Detto che il ‘carrocciaro’ della Valpadana è un dilettante della politica allo sbaraglio e che la “Yo soy Giorgia” maschera con le accuse di inerzia alla Lamorgese l’invito ai suoi ultra della destra perché mettano a tacere con la forza persuasiva del fascio chi dissente nel corso dei suoi urlati comizi, non sorprende la reazione scomposta del Matteo leghista all’amara ironia di Draghi sui politici italiani ‘pupazzi’. Il premier non si è riferito esplicitamente a Salvini, ma il decadente “prima gli italiani”, non richiesto, si è risentito e così facendo si è auto-identificato con l’attributo ‘pupazzo’. Un classico autogol. Più scaltro Berlusconi. Non ha commentato l’esternazione di Draghi, pur avendone motivo.
Il pensiero internazionale sul pericolo della destra al governo dell’Italia. ‘The Guardian’ definisce terribili le conseguenze economiche e sociali. Il Financial Times va oltre: “La Meloni è una sobillatrice di destra, una conservatrice dell’Ucraina o una minaccia per la Ue?” Il cancelliere tedesco Scholz teme lo scivolamento dell’Italia verso la destra di Ungheria e Polonia, e il presidente del Spdl, condanna il partito della Meloni perché postfascista. Letta, per il rischio di ostilità della destra verso la Ue, avverte che i finanziamenti europei a fondo perduto potrebbero subire lo stop. Una smentita al giorno per la “Yo soy Giorgia” che tenta invano distanze dal Ventennio. Un suo suddito, tale Calogero Pisano, segretario provinciale di Fratelli d’Italia ad Agrigento e candidato alla Camera il 25 settembre, sul proprio profilo social ha definito Hitler ‘grande statista’ e per non farsi mancare nulla ha postato una testimonianza di fede nell’aggressore dell’Ucraina con significativo “Io sto con Putin”. Silenzio tombale della Meloni. In controtendenza al soggetto in questione c’è Marcello Pera. Come molti che pensano di saltare sul carro dei possibili vincitori, Pera si è candidato con Fratelli d’Itali. Sulla questione Ucraina ha opinioni opposte al ‘fratello d’Italia siciliano e al ‘carrocciaro” di Pontida: “Putin ci vuole distruggere, giuste le sanzioni alla Russia”.
C’è voglia di liberismo nella difesa d’ufficio di Renzi dei voli non di linea, cioè privati. Chi sostiene che si tratta d’altro, così minaccia l’ex Pd, rischia di essere querelato (antico stratagemma per spegnere il focus di polemiche e scandali). Il fatto è lo zompettare di Renzi con un jet non di linea, per una serie di comizi in un solo giorno da un luogo e l’altro dell’Italia. Un esempio fresco, fresco (la Repubblica): domenica scorsa il fondatore di Italia Viva si è speso in quattro puntate elettorali tra Calabria, Puglia, Sicilia (dove ha difeso i voli privati osteggiati dagli ambientalisti per i danni da inquinamento) e Sardegna con un aereo, della ‘Leader’, scali finali a Firenze e Roma. Ci sarebbe anche il precedente di un tour italiano del sabato e tappe con voli di Dassault Falcon.
Certo, progetto sontuoso, perfezione scenografica, raro esempio di amore appassionato per il potere ben gestito, commozione, compostezza britannica, riferimenti storici, alta suggestione dei luoghi, architettura imponente, la telecronaca mondiale dell’evento. Un’intera giornata di immagini, parole, commenti autorevoli e a tratti di gossip, zoom su dettagli dei cortei e della folla commossa, non solo di inglesi, i piani sulla famiglia reale, degli ospiti illustri, musica, l’inno nazionale, gli occhi lucidi di re Carlo III, la serietà rispettosa dei pronipoti di Elisabetta, la sua beatificazione mediatica. Bellissimo tutto. O quasi. L’eccezionalità dell’evento assolve parzialmente la prolissità di commenti, interviste, impegni full time di corrispondenti e inviati e all’estremo, la performance non-stop di Monica Maggioni, direttrice del Tg1, che forse ha saltato perfino i pasti e il caffè, abbarbicata alla poltrona del nuovo studio, come avvenne nel ferale giorno dell’invasione russa in Ucraina.
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