta proprio ‘con le mani in mano’. È aspro il confronto sul tema: “Continuare con il Pd, nome di elevata rappresentatività, inclusivo di lavoratori, di ampi ceti sociali e di tutori della democrazia costituzionale” o “rititolarsi”, per assecondare la sinistra della sinistra o i moderati? Il dilemma si alimenta con ipotesi creative e la componente operaista (Orlando,) propone “Partito dei lavoratori”, ma dimentica che esiste già, è la Cgil guidata da Landini e inoltre discriminerebbe quote articolate di italiani, altrettanto ampie, che non sarebbero rappresentate. ‘Repubblica’ racconta i ‘sentimenti’ precongressuali dei ‘papabili’ alla segreteria. Bonaccini propone che un povero deve essere curato e istruito come un ricco. Elly Schlein attacca la premier, che donna non aiuta le donne. Cuperlo annuncia la ricomposizione di una frattura. Paola De Micheli ammonisce che in assenza di rapporto con gli iscritti, si avrà l’esodo dal partito. Dichiara anche Letta: “Più innamorato di quando ho cominciato. L’inverno è finito, oggi è primavera”. In verità, è gelo invernale con qualche accenno di clima mite: con il fiorire precoce della natura, spunta nel campo arido del Pd il ritorno da figliol prodigo di Bersani, di Scotto, ex Sel e perfino di D’Alema, consulente del Qatar. Che dire, le baruffe chiozzotte impediscono al Pd di trarre profitto dalle disfide a sciabolate della maggioranza, di un treno che la macchinista guida con la retromarcia innestata: impegni elettorali sistematicamente disattesi, gaffe dei ministri, safari quotidiano per occupare a man bassa ruoli istituzionali e poltrone del potere. Salvini attacca Nordio, che limita l’uso delle intercettazioni a vantaggio dei mafiosi, La Russa si esibisce con il Teatrino delle Marionette, Piantedosi balbetta risposte alle accuse di aver intralciato l’operazione Messina Denaro preconizzando la sua imminente cattura e non ha alibi per l’ordine impartito alle navi Ong di sbarcare i profughi in porti del Nord a guida della sinistra. La Meloni, per non essere da meno, è protagonista di un ennesimo dietrofront sull’emendamento per la proroga delle concessioni balneari, ma si scontra con Forza Italia, Urso implora i distributori di carburante di non scioperare per il caos delle tariffe energetiche, Risultato? Per la prima volta dal 25 settembre il consenso per Fratelli d’Italia, scende al di sotto del 30 percento. Non profittarne è incomprensibile.
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