Lui non bada alla linea editoriale dei media, che per soggezione politica o ragioni di audience, offrono ampi al valpadano leghista, esempio estremo di tolleranza del sistema, che accoglie nelle sue larghe e caotiche maglie inetti, mestieranti della politica, opportunisti, mercenari dei partiti, tizi indagati processati e condannati dalla magistratura (sempre meno in virtù di sospetto buonismo di molte toghe). Lui va e sparla, butta lì caz..te, che gli economisti (Cottarelli e compagni), rigettano con sdegno e mette in guardia gli italiani chiamati al voto del 25 settembre. Avrete intuito a chi si riferisce l’accusa di millanteria, che si spera sia sonoramente bocciata dagli elettori e perfino da una quota, scusate il termine, di scoglionati della Lega. Se Letta ci ascoltasse affiancherebbe alle ragioni di ottimismo (“Puntiamo al 30% dei voti”) un rilancio del Pd insuperabile in tema di tasse. Se Berlusconi, privo della competenza economica dell’esule Brunetta, ha mandato in orbita il ballon d’essai di tasse per tutti al 23 %, l’alleato Letta, in chiara difficoltà, ha replicato “Si può fare di più e di qui il proclama che dovrebbe incantare gli elettori: tasse al 23% ? Macché, al 15%. Mister Letta, sieda a questo tavolo del poker con questi giocatori dal bluff facile a cui nessuno dovrebbe credere e rilanci: “Italia paradiso fiscale, zero tasse con contorno di condono fiscale. Sparare balle pre elettorali non costa niente e la satira fa più male di proposte e comizi. Gli economisti definiscono le sortite di Salvini e Berlusconiche cavolate, quella del leghista è un capolavoro di antipatriottismo. Spiegano che costerebbero al Paese più di cinquanta miliardi e come orami tutti dovrebbero sapere, sarebbe un sontuoso regalo per ricchi ed evasori. L’Italia si ritroverebbe con un piede e forse tutti e due sull’orlo della tenebrosa voragine del fallimento.
Leggo, nella copertina del giornale diretto da Molinari, lo stuzzicante titolo di centro pagina ‘Freud e il narcisismo del leader? Ricordo di aver affibbiato giorni fa il termine narciso a Calenda, in una nota sul tema dei capricci da virus che trasmette la libidine per il potere. Mi pento di aver riservato l’esclusiva al picconatore di ‘Azione’: provvedo e lo estendo, come fa Belpoliti di Repubblica e con qualche aggettivo supplementare, all’edonismo di Renzi, alla protervia spocchiosa di Salvini, al delirio di auto esaltazione della borgatara Meloni.
Crosetto, fondatore di Fratelli d’Italia (che dite, gli facciamo un monumento a cavallo al posto di Garibaldi?) in questi giorni di scintille tra opposte fazioni e all’interno di alleanze vere o spacciate per tali, indossa la toga di Pm e bacchetta a destra e manca i giornalisti che osano rivolgergli domande scomode, per esempio sulla inverosimile gaffe del socio Berlusconi che si è appropriato, mentendo, del merito di aver ottenuto dall’Europa i miliardi per la ripresa dell’Italia dalla crisi Covid. Peccato che a quel tempo Berlusconi non avesse alcun ruolo istituzionale. A far le spese del giustiziere Crosetto anche un giornalista del Tg1. Il vice della Meloni azzardava pareri sul Pnrr, Piano nazionale di ripresa e resilienza ed è intervento Bonini: “Fratelli d’Italia ha votato 5 volte no sul PNNR all’inizio”. L’irritata replica di Crosetto: “Lei faccia il conduttore, non faccia la parte”. La replica: “Io faccio il conduttore e richiamo alla memoria, poi le chiedo un commento”. Crosetto ha ribadito il concetto: “No, no, no, non si schieri troppo…” Sulla questione il parere dell’Usigrai, sindacato dei giornalisti Rai, che riportiamo di seguito per capire cosa ne sarebbe della libertà dell’informazione con la destra al governo: “Oggi, a Tg1 mattina, Crosetto, tra i fondatori di Fratelli d’Italia, non ha capito che era ospite di un programma di informazione di servizio pubblico e non ad un comizio. Fare domande non è di parte, se ne facciano una ragione quanti vorrebbero un’informazione schierata e plaudente; le giornaliste e i giornalisti della Rai continueranno a fare il loro lavoro anche in questa campagna elettorale, con lo stesso rigore e professionalità con cui stanno raccontando la guerra, la pandemia o la cronaca quotidiana”.
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