La politica delle coltellate alla schiena

C’è uno scarto abissale tra gravità dei problemi da affrontare e la qualità della classe politica. Italiana in special modo, ma il problema riguarda ormai tutto l’Occidente neoliberista.

Elenchiamo, senza approfondire, i principali nodi che qualsiasi governo e qualsiasi opposizione si trova davanti.

Siamo dentro una guerra non dichiarata tra la Nato e la Russia, con il resto del mondo che si rifiuta di seguire gli ordini Usa e quindi di isolare economicamente Mosca. Il che frantuma il “mercato globale” e anche i sogni della “crescita senza limiti”.

Il nostro paese, nella Nato, conta – diciamo così – molto poco, vista la storica sudditanza senza grandi resistenze (l’ultimo episodio degno di nota è l’”incidente di Sigonella”, nel 1985, quando Craxi si rifiutò di consegnare a Washington i dirottatori dell’Achille Lauro).

Pur scontando questa irrilevanza, un governo minimamente serio si preoccuperebbe di individuare i modi in cui spingere per un cessate il fuoco e l’avvio di una trattativa che quanto meno allontani il rischio di escalation nucleare.

Serietà di cui non si trova traccia nell’intero arco parlamentare, tutto schierato per l’escalation fino all’impossibile vittoria di Kiev.

Sul piano economico siamo dentro una recessione da cui è difficile intravedere una qualche uscita, dato che l’inflazione importata a causa dei prezzi energetici viene affrontata dalla Bce (sull’esempio della Federal Reserve Usa) con lo strumento suicida dell’aumento dei tassi di interesse. Che aggrava consapevolmente la recessione nella speranza di fermare l’inflazione.

Cosa che potrà anche accadere, alla lunga (se si ferma l’attività economica diminuisce in proporzione la domanda di energia e quindi il suo prezzo), ma ad un costo che persino la direttrice generale del Fmi definisce “doloroso”. Anche se questo non la convince certo ad indicare un’altra strada…

Le possibili risposte di un governo italiano sono oltretutto limitate dai trattati europei, dai vincoli di bilancio sorvegliati dalla Commissione presieduta da Ursula von der Leyen, dal cronoprogramma del Pnrr (che vincola l’erogazione di rate dei prestiti all’approvazione di “riforme” che vengono elaborate e approvate senza alcuna discussione pubblica), ecc.

Servirebbero comunque – e comunque la si pensi – progetti e programmi per tenere in piedi sia la struttura produttiva che la famosa “coesione sociale”, visto che l’impoverimento drastico causato dall’inflazione pesa sopratutto su salari e pensioni già ai livelli più bassi d’Europa.

Le conseguenze catastrofiche del cambiamento climatico si fanno sentire in ogni stagione in modo sempre più chiaro, con siccità prolungata e alluvioni torrenziali. La “transizione energetica”, già ridicola nei contenuti al momento della sua approvazione (neanche due anni fa), è stata riconvertita in maggior impiego delle risorse più inquinanti possibili (nucleare e carbone) con l’esplosione speculativa del prezzo del gas, dopo l’inizio della guerra.

Potremmo continuare con il dissesto della sanità pubblica, della scuola, della ricerca e dell’università. Con la precarietà lavorativa a salari da fame, che stanno riducendo la stessa capacità riproduttiva della popolazione italiana (399.000 nascite, nel 2021; erano oltre un milione nel 1964 e ancora 570.000 nel 1990).

Ci fermiamo qui, perché tanto ognuno di questi problemi, anche preso singolarmente, fa correre un brivido sulla sulla schiena a chiunque provi solo a dover pensare cosa si dovrebbe fare per limitare i danni (non diciamo neanche “per risolverli”).

La classe politica che abbiamo davanti di cosa si occupa, invece?

La destra a trazione fascista uscita vincente dalle elezioni con meno votanti della Storia (e una legge elettorale così truffaldina da cancellare quella famosa del ‘53) sembra sul punto di esplodere ancor prima di iniziare a governare.

I “grandi capi” di questa coalizione si scannano per mettere un vecchio attrezzo fascista degli anni ‘70 sulla seconda poltrona dello Stato (la presidenza del Senato), di cui nessuno sa ricordare un solo gesto esente da riprovazione generale.

Alla Camera, similmente, mette un più giovane integralista cattolico (di quelli che butterebbero volentieri Francesco I dalla finestra) che guarda alla preistoria più che al futuro, sognando un “ritorno ai valori” che anche la cristianità ha, se non altro, messo in discussione.

