Abbiamo toccato il fondo.
Siamo arrivati, con ogni probabilità, ad un punto di non ritorno.
La cosiddetta ‘classe politica’, la ‘rouling class’ di casa nostra, ha mostrato il peggio del peggio mai fatto segnare nella nostra storia repubblicana. Un museo degli orrori in piena regola.
Fino a qualche anno fa (ma anche fino a ieri) la Commissione parlamentare Antimafia, in vista del voto, era solita preparare la lista degli ‘impresentabili’, personaggi dalla fedina penale non immacolata.
Oggi non se ne parla praticamente più, è sparita dai radar mediatici. Per un solo motivo: perché questa classe politica è in toto, globalmente, in modo compatto IMPRESENTABILE. Anzi, ben di più. Ignorante, incapace, inefficiente nel migliore dei casi; negli altri anche ladra, collusa e corrotta.
Quindi una bella scelta per gli italiani costretti ad andare al voto: tra la peste e il colera, proprio lo stesso concetto espresso da un simpatico elettore della banlieu parigina in occasione del voto presidenziale, obbligato ad optare, al ballottaggio, tra due schifezze autentiche come Macron e Lepen.
Almeno, ora, dalla Francia arrivano segnali di un certo risveglio: visto che al fresco voto politico il neo ri-presidente Macron ha beccato un bella sberla e ai transalpini resta la speranza di un Melanchon. Che sarà un vecchio arnese della vecchia sinistra: ma è pur sempre un uomo che ancora riesce ad esprimere idee di giustizia sociale, quanto meno il minimo sindacale! Tutto sta a vedere come andranno i ballottaggi e se mai Melanchon sarà in grado di ‘fare’ sul serio politica.
Ma almeno stiamo parlando di una boccata di ossigeno. Mentre qui da noi siamo immersi nella melma (avremmo usato piò opportunamente un altro termine che comincia sempre per M, ma preferiamo evitarlo per motivi olfattivi) fino al collo, come non succedeva non da anni, ma da decenni.
Inutile fare il toto ‘chi vince’ in questo totale manicomio, e comunque prima dei ballottaggi. Al solito, tranne un serioso Giuseppe Conte che dichiara apertamente la sconfitta, tutti gli altri hanno vinto, anzi trionfato: come nella più classica delle sceneggiate post voto.
Strafelice Enrico Letta che guida il partito più votato in Italia e parla di un futuro radioso per il suo sempre più fertile campo aperto, anzi apertissimo, tutto da arare.
Gongola il 2 di briscola Carlo Calenda che annuncia al mondo la nascita del tanto atteso nuovo centro, la balena bianca che solcherà i mari del nostro futuro.
Va in sulluchero mister 1 per cento Matteo Renzi che si sente sempre più (e ormai da una vita) l’eterno ago della bilancia. Come una voltasi si diceva dei repubblicani: solo che tra il mitico Ugo La Malfa e il guitto Renzi (fa tanto il paio con Volodymyr Zelensky) c‘è di mezzo un oceano politico, soprattutto di ‘cultura’.
Sul fronte destro non sta nella pelle Giorgia Meloni, che già incarna la first lady nera che passa al grigio per governare l’Italia, auto-proclamata e auto-candidata numero uno di una destra che agli appuntamenti decisivi si presenta regolarmente spaccata.
Si consola non si sa con cosa Matteo Salvini, che nel giro di un biennio ha perso di tutto e di più, tra voti, faccia e scampoli di credibilità politica.
Certo, i ballottaggi amministrativi potranno solo in parte attutire la sconfitta del centrosinistra nelle città-medie andate al voto.
Ma sono questi mesi che ci separano dalle prossime politiche a rendere il quadro italico drammatico, anzi tragico.
Partendo dal terreno sociale ed economico, che sarà un campo di battaglia vero e proprio, solo lacrime e sangue. L’autunno bollente porterà chiusure di aziende a raffica (altro che ripresina!), disoccupazione alle stelle, sottoccupazione, precarizzazione, drastico abbassamento dei livelli di sussistenza per fasce di popolazione sempre più ampie. Una vera economia di guerra senza averla, anzi avendo contribuito a farla conto terzi.
E come si presenterà mai, in vista del voto, il cosiddetto centro sinistra? Quell’area vagheggiata dal dotto Letta che esiste solo nel suo cervello? Perché non c’è un programma, uno solo, decente all’orizzonte…
La pratica scomparsa dei 5 Stelle, come ammesso da Conte con candore, e i risultati elettorali da pianto, parlano da soli.
Il PD ha perso nel corso degli anni ogni vocazione progressista, è una Kasta per vince nei centri borghesi e tutela solo gli interessi di chi ha. Dei senza mezzi e dei senza diritti se ne strafotte.
Chi potrà mai, a questo punto, rappresentare quella massa crescente che oltre a non avere più mezzi & diritti, non ha neanche più una sponda politica, un partito nel quale ‘identificarsi’, come un tempo succedeva con la classe operaia (e non solo) intorno al PCI di Enrico Berlinguer?
Sta qui il grande vuoto, il dramma politico, il baratro che rischia di sprofondarci tutti.
Può mai nascere, in pochi mesi, una ‘formazione’ in grado di raccogliere tutto il dissenso-scontento che si è formato in questi due anni e mezzo che hanno sconvolto l’Italia (e anche il mondo), tra pandemia & guerra?
Come può venir fuori, in modo quasi miracoloso, questa Araba Fenice? E come – ammesso che ciò fosse possibile – riuscirà mai ad imbastire un minimo dialogo con un PD che rappresenta la totale antitesi?
Come arrivare a questa sintesi ‘chimica’ praticamente impossibile? Potrebbe servire, forse, uno sguardo, come detto prima, alla vicina Francia. Forse loro ce la fanno a mettere in piedi un’alternativa ‘possibile’ al macronismo tutto Kasta & Potere.
E qui? Può mai risorgere dalle sue stesse ceneri un movimento 5 stelle che ha perso ogni spinta propulsiva? Ci vorrebbe solo un miracolo degno del miglior San Gennaro.
E allora?
Basta solo affidarsi agli autogol, agli harakiri della destra in vena di spaccarsi sempre e comunque?
Un’ultima nota sui referendum. Non ci voleva la sfera di cristallo – tanto che lo avevano ampiamente previsto nell’inchiesta di giorni fa che potete rileggere cliccando sul link in basso – per prevedere un autentico naufragio (così avevamo scritto) dell’esito, un 20 per cento che rappresenta il minimo di tutta la storia referendaria.
Un vero calcio alla democrazia, il vergognoso uso di uno strumento del popolo per beghe politiche, per vezzi di alcuni timonieri sulla nave dei folli.
Se la ridono, oggi, tutti quei magistrati che della giustizia se ne fottono, che dei diritti calpestati di tanti cittadini se ne strafregano, che delle stragi impunite di quarant’anni e passa ne ne strasbattono. Proprio mentre altri giudici, al contrario, hanno immolato la loro vita per la giustizia, quella vera, non quella collusa con il potere politico & mafioso.
E’ l’ennesimo schiaffo alla loro Memoria e alla Memoria di tanti che hanno sacrificato, e continuano a sacrificare, le loro vite per un’Italia diversa.
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GIUSTIZIA / IL SOLLETICO REFERENDARIO AD UNA KASTA INTOCCABILE
5 Giugno 2022 di Andrea Cinquegrani
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