“Né di destra, né di sinistra”. Vero: è fascismo

Tra i commenti della geopolitica mondiale anche questo, assolutorio dell’assalto alle istituzioni democratiche del Brasile: “Violenze né di destra, né di sinistra”: è l’escamotage dialettico per negare la matrice Bolsonara dell’assalto fascista di Brasilia. Colpo di Stato? Forse ancora no, ma sicuramente un suo pericoloso prologo. L’argomento squarcia il velo di omertà che tende a distanziarsi dalla realtà del marchio nazifascista comune a innumerevoli, impuniti ‘fattacci’ raccontati dalla cronaca.

Guarda caso, la violenza brutale dell’invasione del Parlamento, della Corte suprema, del Palazzo presidenziale di Brasilia è avvenuta in concomitanza con la data dell’assalto al Parlamento degli Stati Uniti, ordinato da Trump ai suoi seguaci. La differenza: Il tycoon americano, negazionista senza neppure uno straccio di prova dell’esito elettorale, è stato sorpreso a incitare gli aggressori, mentre durante la profanazione delle sedi istituzionali di Brasilia, Bolsonaro, che a sua volta contesta la vittoria elettorale di Lula, indicato all’unanimità come mandante dell’assalto,  era in ‘trasferta’ negli Usa e ha dichiarato di essere estraneo alle violenze dei suoi sostenitori: assenza strategica per un piano programmato nei dettagli, preceduto  da presidi stabili dei contestatori nelle vicinanze degli obiettivi, ignorati dalla polizia, che ha assistito passivamente all’assalto, come a Washington. In vacanza, altra sospetta concomitanza, Torres (arrestato), responsabile della sicurezza di Brasilia.

La destra italiana, nella persona della onnipresente Meloni (ieri, nel programma domenicale di Lucia Annunziata, la sua faccia immortalata in molteplici espressioni ha esaurito ossessivamente gli spazi della scenografia di studio) si è affrettata a condannare i fatti di Brasilia, ma non risulta che con pari tempestività e nettezza si pronunci contro i mille episodi di violenza dei neofascisti di casa nostra. Silenzio tombale sull’assalto squadrista alla sede della Cgil e i raduni di neofascisti, negazionismo del 25 aprile, innumerevoli rigurgiti del Ventennio, protagonisti amministratori di Comuni e Regioni.

Può apparire improprio l’accostamento alla guerriglia scatenata dalla furia di ultrà romani e napoletani, gli uni in ‘missione’ di tifosi dei giallorossi, gli altri al seguito degli azzurri. La casualità non c’entra, e neppure la rivalità campanilista. I violenti sono espressione della degenerazione che ha avvelenato il mondo del calcio. La ‘battaglia’ tra   picchiatori è emanazione della criminalità che ha eletto gli stadi per ‘sfogare’ la violenza altrove repressa (non sempre) da polizia e magistratura, complice l’assembramento informe di tifosi nelle curve occupate dagli ultrà. Esplicita l’appartenenza dei tifosi laziali al neo fascismo e non meno degli ultra di Bergamo, Verona, Firenze, Milano. Di mezza Italia.


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