Il tutto mentre infuria la solita battaglia di tutti contro tutti per i posti da ministro (e vice, e sottosegretari), costringendo tutti ad interrogarsi su quali siano i meriti o le competenze di una Ronzulli (su cui Berlusconi è finito asfaltato come mai in vita sua), di un Bertolaso, di un tale Leo e altri nuovi o vecchi marpioncelli del sottobosco.

Il tutto tra foglietti insultanti mostrati ai teleobiettivi, grida (“non sono ricattabile”) che sottendono manovre in stile “il padrino”, mugugni e risate di scherno menefreghista.

Non che gli altri siano meglio…

I voti fatti mancare dai berlusconiani a La Russa sono stati sostituiti in tempo reale da quelli della banda Renzi-Calenda, più qualche emulo di Razzi e Scilipoti. Scambi di favore e “disponibilità” individuali che potranno tornare utili quando – facile previsione – dovesse sfasciarsi il carrozzone principale.

Del Pd inutile dire. Il magico Crozza ha potuto agevolmente ballare il tip tap sulle due “manifestazioni” in contemporanea “per la pace”, sotto l’ambasciata russa con le bandiere (e la comunità) ucraine e sotto quella dell’Iran. Evidentemente pensano che mostrarsi più servi degli Usa di quanto non lo siano gli eredi della destra paragolpista e stragista (guidata dalla Cia) dia qualche probabilità di tornare utili quanto prima.

*****

Può uno qualsiasi di questi personaggi prendere in mano uno qualsiasi dei dossier sopra nominati e, almeno, capirci qualcosa?

Evidentemente no.

Come si sia arrivati ad una situazione del genere – il massimo di complessità dei problemi critici, il minimo di competenza della classe politica che dovrebbe affrontarli – è noto. E abbiamo provato a spiegarlo diverse volte.

In tutto l’Occidente neoliberista, insomma in tutta l’area “euro-atlantica”, dopo la Caduta del Muro e del “socialismo reale”, il “pensiero unico” del capitalismo trionfante non ha avuto più alcun ostacolo. Come diceva la Thatcher, in quel pensiero “la società non esiste”, dunque non c’era alcuna necessità di governarla. Ci avrebbero pensato “i mercati”, nel modo più efficiente e dunque migliore. Al massimo gli Stati – e le relative “classi politiche” – dovevano occuparsi di facilitare loro il lavoro, “attirando i capitali”, “creando un ambiente business friendly”…

Le imprese non vanno disturbate”, cinguetta a suo modo ancora oggi Giorgia Meloni, promettendo che con lei a Palazzo Chigi non cambierà nulla. Al massimo qualche manganellata in più per chi protesta, qualche ostacolo in più per la carriera di chi critica, qualche libertà in meno (aborto, matrimoni, ecc), qualche barcone affondato in più…

Nel trentennio che abbiamo alle spalle è insomma cresciuta una classe dirigente che non doveva più preoccuparsi di “pensare lo sviluppo”, orientare la crescita, bilanciare gli interessi di classi e figure sociali differenti, traguardare e soppesare concretamente gli “interessi nazionali” con quelli delle alleanze cui si partecipava.

Tutto era già scritto, già pensato, già disposto. Bastava seguire le indicazioni e “competere”, al proprio interno, soltanto per conquistare consensi elettorali. Ed anche per questo “il mercato” offriva un esercito di esperti di marketing, “comunicatori”, imbonitori, attori, ecc. Bastava comprare queste “competenze” e il gioco era quasi fatto (anche gli “esperti” non sono tutti uguali, e possono sbagliare).

L’attuale classe politica dell’Occidente neoliberista, e in special modo quella italiana, è il risultato di questa “selezione negativa”. E’ un grumo di attori/truffatori in grado di conquistare voti grazie all’accesso privilegiato ai media di regime (pardon: “di mercato”). Ma non sa pensare – non gli è stato mai chiesto né permesso – come elaborare strategie, disegnare scenari complessi, immaginare soluzioni, programmare sul medio periodo.

Il loro riferimento sono i sondaggi. Purtroppo volatili. E le loro opinioni variano con la stessa frequenza. L’unica cosa di cui sono davvero esperti la stiamo vedendo in queste ore: le coltellate alla schiena, reciproche.

Ma, al contrario che in Highlander, non ne resterà neanche uno…

 

FONTE

https://contropiano.org/news/politica-news/2022/10/15/la-politica-delle-coltellate-alla-schiena-0153421


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