E’ ormai sceneggiata alla stato puro, un ‘unicum’ mai visto neanche nei più storici teatri partenopei.
Il silenzio sdegnato, la mancanza di tweet per 24 ore, da parte di Carlo Calendaal fidanzato Enrico Letta, con il botto finale, il VAFFA che più VAFFA non si può, è una vera perla che neanche un Mario Merola in forma smagliante sarebbe stato in grado di ideare e partorire.
Imperdibile. Soprattutto se si tiene conto dello ‘spessore’ dell’ex promesso sposo per 3 giorni tre, forse qualche ora di meno.
Basita, davanti alle telecamere di ‘In Onda’, Emma Bonino, che racconta di non saperne niente. Era rimasta alle carte pensate, scritte e firmate da Calenda, poi la pratica se l’era sbrigata il segretario di +Europa, Benedetto Della Vedova (un tempo, val la pena di rammentarlo agli smemorati, uno dei fedelissimi di Gianfranco Fini).
La parola data è una, commenta amara l’ex radicale dura e pura, e oggi, comunque, nel board della corazzata di un pescecane di razza nei mari della solidarietà che più pelosa non si può, George Soros, a bordo della sua ‘Open Society Foundation’ e grande amico (e finanziatore) del guitto-presidente ucraino, Volodymyr Zelensky.
Come la si gira e come la si volta, siamo nel pieno di una sceneggiata popolata di nani e ballerine. Nessun riferimento, of course, ai Brunetta e alle Carfagna da poco accorsi alla corte di Calenda, poi per poche ore passati al talamo lettiano, ora di nuovo in mare aperto.
Quel mare centrista dove ha sempre nuotato, da parecchio tempo a questa parte, un altro pescecane di razza, Matteo Renzi. Il quale ha appena rispedito con gentilezza al mittente l’invito pervenutogli da Silvio Berlusconi di fare il suo ingresso a vele spiegate in Forza Italia, che del resto sarebbe la sua ‘casa’ naturale, visto che già anni fa il Cavaliere proclamò di ‘vedere’, nel deprimente panorama politico di cosa nostra, una sola figura in grado di emularne le gesta, impalmandolo come suo erede: proprio lui, l’ex segretario del PD ed ex premier Renzi.
Che fino a qualche giorno fa proclamava, ‘vado solo al voto e prendo il 5 per cento’. Ora gonfia il petto e lancia in tempo reale un messaggio a Calenda che più bollente non si può: “E’ arrivata l’occasione storica, facciamo il Grande Centro”.
Dio li fa e poi, anche alla fine dei percorsi più tortuosi, li accoppia.
Sono l’emblema – Calenda e Renzi – del trasformismo più acrobatico, della totale mancanza di visione politica, ossia per il progresso sociale e civile di quel popolo che vorrebbero governare, e invece interessati unicamente al Potere per il Potere, nel senso più deteriore del termine.
Hanno avuto a che fare con un totale coglione politico come Letta e l’hanno messo, per ben due volte, nel sacco.
Ricordate il mitico ‘Stai sereno, Enrico’, pronunciato dall’ex segretario del PD al Letta premier? Dopo pochi giorni impallinato.
Ora il bis, mandato affanculo perfino da Calenda. Una carriera da pariolino doc, la storica amicizia con il ferrarista Luca Cordero di Montezemolo, poi addirittura, una quindicina d’anni fa, lo sbarco a Nola. Dove anni prima era sorto il CIS, il mega centro commerciale nato con la benedizione del superboss di allora, don Carmine Alfieri.
E cosa va a fare, in quelle zone, il rampante pariolino? Si occupa di pubbliche relazioni per il decollo dell’Interporto di Nola, un business finito al centro delle cronache giudiziarie e non solo: perché vi vennero investiti perfino i denari della Curia di Napoli, all’epoca alle prese con affari che più temporali non si poteva…
Telefonò, nel 2008, alla redazione della ‘Voce’, un più che suadente Calenda, che lamentava l’eccessivo interesse giornalistico della nostra testata a quel business. “Con tanti temi caldi, perché non vi interessate di altro?”, suggerì.
Un vero diplomatico, Calenda, come la sua dinasty dimostra. Che ogni tanto perde le staffe e, come successo poche ore fa, manda affanculo il povero Letta, che totalmente a digiuno della minima grammatica politica, aveva incontrato il verde Bonelli e il sinistro Fratoianni per arare meglio quel ‘campo largo’ che vagheggia da mesi.
Un campo che s’è immediatamente rivelato pieno di rovi e di trappole sparse qua e là. Piccole correzioni apportate al ‘Decalogo’, ormai l’unica stella polare per (quasi) tutti, l’Agenda Draghi, una spruzzatina di ecologia e qualche istanzina sociale e voilà, la frittata è fatta.
La volpe Calenda coglie la palla al balzo e straccia l’accordo. Mai sognato di stare insieme a quei due e al Di Maio che per una vita ci ha sputato contro. Me ne vado, fidanzato mio, trovatene un altro (o altri).
Resta ridicolmente col cerino in mano l’ex docente della Sorbona (farebbe meglio a tornarvi di corsa, anche come uscire), Letta. Che ora, per il suo leggendario ‘campo largo’, dovrà trovare in fretta e furia altri contadini pronti a dargli una mano. Una faticaccia, sotto il solleone agostano.
State sicuri, preso dal panico cercherà addirittura di andare a Canossa, per scusarsi con il Capo Grillo (che comunque faceva le sue belle chiacchieratine serali con l’Uomo dell’Agenda per liberarsi del fastidioso segretario 5 Stelle) e perfino con Giuseppe Conte, che ha accusato in tutte le salse di aver provocato la catastrofe, di aver sfasciato l’unico governo che potesse salvare l’Italia dallo tsunami.
A questo punto, Conte deve fin da ora cominciare ad allenare il suo apparato mandibolar-respiratorio: per esibirsi, nei confronti del genuflesso Letta, in una pernacchia storica, capace di rimbombare lungo tutta la penisola. E di far sbellicare dalle risate perfino il Maestro Totò.
P.S. A questo punto sorge spontaneo un interrogativo.
A chi spettano i diritti del Decalogo di tutti i Decaloghi, l’ormai miracolosa Agenda Draghi?
Il primo a farsi avanti è di sicuro Letta, che l’ha sbandierata davanti a tutta la nazione un giorno sì e l’altro pure.
Vanti i suoi diritti, of course, Calenda, che proprio su quell’Agenda ha firmato l’accordo con il segretario del PD: era quello il vero patto ‘identitario’.
Ma è pienamente della partita Renzi, il quale ha sempre sostenuto di essere il king maker di Draghi premier e di volerlo sempre e comunque come numero uno, con quell’Agenda come vessillo.
In che modo risolvere la singolar tenzone? Un antico duello alle 6 di mattina con tanto di padrini?
O lasciare la parola al Vate Unico, a chi ha firmato quel Decalogo: Santo Draghi?
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