Joe Biden sempre più come Il dottor Stranamore.
Il capo della Casa Bianca, ormai terrorizzato dalle elezioni di medio termine sempre più vicine, pigia sull’acceleratore dell’imperialismo più spinto, puntando sull’orgoglio yankee e sull’imperativo (prima trumpiano) ‘America first’.
E quindi i nemici vanno schiacciati, gli avversari storici degli Stati Uniti, come Russia e Cina, presi a sberle non più tanto metaforiche o parolaie, ma con i fatti concreti. Che, nel glossario della Casa Bianca e soprattutto del suo Dipartimento di Stato sempre più guerrafondaio (dove dominano i ‘falchi’ Tony Blinken e Victoria Nuland), significano armi, armi e solo armi.
Non solo, come sta succedendo da mesi e mesi, verso Kiev, venendo quotidianamente incontro alle ossessive richieste del presidente-guitto Volodymyr Zelensky, per vincere la guerra contro il macellaio Vladimir Putincosti quel che costi, “fino alla pelle dell’ultimo ucraino”, come recita il gingleormai in voga al Dipartimento di Stato.
Ma armi da inviare anche a Taiwan, tanto per gettare tonnellate di benzina su un altro fuoco e attizzare un altro focolaio di guerra certa, stavolta contro l’odiata Cina.
Non bastava, infatti, il folle viaggio a Taiwan del mese scorso organizzato dalla speaker della Casa Bianca Nancy Pelosi, una provocazione in piena regola, tanto per ribadire che gli americani sono pronti, come al solito, con i loro metodi, ad intervenire per difendere ‘libertà e democrazia’.
Adesso, per far capire bene che alle parole seguono i fatti, l’amministrazione Biden ha appena dato il suo ok all’invio di un gigantesco quantitativo di armi proprio a Taiwan, per il valore di 1 miliardo e 100 mila dollari, not nuts, non certo noccioline.
Un pacchetto-regalo in piena regola: ecco, infatti, in bella mostra 60 missili antinave Agm-84L Harpoon Block II, pronti per prendere la via di Taiwan. Seguono 100 missili aria-aria Aim-9X Block Sidewinder.
Infine, i vertici Usa hanno sottoscritto con le autorità taiwanesi un bel contratto per la sorveglianza-radar.
Pechino, appena avuta la notizia della provocazione, non ha aspettato a rispondere, dichiarando che verranno “adottate risolutamente contromisure legittime e necessarie” se gli Usa non rinunceranno alla belligerante iniziativa.
Ma Washington, ormai, non può più tornare sui suoi passi, finendo col perdere la faccia, visto che la decisione è stata già largamente presa. E addirittura i ‘falchi’ (Blinken & Nukland) di ‘Sleepy Joe’ hanno già organizzato per il loro Capo la presenza, come guest star, al summit di fine settembre, con un Biden pronto ad accogliere a braccia aperte i leader delle ‘Isole del Pacifico’. L’ennesima ‘arma’ studiata dai cervelloni della Casa Bianca per mettere ulteriore pressione alla Cina, e cercare di ridurne l’influenza strategica in tutta l’area.
Secondo alcuni esperti, si tratta della risposta studiata con cura dal solito Dipartimento di Stato (molto più attivo, su questi fronti, rispetto al Pentagono, che cerca di limitari quanto più possibile i danni derivanti da una politica estera così smaccatamente imperialista e guerrafondaia) per la vicenda delle Isole Salomone. Appena pochi giorni fa infatti, il 30 agosto, le autorità delle Salomon Islands hanno raggiunto un importante accordo con Pechino, che prevede il divieto di transito, per quelle acque, di navi battenti bandiera a stelle e strisce. Un vero ceffone per ‘Sleepy Joe’.
Ulteriore fronte di sconto Cina-Usa, of course, è quello economico, con la ‘guerra dei chip’. Le autorità statunitensi hanno vietato ai due colossi Usa del settore, ‘Amd’ e ‘Nvidia’, di vendere i loro microprocessori più avanzati alla Cina, la quale ha subito mostrato i muscoli e protestato in modo vibrato: “Questa decisione viola i più elementari principi di concorrenza leale e le regole del commercio internazionale”.
Vedremo presto quale sarà, in concreto, la reazione.
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