MARIO DRAGHI / SFRACELLI IN ITALIA, MA STATISTA 2022 PER GLI USA 

 

Tripudio a New York per il nuovo Special One che tutto il mondo ci invidia, Mario Draghi.

Prima di partecipare alla settantesettesima Assemblea Generale delle Nazioni Unite, il premier che ancora governa (e ha portato sull’orlo del baratro) il nostro Paese è stata la guest star in occasione della cinquantasettesima edizione dell’Annual Awards Dinner promossa dalla ‘Appeal of Conscience Foundation’, dove all’ex capo della BCE è stato conferito il prestigioso ‘World Statesman 2022’, come miglior statista dell’anno. Il tutto nel super lussuosa cornice del ‘Pierre Hotel’ di New York.

Questa la motivazione: “Per la sua lunga leadership nella poliedrica finanza e nel pubblico servizio di cui hanno beneficiato l’Italia e l’Unione europea e che ha accentuato la cooperazione internazionale”.

Il premio è stato consegnato da Henry Kissinger, ormai quasi centenario, e autore nelle ultime settimane di illuminati e illuminanti interventi sul conflitto in Ucraina, di segno diametralmente opposto alla politica iper-bellicista degli Stati Uniti, sempre spalleggiati dal fedele alleato italiano.

Il rabbino Arthur Schneir, fondatore e presidente della ‘Appeal Foundation’, si è così rivolto a Draghi: “Ci aspettiamo con ansia che tu rimanga un fattore di quella stabilità di cui l’Italia ha bisogno”, battuta raccolta dal premier uscente (e soprattutto a   quattro giorni dal voto) con un risolino.

 

Ma ecco alcune frasi pronunciate dallo Special One: “Le autocrazie prosperano sfruttando le nostre esitazioni. Dovremo evitare l’ambiguità, per non pentircene in seguito”.

“L’invasione russa rischia di inaugurare una nuova era di polarizzazione, un’era che abbiamo vissuto alla fine della guerra fredda. La questione di come trattiamo con le autocrazie definirà la nostra capacità di plasmare il futuro comune per molti anni a venire. Spero in un punto: in cui la Russia decida di tornare alle norme sottoscritte nel 1945 con la firma dello statuto dell’ONU dopo la seconda guerra mondiale”.

Ha la vista lunghissima, Draghi. Peccato gli difetti quella più ravvicinata nel tempo.

Dimentica clamorosamente, infatti, gli impegni solennemente presi con la Russia di Michail Gorbacev, nella primavera del ’91, dopo la caduta del Muro di Berlino, dalle grandi potenze mondiali (Stati Uniti, Francia, Germania e Gran Bretagna) di non varcare di un solo centimetro la linea del fiume Oder. Linea negli anni successivi ampiamente e abbondantemente stra-valicata, visto che i confini della NATO si sono allargati a dismisura, inglobando, annettendo o comunque infilando sotto il suo tanto protettivo ‘ombrello’ ben 14 paesi che fino a quel ’91 aveva fatto parte dell’Unione Sovietica.

Proprio dal tradimento di quel patto trova origine, oggi, il conflitto in Ucraina, con una Russia che si vede letteralmente accerchiata da Paesi ormai controllati dagli Usa, anche se sulla carta fino ad oggi ‘indipendenti’ come l’Ucraina, presieduta dal pupazzo Volodymyr Zelensky eterodiretto dagli Stati Unti. Il cui Esercito a stelle e strisce ha avuto tutto l’agio di piazzare, proprio in Ucraina, così come in tanti altri paesi ex sovietici, una miriade di bio-laboratori, tante piccole, pericolosissime Wuhan: 13 quelle ufficiali, ma secondo altre stime oltre una quarantina nella sola Ucraina.

Tutte queste cose mister Draghi le sa bene.

Ma fa finta di ignorarle e, come un perfetto struzzo al servizio del Capo della Casa Bianca Joe Biden, piazza la testa sotto la sabbia. Anche perché ha bisogno dell’Ok del presidente Usa per volare sulla poltrona tanto agognata: quella di Segretario Generale della NATO, che tra un mese il già prorogato (da febbraio) Jens Stoltemberg, dovrà lasciare.

Cento volte meglio quel prestigioso scranno di comando rispetto alle beghe da cortile del nostro pollaio politico.

Ancora più ingestibile – statene certi – dopo il 25 settembre…


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