Dallo sport un coraggioso “NO WAR”

È lontano, lontanissimo il tempo della grande, unificante idea dello sport espressione di uguaglianza globale, di radici profonde nella genesi di Olimpia, evento rivestito di universalità paritaria dalla filosofia di De Gubertin dal suo “importante è partecipare”, di nobile dilettantismo, di sport per il piacere di praticarlo e di appassionare chi ammira atleti leali, estranei a motivazioni venali. L’ininterrotto processo di involuzione dello sport, avvelenato da crescente esasperazione di interessi venali, ha esondato completamente dal salutare alveo del competere fisicamente, oltre che mentalmente. Gli dei del denaro lo hanno completamente snaturato e l’appropriazione indebita ha condizionato la gestione delle discipline sportive, i comportamenti di chi le pratica, di chi ne trae profitto, o comunque vantaggi. Senza questa riflessione sarebbe velleitaria e suscettibile di valutazioni approssimative la narrazione di quanto accade a dimensione internazionale nell’universo degli sport, l’ostracismo che punisce gli atletici russi con l’esclusione da competizioni prestigiose, come sanzione parallela alla confisca dei beni degli oligarghi russi e la ridotta agibilità finanziaria del Tesoro.

È successo che un grande Paese, orgogliosamente nazionalista, convinto di acquisire endorsement da un cumulo di successi sportive, è diventato fortemente competitivo, ma anche protagonista di deviazioni clamorose dalla correttezza. Per mandare sul podio nuotatori, scattisti, saltatori dell’atletica leggera e non solo loro, non ha lesinato nell’imbottirli di sostanze dopanti, sistematicamente accertate dai controlli internazionali. Ora, a pagare il prezzo più alto dei respingimenti (la constatazione certo non sorprende) sono gli atleti degli sport soggetti a ‘influenza’ diretta di interessi milionari, come il calcio, il tennis…

Desta benevola solidarietà il ‘cuore spezzato di Sergej Bubka, detentore per ben 21 anni del record mondiale di salto con l’asta, leggenda e atleta ucraino più famoso: “Sto facendo di tutto per la pace, per salvare il mio popolo… Quando questa guerra è cominciata mi pareva impossibile, è stato uno choc. Ancora oggi mi pare un brutto sogno. La nazione dove sei nato è la tua nazione: io sono nato nell’allora Unione Sovietica, ma sono ucraino… Sono cresciuto nel convincimento dello sport che affratella i popoli. Dov’è oggi questa fratellanza?”.

Ufficiale, i tennisti russi e bielorussi non potranno partecipare al prossimo torneo di Wimbledon. Tra gli altri, il numero due del mondo Medvedev e Rublev, ma anche Khachanov, Karatsev, Ivashka, la Sabalenka. L’Atp: “Decisione ingiusta, può creare un precedente pericoloso”. La Wta: “Ingiusto discriminare le tenniste”. Dove sta la ragione? Molto semplicisticamente si potrebbe dire “ma che c’entrano gli atleti con il guerrafondaio Putin?” Si deve rispondere che sono loro, se contrari alla guerra, a poter e dover esprimere determinanti condanne al Cremlino. Le proteste di ATP e Wta poco o nulla dipendono dal giudizio sull’aggressione di Putin all’Ucraina, si capisce che lamentano perdite consistenti di incassi per l’assenza di top ten nei tornei più importanti. L’ucraino Alex Dolgopolov, impegnato in prima linea per difendere il Paese dall’attacco russo: “Wimbledon fa la cosa giusta. I russi sono responsabili delle azioni del loro Paese”. Elina Svitolina: “Domanda agli atleti russi e bielorussi, per accertare se sono contrari alla guerra e ai regimi dei loro Paesi: in caso di risposta negativa, giusta l’esclusione. Il silenzio è complicità agli oppressori”. Anche il Consiglio della Federazione Internazionale di sci ha preso la decisione all’unanimità e con effetto immediato, in linea con la raccomandazione del Cio, esclude dalle competizioni internazionali atleti e funzionari russi e bielorussi. Aleksandr Lesun, campione olimpico di pentatlon a Rio 2016, non gareggerà più per Mosca. “Il Paese, il suo popolo, non la politica, sono da sempre nel mio cuore. Il 22 febbraio però ho lasciato la Federazione, non competerò più sotto lo stendardo russo. Protestare apertamente in Russia è molto rischioso e può portare a gravi conseguenze. Migliaia di persone sono state arrestate durante le manifestazioni. Una protesta no-war poteva costare 15 giorni di prigione, oggi 15 anni, rappresaglie contro la propria famiglia”. In carriera, Lesun ha vinto 14 medaglie mondiali, di cui quattro d’oro, oltre al trionfo olimpico. I tennisti Daniil Medvedev e Andrey Rublev, numeri 2 e 6 del circuito, hanno parlato di promozione della pace, all’opposto, Alexander Bolshunov, fra i sostenitori di Putin, vincitore a Pechino 2022 con tre medaglie d’oro nello sci di fondo, il 16 marzo ha preso parte al raduno del capo del Cremlino nello stadio Luzhniki di Mosca e Ivan Kuliak, ginnasta russo, nel mese di marzo, a Doha, tappa di Coppa del Mondo, si è presentato con la Z sul petto alla cerimonia di premiazione.


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